Santa Maria di Sala
Santa Maria di Sala comune | ||
---|---|---|
Villa Farsetti, nel capoluogo. | ||
Localizzazione | ||
Stato | Italia | |
Regione | Veneto | |
Città metropolitana | Venezia | |
Amministrazione | ||
Sindaco | Nicola Fragomeni (lista civica di centrodestra) dal 7-5-2012 | |
Territorio | ||
Coordinate | 45°30′32.04″N 12°02′10.68″E / 45.5089°N 12.0363°E45.5089; 12.0363 (Santa Maria di Sala) | |
Altitudine | 13 m s.l.m. | |
Superficie | 28,05 km² | |
Abitanti | 17 617[1](31-8-2018) | |
Densità | 628,06 ab./km² | |
Frazioni | Caltana, Caselle de' Ruffi, Sant'Angelo, Stigliano, Veternigo | |
Comuni confinanti | Borgoricco (PD), Massanzago (PD), Mirano, Noale, Pianiga, Villanova di Camposampiero (PD) | |
Altre informazioni | ||
Cod. postale | 30036 | |
Prefisso | 041 | |
Fuso orario | UTC+1 | |
Codice ISTAT | 027035 | |
Cod. catastale | I242 | |
Targa | VE | |
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa) | |
Cl. climatica | zona E, 2 467 GG[2] | |
Nome abitanti | salesi | |
Cartografia | ||
Santa Maria di Sala | ||
Posizione del comune di Santa Maria di Sala nella città metropolitana di Venezia | ||
Sito istituzionale | ||
Santa Maria di Sala (Santa Marìa de Sała, o più semplicemente Sała, in veneto) è un comune italiano di 17 617 abitanti[1] della città metropolitana di Venezia in Veneto.
Il territorio del comune è inserito nel graticolato romano e fa parte del comprensorio del Miranese.
Indice
1 Geografia fisica
2 Origini del nome
3 Storia
3.1 Età veneta e romana
3.2 Medioevo ed età moderna
3.3 La nascita dell'Entità comunale
3.4 Il XX secolo
3.4.1 Prima Guerra mondiale
3.4.2 Seconda Guerra Mondiale
3.4.3 Anni Cinquanta
3.4.4 Prima zona industriale
3.4.5 Il movimento dei lavoratori
3.4.6 Gli esercizi commerciali
4 Monumenti e luoghi d'interesse
4.1 Chiesa parrocchiale
4.2 Villa Farsetti
4.3 Castello di Stigliano
5 Società
5.1 Evoluzione demografica
6 Geografia antropica
6.1 Suddivisione ecclesiastica
6.2 Frazioni
6.3 Località
7 Amministrazione
7.1 Gemellaggi
8 Sport
9 Note
10 Bibliografia
11 Voci correlate
12 Altri progetti
13 Collegamenti esterni
Geografia fisica |
Il capoluogo comunale sorge lungo l'antica Via Miranese, storica arteria di collegamento tra Mestre e Padova (denominata localmente "via Cavin di Sala").
Nel centro storico di S. Maria di Sala, presso la cosiddetta "curva Beccante", la provinciale Miranese (SP 32) confluisce, senza soluzione di continuità, nell'ex Strada statale 515 Noalese.
Origini del nome |
Il termine Sala in epoca longobarda (VII sec.) indicava la parte della proprietà terriera condotta in economia diretta dal signore dove sorgeva anche la sua residenza. È citato per la prima volta nella storia in un documento del 994 e poi in un atto dì donazione, databile tra il 1024 e il 1034, con cui l'imperatore Corrado di Sassonia Io concede in feudo al conte Corrado di Colbertaldo, sceso in Italia al suo seguito dalla Germania.
Il conte edificò un munito castello in località detta, per l'appunto, "Sala". Verso la metà del XIV secolo, il maniero venne demolito da Paganino Sala, il cui casato aveva preso il nome dalla località, sostituendolo con un palazzo in stile gotico.
Successivamente il possesso del territorio passò ai Cantorini dal XV al XVI secolo, quindi ai Fonseca e ai Cortizzon nel XVII secolo, infine ai Farsetti nel XVIII secolo.[3]
Storia |
Età veneta e romana |
Il primo insediamento a Santa Maria di Sala potrebbe essere di origine paleoveneta (circa 1000 anni a.C.), in base a ritrovamenti archeologici in zona.
Tracce più evidenti, invece, hanno lasciato gli antichi Romani, rientrando il territorio salese nella centuriazione romana sita a nord–est di Padova, ancora oggi ben conservata nella sua struttura fondamentale.
