Saccarosio
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Saccarosio | |
---|---|
Nomi alternativi | |
α-D-glucopiranosil-β-D-fruttofuranoside D-(+)-saccarosio | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C12H22O11 |
Massa molecolare (u) | 342,2992 |
Aspetto | solido cristallino da incolore a bianco |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 200-334-9 |
PubChem | 5988 |
DrugBank | DB02772 |
SMILES | C(C1C(C(C(C(O1)OC2(C(C(C(O2)CO)O)O)CO)O)O)O)O |
Proprietà chimico-fisiche | |
Densità (g/cm3, in c.s.) | 1,5879[1] |
Solubilità in acqua | 211,5 g/100 mL (20 °C) |
Temperatura di fusione | 186 °C (459 K)[1] |
Temperatura di ebollizione | si decompone |
Indicazioni di sicurezza | |
Frasi H | --- |
Consigli P | ---[2] |
Il saccarosio, comunemente chiamato zucchero, è un composto organico della famiglia dei glucidi disaccaridi,[3] in quanto la sua molecola è costituita da due monosaccaridi, più precisamente glucosio e fruttosio.[4]
A temperatura ambiente e pressione atmosferica si presenta sotto forma di solido (in cristalli) o disciolto in soluzione. Lo si trova largamente in natura, nella frutta e nel miele[3] (in percentuale più bassa rispetto al fruttosio), sebbene, da sempre, esso si estragga dalle piante della barbabietola da zucchero (soprattutto in Europa) e dalla canna da zucchero (nel resto del mondo).
Il saccarosio così estratto viene utilizzato nell'ambito dell'industria alimentare, specialmente dolciaria e pasticciera: lo zucchero comunemente usato in Europa, raffinato quasi completamente, viene chiamato zucchero bianco (o zucchero da tavola o zucchero da cucina), mentre lo zucchero che contiene melassa viene chiamato zucchero bruno.
Indice
1 Storia
2 Proprietà chimiche
2.1 Reattività
2.1.1 Caramellizzazione
2.1.2 Inversione del saccarosio
3 Presenza in natura
4 Estrazione
4.1 Dalla canna da zucchero
4.2 Dalla barbabietola da zucchero
5 Tipi di zucchero
6 Mercato
7 Lo zucchero nell'alimentazione
7.1 Effetti sull'organismo
7.2 Alternative al saccarosio
8 Altri utilizzi
9 Note
10 Bibliografia
11 Voci correlate
12 Altri progetti
13 Collegamenti esterni
Storia |
Già nel 5000 a.C. si produceva un succo zuccherino attraverso la bollitura e spremitura della canna da zucchero,[5] che pare sia stata esportata dai polinesiani col nome di poba, dapprima in Cina e in India, quindi in Australia. Altre tracce storiche di tale lavorazione vi sono anche nell'America Latina del X secolo a.C. circa.
In Europa, i persiani di Dario I nel 510 a.C. trovarono un vegetale dal quale si ricavava uno "sciroppo denso e dolcissimo". Fatto asciugare su larghe foglie, esso produceva cristalli che duravano a lungo, e dalle spiccate proprietà energetiche. I Persiani ne estesero la coltivazione a tutto il Medio Oriente.
Nel 325 a.C., Alessandro Magno portò la notizia che nei territori orientali si trovava un «...miele che non aveva bisogno di api». Furono però gli arabi, presso cui era già in uso nel VI secolo d.C., che ne estesero la coltivazione.
La canna da zucchero, originaria della Papua Nuova Guinea, si diffuse presto nelle zone dell'Estremo Oriente e da lì venne importata in Sicilia e in Spagna dagli Arabi nel IX secolo. Lo scrittore arabo Ibn Ankal scriveva: «Lungo la spiaggia, nei dintorni di Palermo, cresce vigorosamente la canna di Persia e copre interamente il suolo; da essa il sugo si estrae per pressione.»
