Fotosintesi clorofilliana




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Nota disambigua.svgDisambiguazione – "Fotosintesi" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Fotosintesi (disambigua).




Foglia, parte della pianta in cui avviene la fotosintesi.


La fotosintesi clorofilliana è un processo chimico per mezzo del quale le piante verdi e altri organismi producono sostanze organiche – principalmente carboidrati – a partire dal primo reagente, l'anidride carbonica atmosferica e l'acqua metabolica, in presenza di luce solare[1]. La serie di reazioni chimiche che costituiscono la fotosintesi rientra tra i processi di anabolismo dei carboidrati ed è del tutto opposta ai processi inversi di catabolismo.


Durante la fotosintesi, con la mediazione della clorofilla, la luce solare permette di convertire sei molecole di CO2 e sei molecole d'H2O in una molecola di glucosio (C6H12O6), zucchero fondamentale per la vita della pianta. Come sottoprodotto della reazione si producono sei molecole di ossigeno, che la pianta libera nell'atmosfera attraverso gli stomi che si trovano nella foglia.


La fotosintesi clorofilliana è il processo di produzione primario di composti organici da sostanze inorganiche nettamente dominante sulla Terra. Inoltre la fotosintesi è l'unico processo biologicamente importante in grado di raccogliere l'energia solare, da cui, fondamentalmente, dipende la vita sulla Terra[2].


La quantità di energia solare catturata dalla fotosintesi è immensa, dell'ordine dei 100 terawatt[3], che è circa sei volte quanto consuma attualmente la civiltà umana[4]. Oltre che dell'energia, la fotosintesi è anche la fonte di carbonio dei composti organici degli organismi viventi. La fotosintesi trasforma circa 115 × 109  tonnellate di carbonio atmosferico in biomassa ogni anno[5][6].




Indice






  • 1 Cenni di evoluzione


  • 2 Fasi della fotosintesi


  • 3 Tipi


  • 4 Altre forme di fotosintesi


  • 5 Note


  • 6 Voci correlate


  • 7 Altri progetti


  • 8 Collegamenti esterni





Cenni di evoluzione |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Evoluzione della vita § I primi organismi.

Non è chiaro quando siano apparsi sulla terra i primi organismi capaci di attuare la fotosintesi, ma la presenza di formazioni striate in alcune rocce dovute alla presenza di ruggine fanno supporre che cicli stagionali di ossigeno nell'atmosfera terrestre, sintomo di fotosintesi, siano apparsi approssimativamente 3 miliardi e mezzo di anni fa nell'Archeano.[7]



Fasi della fotosintesi |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Fase luce dipendente.

La fotosintesi clorofilliana, detta anche fotosintesi ossigenica a causa della produzione di ossigeno in forma molecolare, avviene per tappe riunibili in due fasi:



  1. La fase luce-dipendente (o fase luminosa), dipendente dalla luce;

  2. La fase di fissazione del carbonio di cui fa parte il ciclo di Calvin.


La seconda fase viene anche definita fase al buio; il termine, tuttavia, potrebbe essere fuorviante, in quanto non si riferisce all'assenza della luce dato che alcuni enzimi coinvolti in questa fase sono direttamente attivati proprio dalla luce, tanto che avviene contemporaneamente alla fase luminosa e non di notte. Infatti in assenza di luce si ha scarsità di ATP e NADPH, che si formano durante la fase luminosa e gli stomi si chiudono, dunque non vi è accesso di CO2; inoltre si verifica anche l'inattività di alcuni enzimi che sono luce-dipendenti (RuBisCO, 3-PGA deidrogenasi, fosfatasi e ribulosio 1,5 bis-fosfato chinasi).




Le reazioni della fase luce dipendente della fotosintesi clorofilliana.


Il processo fotosintetico si svolge all'interno dei cloroplasti. All'interno di questi si trova un sistema di membrane che formano pile di sacchetti appiattiti (tilacoidi), dette grana (dal latino, al singolare 'granum'), e delle lamelle di collegamento dei grana (lamelle intergraniche). All'interno di queste membrane troviamo delle molecole di clorofilla, aggregate a formare i cosiddetti fotosistemi. Si possono distinguere il fotosistema I e il fotosistema II. I fotosistemi sono un insieme di molecole di pigmenti disposti in modo da circondare una molecola di clorofilla speciale detta "a trappola". L'energia del fotone viene quindi passata di molecola in molecola fino al raggiungimento della clorofilla speciale. Nel fotosistema I la molecola trappola viene eccitata da una lunghezza d'onda di 700 nm, nel fotosistema II da 680 nm.


Il fotosistema I è formato da un LHC (complesso che cattura la luce – in inglese Light Harvesting Complex) costituito da circa 70 molecole di clorofilla a e b e da 13 diversi tipi di catene polipeptidiche, e da un centro di reazione che comprende circa 130 molecole di clorofilla a detta P700, un particolare tipo di clorofilla che ha il massimo assorbimento della luce a 700 nm.