Medioevo ed età moderna |
Il territorio di Sala viene citato nel 1220 nella vendita fatta dagli avogari Tempesta al teutonico Aldovrandino (assieme a Sant'Angelo, Stigliano, Veternigo, Briana...).
Gli avvenimenti accaduti al territorio di Santa Maria di Sala dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente furono influenzati in modo particolare da quelli delle città di Padova, Venezia e Treviso fino all'annessione alla Serenissima, nel XV secolo
Gli eventi successivi alla caduta della Serenissima sono quelli analoghi a tutto il territorio circostante, compresa l'invasione napoleonica, la sottomissione al Regno Lombardo-Veneto e quindi, nel 1866, l'unione al già sorto Regno d'Italia.
La nascita dell'Entità comunale |
Come organismo amministrativo autonomo (Villa) retto da un personaggio locale (Degano o Meriga) proposto dalla collettività, sotto il dominio veneto Sala comprendeva la parrocchia Natività della Beata Vergine Maria scorporando la frazione (Comune o Colmello) di Piovegalda integrata dal punto di vista ecclesiastico ma giuridicamente indipendente.
Elevato a Comune di terza classe (ovvero con popolazione fino a tremila abitanti) nel 1806 dopo una provvisoria dipendenza miranese, in seguito al Decreto Vicereale 14 luglio 1807 n. 118 sulla concentrazione dei Municipi distanti dal loro maximum, quello di Santa Maria venne legato ai vicini territori di San Michele Arcangelo, San Sebastiano e Stigliano - la cui chiesa dipendeva da Zeminiana - formando il Comune di Sant'Angelo di Sala ed Uniti. Il centro principale migrò da Sant'Angelo stesso al sito attuale nel 1808 mutando titolazione in Comune di Santa Maria di Sala ed Uniti e mantenendo alcuni uffici nella trascorsa sede.
Ancora lontana da detto limite, la sistemazione così realizzata si protrasse fino al 28 settembre 1810 quando un secondo decreto sulle aggregazioni locali creò il moderno comparto a sei frazioni (Caltana, Caselle, Sala, Sant'Angelo, Stigliano e Veternigo con capoluogo Caselle) unendo l'entità amministrativa di Santa Maria al vicino Comune di Caltana con Caselle de' Ruffi.
Con Sovrana Risoluzione 8 febbraio 1818 entrata in vigore il 1º gennaio 1819, il periodo austriaco impose un definitivo quinto assetto trasferendo il capoluogo da Caselle de' Ruffi a Santa Maria di Sala, più centrale e facilmente raggiungibile, modificando ancora la denominazione comunale.
Nel 1833 il governo lombardo-veneto accordò la residenza municipale nello stabile tuttora esistente affacciato in via Cavin di Sala attiguo al lato orientale del complesso ospitante la Cassa di Risparmio. La traslazione verso il sito attuale avverrà dopo il 1866 nel caseggiato a comodo dei viaggiatori attrezzato come locanda e osterìa, mentre sull'antistante piazzale (oggi XXV aprile) si svolgeva il pubblico mercato settimanale.
Per quanto riguarda i livelli amministrativi superiori, durante il tempo veneziano la Villa (Comune) di Sala Santa Maria apparteneva alla Vicaria (Mandamento) di Mirano all'interno del Territorio (Provincia) di Padova. In età napoleonica, dopo la costituzione nel 1806 del Dipartimento del Brenta (Provincia di Padova) e la conferma delle precedenti realtà locali, fu stabilita una nuova organizzazione provvisoria con Decreto Prefettizio 25 marzo 1807 riveduta e sancita dal posteriore Decreto Reale 22 dicembre 1807. Il Municipio di Santa Maria di Sala, confluito poi in Sant'Angelo, si trovò associato al Cantone di Mirano, Distretto di Camposampiero e Dipartimento del Brenta sempre con capoluogo Padova. Il periodo austriaco determinò l'abolizione istituzionale del Cantone (riportando Mirano al grado di distretto) e la riforma dei Dipartimenti in Province (notificazione 30 novembre 1815 n. 122): Santa Maria passò alla citata circoscrizione miranese della nuova Provincia di Padova. La sistemazione attuale giunse il 1º gennaio 1853 quando il Comune di Santa Maria di Sala insieme all'intero proprio Distretto venne staccato dall'orbita padovana per essere definitivamente annesso alla Provincia di Venezia.
Il XX secolo |
All'inizio del Novecento l'attività economica principale era l'agricoltura
e l'allevamento. Numerosi braccianti lavoravano a basso prezzo nelle terre del
proprietario che si occupava di modernizzare gli impianti e acquistare i
terreni. Esistevano anche i coltivatori diretti che, però, dovevano affrontare
la concorrenza dei grandi proprietari, quindi pochi di loro riuscivano a
resistere.