Nell'XI secolo, i Genovesi e i Veneziani presero a importare ciò che veniva chiamato "sale arabo", che le crociate resero ancora più diffuso. Federico II di Svevia provvide a far coltivare la canna da zucchero in Sicilia (ov'era già stata introdotta dagli arabi), ma lo zucchero restò per molto tempo una spezie rara e preziosa, venduta dagli speziali e dai farmacisti a carissimo prezzo come medicina in uso per sciroppi, impacchi ed enteroclismi. Solo i ricchi potevano permettersi di usarlo come dolcificante, anche se il suo più antico surrogato, il miele, non era certo prodotto in quantità tali da poter comparire sulla tavola della popolazione come un dolcificante di tutti i giorni.
Con la scoperta dell'America, gli spagnoli introdussero la coltivazione della canna da zucchero sia a Cuba sia nel Messico, i portoghesi in Brasile, inglesi e francesi nelle Antille, in quei territori cioè dell'America centrale e meridionale che ancora oggi ne sono tra i maggiori produttori. Poiché lo zucchero delle Americhe era migliore e meno costoso, le coltivazioni spagnole e italiane scomparvero, insieme con i traffici dai territori arabi. Nacque un fiorente traffico d'importazione, che rese il prodotto, per quanto di lusso, più comune. Questo diede una spinta notevole all'arte culinaria, permettendo la nascita della pasticceria europea come arte autonoma, anche grazie al connubio di zucchero con cacao, con latte e con caffè.
Nel 1575, l'agronomo francese Olivier de Serres osservò che un ortaggio comunissimo e ampiamente coltivato, prevalentemente a uso foraggio, la barbabietola (Beta vulgaris), se cotto produce uno sciroppo simile a quello della canna da zucchero, molto dolce. L'osservazione rimase tuttavia lettera morta e lo zucchero di canna rimase l'unico disponibile ancora per molto tempo. Nel giro di un secolo, tra il 1640 e il 1750, il consumo della sostanza triplicò, incentivando il fenomeno della tratta degli schiavi dall'Africa, che venivano catturati e deportati per lavorare nelle piantagioni.
Con l'ascesa di Napoleone, s'intensificarono i contrasti tra Francia e Inghilterra, che portarono a un blocco delle importazioni inglesi (decreto di Berlino, 1806). Lo zucchero di canna, che giungeva in Europa via mare, sparì in breve tempo dagli scaffali dei negozi, poiché gli inglesi reagirono al blocco sequestrando a loro volta le navi dirette a porti francesi o dei loro alleati aderenti al blocco (in un secondo tempo si "limitarono" a costringere queste navi a passare da porti inglesi e pagare una forte tassa sul carico).
Sulla spinta della necessità, gli europei si adoperarono per trovare un'alternativa. Nel 1747, il chimico tedesco Andreas Sigismund Marggraf era riuscito a dimostrare la presenza di saccarosio nelle barbabietole[5] e alcuni decenni dopo il suo allievo Franz Karl Achard selezionò alcune varietà di barbabietola a elevato contenuto zuccherino[5] e ideò un processo industriale idoneo alla sua estrazione: è a lui che si deve il primo zuccherificio industriale, sorto a Kunern (Slesia) nel 1801.[5]
Per espressa volontà di Napoleone, la produzione di zucchero da bieta fu incoraggiata in tutti i territori sotto il suo controllo e furono aperti altri stabilimenti in Francia, grazie anche ai perfezionamenti apportati dall'imprenditore francese Benjamin Delessert al procedimento di Achard.