Il fotosistema II è anch'esso composto da un LHC, formato da circa 200 molecole di clorofilla a e b, nonché da diverse catene polipeptidiche, e da un centro di reazione formato da circa 50 molecole di clorofilla a detta P680, che ha il massimo assorbimento della luce solare a 680 nm.


Tutte queste molecole sono in grado di catturare l'energia luminosa, ma solo quelle di clorofilla a sono in grado di passare ad uno stato eccitato che attiva la reazione fotosintetica. Le molecole che hanno solo funzione di captazione sono dette molecole antenna; quelle che attivano il processo fotosintetico sono definite centri di reazione. La "fase luminosa" è dominata dalla clorofilla a, le cui molecole assorbono selettivamente luce nelle porzioni rossa e blu-violetta dello spettro visibile, attraverso una serie di altri pigmenti coadiuvanti. L'energia catturata dalle molecole di clorofilla consente la promozione di elettroni da orbitali atomici a energia minore ad orbitali ad energia maggiore. Questi vengono subito sostituiti mediante scissione di molecole d'acqua (che, da H2O, si scinde in due protoni, due elettroni ed un ossigeno grazie alla fotolisi, operata dal OEC complesso evolvente ossigeno associato al fotosistema II).


Gli elettroni liberati dalla clorofilla del fotosistema II vengono immessi in una catena di trasporto costituita dal citocromo B6f, durante la quale perdono energia, passando ad un livello energetico inferiore. L'energia persa viene utilizzata per pompare protoni dallo stroma all'interno dello spazio del tilacoide, creando un gradiente protonico. Infine gli elettroni giungono al fotosistema I, che a sua volta, per effetto della luce, ha perso altri elettroni. Gli elettroni persi dal fotosistema I vengono trasferiti alle ferredossina, che riduce NADP+ in NADPH. Tramite la proteina di membrana ATP-sintetasi situata sulla membrana del tilacoide (strati membranosi interni al cloroplasto o, nel caso dei batteri autotrofi, distribuiti nel citoplasma), gli ioni H+ liberatisi dall'idrolisi dell'acqua passano dallo spazio del tilacoide allo stroma, cioè verso gradiente, sintetizzando ATP a partire da gruppi liberi di fosfato e ADP. Si può formare una molecola di ATP ogni due elettroni persi dai fotosistemi.


.mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}Studi vari hanno dimostrato che la pianta cresce di più con luce diffusa che con luce diretta, a parità di potenza luminosa entrante.[senza fonte] Uno studio mette in rilievo, però, la rilevanza di altre condizioni che modificano la crescita della pianta che variano con la luce, come umidità e temperatura; una luce diretta porta, infatti, a un aumento di temperatura che fa evaporare più acqua nella pianta.[8]






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Lo stesso argomento in dettaglio: fase di fissazione del carbonio e ciclo di Calvin.

La fase di fissazione del carbonio o ciclo di Calvin (chiamata anche fase al buio o fase luce indipendente) comporta l'organicazione della CO2, ossia la sua incorporazione in composti organici e la riduzione del composto ottenuto grazie all'ATP ricavato dalla fase luminosa.


In questo ciclo è presente un composto organico fisso, il ribulosio-bifosfato, o RuBP, che viene trasformato durante la reazione fino a tornare al suo stato iniziale. Le 12 molecole di ribulosio bifosfato presenti nel ciclo di Calvin reagiscono con l'acqua e l'anidride carbonica subendo una serie di trasformazioni ad opera dell'enzima ribulosio-bifosfato carbossilasi o rubisco. Alla fine del processo, oltre alle 12 RuBP nuovamente sintetizzate, si originano 2 molecole di gliceraldeide 3-fosfato, che vengono espulse dal ciclo come prodotto netto della fissazione. Per essere attivato, il ciclo di Calvin necessita di energia chimica e supporto mediante l'idrolisi di 18 ATP in ADP e dell'ossidazione di 12 NADPH in NADP+ e ioni liberi di idrogeno H+ (che sono protoni). L'ATP e la NADPH consumate durante il ciclo di Calvin vengono prelevate da quelle prodotte durante la fase luminosa e una volta ossidate, tornano a far parte del pool disponibile per la riduzione. Complessivamente, nel ciclo di Calvin vengono consumate 6 molecole di CO2, 6 di acqua, 18 di ATP e 12 di NADPH per formare 2 gliceraldeide 3-fosfato (abbreviato in G3P), 18 gruppi liberi di fosfato, 18 ADP, 12 protoni, 12 NADP+.