Il rispetto della natura era un principio su cui si basava tutta
l'economia; la popolazione era infatti cosciente che senza di essa non ci
sarebbe stata la vita. L'abitazione tipica è la casa rurale nella quale si
insediava la famiglia patriarcale (che poteva arrivare a comprendere fino a
40-50 persone) a capo della quale c'era il membro più anziano e le risorse
familiari erano distribuite secondo un criterio gerarchico e ciò era funzionale
alla produttività e l'ordine. La donna si occupava esclusivamente delle
faccende domestiche e dei figli.
La Chiesa costituiva una parte fondamentale delle comunità contadine, il
sacerdote, di fatto, era la guida e il moderatore della collettività.
All'inizio del XX secolo ci furono dei movimenti anticlericali a cui, però,
Santa Maria di Sala, diversamente dalla Riviera del Brenta dove il socialismo
era ben radicato, rimase estranea.
Come Sala abbia avvertito le tensioni fin dai primi anni del secolo, lo
apprendiamo, infatti, proprio da quanto lasciato scritto dall'allora parroco
Don Demetrio Gallo (1903-1933).[4]
Il processo di alfabetizzazione, nel comune, fu alquanto lento e difficile,
poiché l'istruzione non era considerata una priorità dalla società contadina.
Un cambiamento si ebbe a partire dagli anni Trenta quando, con l'avvento del
fascismo, lo Stato si incaricò in prima persona della formazione dei giovani.
La popolazione restò fortemente legata alle tradizioni e si continuarono ad
organizzare manifestazioni, come le sagre, antecedenti a quelle che erano le
tradizioni del regime. Nelle varie feste paesane suonava la banda cittadina.[5]
Prima Guerra mondiale |
La Prima Guerra Mondiale coinvolse particolarmente questa zona che,
soprattutto dopo la Disfatta di Caporetto (1917) divenne terra di rifugio per
gli sfollati; nonostante i gravi problemi derivanti dalla situazione si
affrontò la tragedia con straordinario spirito solidale. Nel 1917-1918 Villa
Farsetti venne adibita ad Ospedale Militare e ancora oggi sono visibili le
tracce di tale adattamento.
Seconda Guerra Mondiale |
La Seconda Guerra Mondiale fu caratterizzata da un lungo periodo di
Resistenza (1943-1944); già a partire dal 10 giugno 1940, in occasione del
discorso del Duce a Palazzo Venezia, il parroco, Don Giovanni Cervaro aveva
espresso i suoi timori raccogliendosi in preghiera, mentre la gente si recava a
Sala per ascoltare il discorso radiotrasmesso.
Caltana diverrà un centro della Resistenza. Don Antonio Pegoraro
organizzò i primi gruppi clandestini; il 26 maggio 1944 venne attuata la prima
operazione; il disarmo della caserma GNR di Dolo; per l'occasione vennero
convocati Gasparini, Monico, Bianchini e i garibaldini della “Bis”. Le armi vennero recuperate, senza spargimenti di sangue, e nascoste in una
cella mortuaria del Cimitero. Tra don Pegoraro e Bruno Ballan, però, si crearono dei
contrasti dovuti alla divisione delle armi e con questo si chiusero le
collaborazioni tra la brigata “Guido Negri” e la “Sabatucci”.
Il 9 giugno 1944 i garibaldini entrarono nel Municipio di Santa Maria di
Sala e asportarono le carte d'identità, le tessere annonarie ed incendiarono il
resto. Questo fu una reazione alle minacce del podestà che voleva arruolare i
giovani secondo i “Bandi Graziani” e in caso contrario sarebbero stati
denunciati ai tedeschi. Il 10 luglio 1944 la Brigata Nera “Begon” incendiò la
casa di Bruno Ballan come reazione all'evasione di quest'ultimo, grazie ai
partigiani stessi, dalle carceri di Camposanpiero.
Uno degli episodi più dolorosi della Seconda Guerra mondiale in cui fu
coinvolta la comunità salese rimane la tragedia di Treponti: alle ore 18 del 26
ottobre del 1944 vi fu lo scoppio di un camion di munizioni, vi furono 29 morti
e il piccolo borgo fu interamente distrutto
Nell'inverno 1944-45 i partigiani dovettero affrontare le dure reazioni
delle brigate nere: molti vennero catturati e uccisi, ma questi movimenti non
si arresero alle forze naziste, infatti il 26 aprile 1945 vennero attaccate due
compagnie di tedeschi in ritirata.