Con il Congresso di Vienna (1814-1815) e la conseguente fine del blocco continentale, il "ritorno" dello zucchero di canna provocò un calo dei prezzi, mentre la produzione di quello dalla bieta non aveva ancora potuto raggiungere livelli quantitativi tali da farne scendere il prezzo alla portata di tutte le tasche. Il processo di coltivazione della bieta e di estrazione industriale dello zucchero subì quindi un arresto, stante la minor remuneratività dell'investimento in stabilimenti e in coltivazioni. Tuttavia il processo "sostitutivo" sul mercato europeo fu lento, ma inarrestabile e lo zucchero da bieta cominciò a far concorrenza a quello di canna dalla seconda metà dell'Ottocento; il fenomeno fu favorito anche dalla graduale abolizione dello schiavismo nei paesi dell'America ove veniva prodotto, che determinò un aumento dei costi di raccolta e lavorazione della canna e quindi anche del prodotto finito.
In Italia, negli anni '80 del novecento, l'industria zuccheriera, per contrastare la concorrenza crescente dei dolcificanti, diede luogo a una massiccia campagna pubblicitaria in cui si collegava l'utilizzo dello zucchero allo sviluppo cerebrale, ma senza alcun fondamento scientifico.[6][7]
Proprietà chimiche |
Il saccarosio è un glucide disaccaride, cioè un dimero la cui molecola è costituita da due monosaccaridi, il glucosio e il fruttosio, dai quali si può ottenere attraverso la seguente reazione di condensazione:
- α-D-glucopiranosio + β-D-fruttofuranosio → saccarosio + acqua
Il legame chimico tra i due saccaridi interessa la funzione aldeidica (C-1) del glucosio e quella chetonica (C-2) del fruttosio, in particolare i rispettivi carboni anomerici dei due monosaccaridi (estremità riducenti), rispettivamente in configurazione 1α–2'β, in modo da formare uno zucchero non riducente.[8][9]
In natura lo si trova disciolto in soluzione liquida, oppure sotto forma di cristalli solidi. Ha una solubilità in acqua di circa 2000 g/L a 20 °C.[10]
Reattività |
Caramellizzazione |
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In analogia agli altri zuccheri, se sottoposto a elevate temperature il saccarosio subisce la cosiddetta "caramellizzazione",[11] che porta alla produzione di sostanze chimiche che conferiscono un colore scuro e un aroma differente. Il prodotto risultante è il caramello, utilizzato come colorante nell'industria alimentare.
All'aumentare della temperatura, si ha dapprima la fusione dello zucchero sotto forma di liquido viscoso, quindi intorno a 160-170 °C si produce il cosiddetto "caramello chiaro"; aumentando ulteriormente la temperatura intorno a 165-177 °C si forma il "caramello scuro". Oltre 177 °C viene innescato il processo di combustione del caramello, che lo rende amaro e non più adatto all'uso alimentare.
Per temperature superiori a 250 °C, il processo di combustione dello zucchero avviene velocemente, rilasciando anidride carbonica e idrogeno sotto forma di gas e il residuo solido risultante sarà carbone di zucchero.[1]
Inversione del saccarosio |
Il saccarosio ha un potere rotatorio per la luce polarizzata di +66,5°; tuttavia l'idrolisi della molecola porta alla formazione di una soluzione 1:1 di glucosio e fruttosio che hanno rispettivamente potere rotatorio pari a +52,7° e −92°. Detta soluzione ha quindi un potere rotatorio di circa −20°. A causa di questo cambiamento di segno, la reazione prende il nome di "inversione". Le miscele di glucosio e fruttosio prendono dunque il nome di "zucchero invertito".