Le due molecole di gliceraldeide 3-fosfato formatesi durante il ciclo di Calvin vengono utilizzate per sintetizzare glucosio, in un processo perfettamente inverso alla glicolisi, o per formare lipidi quali acidi grassi oppure amminoacidi (aggiungendo un gruppo amminico nella struttura). I prodotti finali della fotosintesi, quindi, svolgono un ruolo di fondamentale importanza nei processi dell'anabolismo degli organismi autotrofi.


Oltre ad un ciclo fotosintetico di sintesi (solo di giorno e nel periodo vegetativo) del glucosio e dei derivati polisaccaridi, le piante hanno anche un ciclo opposto ossidativo (respirazione cellulare) (di giorno e di notte tutto l'anno) dei prodotti fotosintetici utilizzati appunto come nutrimento dalle piante stesse. Il bilancio complessivo dei flussi di ossigeno e CO2 da e verso l'ambiente esterno è comunque a favore della fotosintesi ovvero la pianta si comporta come un 'pozzo' (assorbitore) di accumulazione di carbonio piuttosto che come una 'sorgente' (emettitore) verso l'ambiente esterno di carbonio e viceversa una 'sorgente' di ossigeno piuttosto che un 'pozzo' di ossigeno. Questo perché parte del carbonio assorbito e non utilizzato dal ciclo ossidativo della pianta rimane fissato sotto forma di cellulosa e lignina nelle pareti cellulari delle cellule 'morte' che costituiscono il legno interno della pianta.
La fase di ossidazione delle piante è ciò che rende la pianta un essere vivente al pari degli altri. Lo stesso ciclo ossidativo fa sì che la temperatura interna della pianta, a sua volta termoregolata da processi fisiologici, sia in generale diversa da quella dell'ambiente esterno.



Tipi |


Le piante sono suddivise, in base alla forma di fotosintesi clorofilliana da esse compiuta, in tre gruppi principali, che hanno diverse caratteristiche: le piante C3, C4 e CAM.



Altre forme di fotosintesi |


Esistono, soprattutto fra gli organismi procarioti autotrofi, varie forme di fotosintesi, oltre alla fotosintesi clorofilliana ossigenica descritta qui. In alcune specie di batteri autotrofi, l'idrogeno proviene non dall'acqua ma dall'acido solfidrico, che nella fotosintesi viene ossidato a zolfo elementare (S8)


6CO2 + 12H2S → C6H12O6 + 12S + 6H2O

Si noti che questi batteri sono anaerobi obbligati. Le forme di monosiesi che vengono effettuate con lo zolfo (o in alcuni casi anche con l'azoto) vengono dette fotosintesi anossigeniche.



Note |




  1. ^ Smith, A. L., Oxford dictionary of biochemistry and molecular biology, Oxford University Press, 1997, p. 508, ISBN 0-19-854768-4.


  2. ^ D.A. Bryant & N.-U. Frigaard, Prokaryotic photosynthesis and phototrophy illuminated, in Trends Microbiol, vol. 14, nº 11, 2006, p. 488, DOI:10.1016/j.tim.2006.09.001, PMID 16997562.


  3. ^ Nealson KH, Conrad PG, Life: past, present and future, in Philos. Trans. R. Soc. Lond., B, Biol. Sci., vol. 354, nº 1392, 1999, pp. 1923–39, DOI:10.1098/rstb.1999.0532, PMC 1692713, PMID 10670014.


  4. ^ (EN) World Consumption of Primary Energy by Energy Type and Selected Country Groups, 1980–2004 (XLS), Energy Information Administration, 31 luglio 2006. URL consultato il 20 gennaio 2007 (archiviato dall'url originale il 6 febbraio 2007).


  5. ^ Field CB, Behrenfeld MJ, Randerson JT, Falkowski P, Primary production of the biosphere: integrating terrestrial and oceanic components, in Science (journal), vol. 281, nº 5374, 1998, pp. 237–40, DOI:10.1126/science.281.5374.237, PMID 9657713.


  6. ^ “Photosynthesis,” McGraw-Hill Encyclopedia of Science and Technology, Vol. 13, p. 469, 2007


  7. ^ Piero e Alberto Angela, la straordinaria storia della vita, Mondadori, 1999, pag. 66


  8. ^ Relation of light to growth of plants (PDF), su ncbi.nlm.nih.gov.



Voci correlate |



  • Ciclo del carbonio

  • Cloroplasto

  • Fase luce dipendente

  • Ciclo di Calvin

  • Fotobiologia

  • Fisiologia vegetale

  • Chemiosintesi

  • Quantasoma

  • Piante C3

  • Piante C4

  • Crassulacean acid metabolism



Altri progetti |



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Collegamenti esterni |


  • (EN) IUPAC Gold Book, "photosynthesis", su goldbook.iupac.org.


  • Fotosintesi clorofilliana, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata

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