Ruolo fondamentale per il comune di Santa Maria di Sala e dintorni ebbe la
brigata “Sparviero”, di ispirazione comunista, il cui esponente principale era
Eugenio Ballan. Egli finì più volte nel mirino poiché era conosciuto come
comunista e subì numerosi controlli e perquisizioni; talvolta venne torturato e
nel 1957 venne incarcerato per 5 mesi per aver ucciso il cursore comunale di
Santa Maria di Sala. Stimato per la sua dirittura morale fu consigliere
comunale a Mirano prima per il PCI e poi per Rifondazione Comunista dal 1956 al
1998.[6]
Anni Cinquanta |
Il dopoguerra segnò per santa Maria di
Sala l'inizio di un periodo di rinascita. L'antica famiglia rurale subì
mutamenti profondi (i componenti più giovani lasciano la campagna attratti
verso l'industria), vennero ristrutturati ed ampliati numerosi edifici
scolastici, vennero costruite nuove scuole elementari (Veternigo e Caltana),
mentre a Santa Maria di Sala vennero realizzate le scuole professionali;
vennero, inoltre, ampliata e migliorata la viabilità e fu iniziata la manutenzione
di ponti e di fontane pubbliche.
Prima zona industriale |
A partire dagli anni Sessanta nacquero i
primi insediamenti industriali, come la fabbrica di mosaici (Pelv),
inizialmente insediata in alcuni locali messi a disposizione dalla parrocchia
di Caltana; la fabbrica di legno (futura Ivags) e quella d'abbigliamento,
Vistola, di proprietà di un sarto napoletano.
Tutte queste fabbriche inizialmente sorgevano su terreni acquistati
direttamente dal comune guidato dal sindaco Marzaro e rivenduti agli industriali interessati ad investire
nella zona di Santa Maria di Sala. Già nel 1961 il 46,6% della popolazione era
formata da addetti all'industria, mentre solo il 35% si dedicava
all'agricoltura.
I comuni del Miranese (non solo Santa Maria di Sala, ma anche Scorzè,
Salzano e Noale) vendevano le aree industriali a prezzi bassissimi; inoltre il
costo del lavoro era estremamente basso in quanto la manodopera era costituita
da giovani e donne, sprovvisti di organizzazioni sindacali che tutelassero i
loro diritti.
L'urbanizzazione del territorio avvenne senza suscitare rimpianti o
opposizioni, infatti si vedeva nell'industrializzazione un passo avanti verso
il progresso. Non essendoci specifiche attività artigianali risalenti ad una
tradizione preesistente nella zona, si può affermare che l'industria che si
sviluppò fu “a freddo” ovvero ex novo.
Anche il settore commerciale non fu il risultato dell'evoluzione di piccoli
o medi esercizi già presenti, infatti il mercato si svolgeva nei comuni di
Mirano e Noale e le uniche attività commerciali presenti a S. Maria di Sala
consistevano in alcuni negozi posti lungo le strade e gli incroci delle varie
frazioni.
La terziarizzazione dell'area fu invece resa possibile dalla vicinanza con
Porto Marghera e con la nuova zona industriale di Padova. Le imprese dapprima
sorsero ai lati dell'asse viario come industrie complementari rispetto alle
grandi zone industriali, poi in maniera più organica penetrarono nel
graticolato romano. Nei successivi cinquant'anni, molti stabilimenti a Porto
Marghera furono dismessi tanto che il numero degli addetti è attualmente di
circa 9.000, cioè tanti quanti quelli del polo industriale di Santa Maria di
Sala.
Il movimento dei lavoratori |
Intorno al 1968-1969 nacquero le prime organizzazioni sindacali.
Sottosalario, mancato rispetto dei contratti di lavoro, evasione contributiva,
condizioni igienico - ambientali pesanti e nocive erano molto diffusi. Il
sindacato più presente fu la CISL (molto supportata dalla Chiesa locale, la
quale mise a disposizioni dei locali parrocchiali per le sedi del sindacato)
principalmente per due motivi: in primo luogo, tutto il Miranese era una zona
prettamente cattolica e politicamente orientata verso la Democrazia Cristiana;
in secondo luogo, perché la Cgil, presente nelle grandi fabbriche di Porto
Marghera, era tradizionalmente debole.
Inizialmente, le resistenze dei datori di lavoro alle rivendicazioni
sindacali furono dure, ma, quando nel 1970 si crearono delle commissioni
sindacali interne, le cose cominciarono lentamente a cambiare.