Presenza in natura |
Il saccarosio viene prodotto dalle piante all'interno del citosol come prodotto intermedio del loro metabolismo, a partire da uridina difosfoglucosio e fruttosio 6-fosfato.[12] Tale processo di formazione del saccarosio avviene attraverso tre reazioni catalizzate grazie all'intervento degli enzimi UDP–glucosio pirofosforilasi, sucrosio-fosfato sintasi e sucrosio fosfatasi.[12] È stato stimato che nel caso della canna da zucchero una singola pianta può produrre intorno a 2,14 kg di saccarosio all'ora.[12]
In alcune piante come la canna da zucchero e la barbabietola da zucchero, il saccarosio è presente in elevate percentuali in quanto viene utilizzato dalla pianta come riserva energetica.[13] In particolare la concentrazione di saccarosio è intorno a 7-18% in peso nella canna da zucchero[4] e intorno a 8-22% in peso nella barbabietola da zucchero.[4]
Altre piante che contengono un'elevata percentuale di saccarosio sono la palma da datteri, il mais dolce, il sorgo dolce, l'acero e la palma da cocco.[13]
Estrazione |
A livello industriale, lo zucchero viene estratto principalmente dalla barbabietola da zucchero (in Europa) e dalla canna da zucchero (nel resto del mondo).[3] La produzione di zucchero da altre fonti, quali ad esempio l'acero e la palma da dattero, riveste invece un ruolo minoritario.[4]
Da tali vegetali si estrae il cosiddetto "sugo zuccherino", di colore bruno, ma le modalità con le quali lo si estrae sono differenti nei due casi, in quanto sono differenti le parti della pianta da cui viene estratto e le impurità che è necessario allontanare.[3]
Dalla canna da zucchero |
Raggiunta la maturità della pianta Saccharum officinarum, ne vengono raccolti i soli fusti, lavati e quindi macinati meccanicamente già nello zuccherificio industriale. Quindi ne viene estratto un liquido, detto "sugo", fluido e di colore bruno-scuro, e quindi immagazzinato. Gli scarti della canna vengono chiamati bagassa e usati come concime o come combustibile organico naturale. Da qualche tempo, questi scarti vengono utilizzati anche per estrarne dell'alcol per il mercato di biocombustibile per i veicoli (specialmente in Brasile), tuttavia questi processi di estrazione sono ancora molto costosi.
Dalla barbabietola da zucchero |
Il fittone della pianta viene raccolto, lavato, selezionato e sminuzzato in piccoli pezzi bislunghi, di circa 4 cm, di colore bruno scuro, detti cossettes o "fettucce". Vengono dunque spediti allo zuccherificio e passati al processo di "diffusione", e cioè posti sotto un flusso torrentizio di acqua molto calda, che estrae la gran parte delle sostanze, compresi gli zuccheri, e generando anche qui il "sugo" di colore bruno-scuro. Il sugo poi viene purificato per mezzo di calce e di anidride carbonica, quindi viene filtrato. Il sugo che si ricava viene decolorato e concentrato. La massa cotta viene centrifugata e si ottiene lo zucchero grezzo. Lo zucchero grezzo successivamente viene raffinato e assume un colore bianco. I residui delle biete passate vengono usati, poi, come mangime per animali o fertilizzante per piante.
Tipi di zucchero |
Esistono in commercio vari tipi di zucchero:
zucchero agglomerato: quando è ancora umido gli viene dato la forma a zolletta ed essiccato;
zuccheri macinati e setacciati: in uscita alla raffinazione lo zucchero viene macinato e setacciato, la parte più grossolana è lo zucchero semolato mentre quella più fine viene ulteriormente macinata e diviene zucchero a velo;
zuccheri speciali: fanno parte di questa categoria gli sciroppi (soluzioni acquose al 70%), lo zucchero candito (zucchero in cristalli di 1–2 cm) e lo zucchero istantaneo (zucchero molto solubile ottenuto portando a secchezza uno sciroppo di elevata purezza).
In relazione al tipo di materia prima utilizzata per la sua produzione, si hanno i seguenti tipi di zucchero:
- zucchero di canna
- zucchero di barbabietola
- zucchero d'uva
- zucchero d'acero
- zucchero di palma
- zucchero di cocco
Inoltre esistono diverse tipologie di zucchero non raffinato, quali ad esempio il jaggery e lo zucchero muscovado.
Zucchero raffinato in zollette.
Pan di zucchero.
Zucchero a velo.
Zucchero di canna.
Zucchero d'acero.
Jaggery.
Mercato |
Secondo i dati al 2005 del Ministero dell'Agricoltura statunitense,[14] i principali produttori sono:
- per lo zucchero di barbabietola l'Europa a 25 (21,6 milioni di tonnellate), gli Stati Uniti d'America (4,0), la Russia (2,5) e l'Ucraina (1,85);
- per lo zucchero di canna il Brasile (27,1 milioni di tonnellate), l'India (20,3), la Cina (8,7), il Messico (5,6), l'Australia (5,3), la Thailandia (4,8).
Significativo l'exploit del Brasile, che è passato da un tasso medio annuo di aumento della produzione del 2,23% (1960-1990) all'8,1% (1990-2006); l'Europa produce solo 288 migliaia di tonnellate di zucchero di canna, gli Stati Uniti 2,8 milioni di tonnellate.
Il commercio internazionale è piuttosto sviluppato: il totale di importazioni ed esportazioni è leggermente inferiore al 65% della produzione. I principali esportatori sono il Brasile (17 milioni di tonnellate), l'Europa (7,2), l'Australia (4,3) e la Thailandia (2,9). Gli Stati Uniti, che importano 2,8 milioni di tonnellate, esportano solo 159 000 tonnellate.
Nel 2002 si è aperta una vertenza internazionale sullo zucchero. L'Australia, il Brasile e la Thailandia hanno contestato presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio il sostegno accordato dall'Europa ai produttori nazionali, che consente loro di vendere a prezzi inferiori ai costi di produzione. L'OMC ha riconosciuto la fondatezza delle accuse,[15] ma le trattative per addivenire a una soluzione sono ancora in corso.
Lo zucchero nell'alimentazione |
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Il saccarosio è usato principalmente nell'alimentazione, aggiunto a cibi e bevande in percentuali più o meno considerevoli; è immediatamente assimilabile e apporta circa 17 kJ (4 chilocalorie) per grammo.
In Italia, il consumo annuo pro capite di zucchero è di circa 24 kg[16], più basso della media europea che è di circa 32 kg.
Effetti sull'organismo |
Un consumo eccessivo di zucchero è considerato dall'Organizzazione mondiale della sanità tra le probabili[17] cause di varie patologie, tra cui le principali sono l'iperglicemia, l'obesità, danni cardiovascolari in genere, diabete e carie dentaria.[18]
La stessa organizzazione consiglia pertanto di non aggiungere lo zucchero ai cibi che già contengono altre tipologie di zuccheri e carboidrati: pane, frutta, pasta e latte già ne contengono in quantità sufficiente per il fabbisogno umano. Un eccesso nell'organismo di zuccheri non immediatamente utilizzati come fonte di energia, ne provoca la conversione in glicogeno il quale viene depositato nelle cellule dei muscoli scheletrici e del fegato per poter essere ritrasformato, quando necessario, in glucosio.
In alcuni soggetti può essere presente un'intolleranza alimentare al saccarosio, causata principalmente dalla carenza dell'enzima invertasi (o saccarasi), che facilita la scissione del saccarosio in glucosio e fruttosio. Per diagnosticarla occorrono esami specifici. Tuttavia, l'intolleranza alimentare ai glucidi più comune è quella al lattosio, mentre le altre intolleranze sono genericamente legate al normale invecchiamento dell'età.
Diversi studi hanno confermato che lo zucchero non provoca disturbi o alterazioni nel comportamento dei bambini come ad esempio l'iperattività.[19]
Alternative al saccarosio |
Vi sono diverse alternative al saccarosio come dolcificante, sia naturali sia di sintesi; la principale è senz'altro il miele, utilizzato almeno dalla preistoria, oltre a sciroppi ricavati da alberi come l'acero o da cereali e frutta, contenenti principalmente fruttosio. Un dolcificante naturale è anche la stevia. Esistono poi molti dolcificanti di sintesi come l’Eritritolo, lo xilitolo, il sorbitolo, il sucralosio, l'acesulfame e l'aspartame.
Altri utilizzi |
Oltre all'utilizzo alimentare (che assorbe la maggior parte del mercato del saccarosio), viene utilizzato sotto forma di melassa nell'ambito della biotecnologia, come substrato per la sintesi di etanolo, acido citrico, amidi, amminoacidi, enzimi e antibiotici.[13]
In Brasile il sugo dello zucchero di canna viene utilizzato inoltre per la produzione di bioetanolo che viene a sua volta utilizzato come combustibile (puro o in miscela con benzina).[13]
Note |
^ abc Schiweck, cap. 3.
^ Sigma Aldrich; rev. del 26.04.2012
^ abcd Enciclopedia Treccani, "Zucchero".
^ abcd (EN) Enciclopaedia Britannica, "sugar"
^ abcd Schiweck, cap. 2.
^ Il cervello ha bisogno di zucchero (?) - Wellness & Performance
^ Eurosalus - Lo zucchero non fa bene al cervello. Legami tra deficit della memoria ed eccesso di zucchero Archiviato il 29 novembre 2010 in Internet Archive.
^ www.glossariomedico.it Archiviato il 23 febbraio 2013 in Internet Archive.
^ www.my-personaltrainer.it "Questa volta si tratta di uno zucchero non riducente, in quanto il legame - di tipo 1-2 α, Β diglicosidico - interessa entrambi gli OH anomerici"
^ (EN) Mathlouthi, Reise (a cura di), Sucrose, Properties and Applications, Springer, 1994, p. 107, ISBN 978-0-7514-0223-0.
^ Vocabolario Treccani, "Caramellizzazione"
^ abc Schiweck, cap. 4.
^ abcd Schiweck, cap. 1.
^ Ministero dell'Agricoltura statunitense Archiviato il 5 dicembre 2006 in Internet Archive.
^ European Communities — Export Subsidies on Sugar
^ Federalimentare.It Archiviato il 19 gennaio 2012 in Internet Archive.
^ WHO | Populations with high sugar consumption are at increased risk of chronic disease, South African researchers report Archiviato il 14 novembre 2012 in Internet Archive.
^ USA l'industria dello zucchero pagò gli scienziati per mentire. Gli studi sui
problemi cardiaci e il ruolo dell'alimentazione vennero pilotati dalla Sugar research foundation. Repubblica. Salute. 13 settembre 2016.
^ LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE ITALIANA (PDF), su salute.gov.it.
Bibliografia |
- (EN) John Yudkin, Pure, White and Deadly, London, Penguin Books, 1988. ISBN 0-14-008353-7
- (EN) John Yudkin, The Penguin encyclopaedia of nutrition, London, Harmondsworth: Penguin, 1986, pp. 337-341, ISBN 0140085637.
- K.P.C. Vollhardt, N.E. Schore, Chimica Organica, Zanichelli. ISBN 88-08-07521-4
- (EN) Hubert Schiweck e Margaret Clarke, Sugar. Ullmann's Encyclopedia of Industrial Chemistry., Wiley-VCH Verlag GmbH & Co. KGaA., 2002 [15 giugno 2000], DOI:10.1002/14356007.a25_345.
Voci correlate |
- Collezionismo di bustine di zucchero
- Disaccaridi
- Edulcorante
- Glicosilazione
- Glucidi
- Mutarotazione
- Produzione dello zucchero
- Zucchero a velo
- Zucchero muscovado
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Collegamenti esterni |
Saccarosio, su Treccani.it, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Saccarosio, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
(EN) Saccarosio, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Sito di Sugaronline - portale B2B sullo zucchero, su sugaronline.com.
- IFA-GESTIS Scheda di sicurezza del saccarosio, su gestis-en.itrust.de.
- Saccarosio, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 15 marzo 2011.
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