Il fatto che le industrie fossero anche territorialmente vicine contribuì
ad accrescere una maggiore unità tra gli stessi operai. Come detto in
precedenza, il partito più forte era la Democrazia Cristiana, mentre la
sinistra era debolissima. Attorno al 1970 una quarantina di ragazzi che
gravitavano intorno al Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP) della
scuola superiore e dell'università organizzarono un gruppo giovanile con l'idea
di portare il “clima sessantottino” nel comune.
In una casa rurale a Caselle denominata “Circolo Operaio” facevano
regolarmente degli incontri nei quali si alternavano attività politiche ad
attività ricreative e sociali. Nell'estate del 1972 il PSIUP si sciolse e quasi
tutti i componenti, ad eccezione di Carlo Stocco che sin da giovane si impegnò
nella CGIL e aderì al Partito Comunista Italiano, confluirono nel PDUP (Partito
di Unità Proletaria).
Tale situazione perdurò fino al '75 quando tutti gli aderenti più giovani
entrarono nel PCI rinnovando la presenza politica e amministrativa nel comune.
Intorno al 1973 inizia ad essere venduto, come supplemento ad “Unità Operaia”,
il giornale “La voce operaia di Santa Maria di Sala”, nel quale si denunciavano
i soprusi a cui i lavoratori erano sottoposti e si istigava allo sciopero a
sorpresa quale mezzo di lotta. Veniva altresì criticata l'istruzione scolastica
fornita ai ragazzi; gli scritti relativi a tale argomento sono da attribuire
certamente a Casanova e Borsetto, i quali, oltre ad essere ricordati per il
loro impegno politico, sono autori di diversi libri di testo per le elementari
e di letteratura per l'infanzia; Borsetto ha anche sceneggiato film per
ragazzi.
Altro idea fondamentale che proponeva il giornale era quella di fondare un
consiglio territoriale quale espressione dei consigli di fabbrica, ma aperto
anche a insegnanti, studenti, contadini; il suo scopo sarebbe stato quello di
coordinare e rafforzare la presenza sindacale nel comune e di garantire l'unità
della classe operaia di fronte all'offensiva padronale che puntava alla sua
disgregazione. Si tenga presente che in quel periodo l'inflazione superava il 20%
annuo, si sentiva più che mai l'esigenza di difendere il salario e la necessità
di ottenere alcuni servizi sociali (come asili nido, mense interaziendali,
trasporti pubblici e scuole materne).
Tali proposte suscitarono interesse e ottennero il consenso non solo della
sinistra, ma anche dalla Dc. Si crearono, così, forme di protagonismo e di
responsabilizzazione da parte di operai giovani che iniziarono a vivere
un'esperienza sindacale non più circoscritta alla propria azienda.
Il 22 maggio 1974 la piattaforma zonale venne approvata, ma il Consiglio
ebbe vita breve; CGIL, CISL e UIL costituirono, infatti, una struttura
intercategoriale che comprendeva tutto il Miranese.
Nelle elezioni del 1975, l'allora partito comunista passò da uno a tre
consiglieri. I temi della difesa della condizione operaia e dei servizi
sociali, erano cari sia ai comunisti che ai democristiani che proposero
finalmente l'istituzione dei servizi mancanti nel comune.[7]
Il territorio salese, nel tempo, divenne il secondo polo industriale della
Provincia; ciò favorì l'immigrazione e il formarsi di nuove famiglie, tanto che
si passò dai 1100 abitanti del 1970[8]
ai circa 17500 attuali. Attualmente,
accanto ad aziende leader di rilevanza
nazionale (come Sàfilo, Speedline, OMV, FPT, Piarotto, Aprilia, ecc. …) vi sono
molti piccoli laboratori artigianali.
Gli esercizi commerciali |
Nel territorio di Santa Maria di Sala sono, inoltre, presenti circa 250
esercizi commerciali, nei quali sono impiegati circa 1000 lavoratori.[9]
L'espansione del tessuto produttivo e terziario è avvenuto grazie anche
alla posizione strategica del territorio Comunale che si colloca equidistante
dai capoluoghi di provincia di Venezia, Padova e Treviso a cui è collegato da
importanti assi viari quali la S.S. 515 Noalese e la Provinciale Miranese.
Monumenti e luoghi d'interesse |
Chiesa parrocchiale |
La chiesa parrocchiale di Caselle, costruita tra il 1790 e il 1810, è un interessante edificio in stile neoclassico a navata unica contenente varie opere d'arte tra cui, nell'altar maggiore, alcune statue di Giovanni Bonazza.
Villa Farsetti |
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Per la realizzazione di Villa Farsetti il committente e proprietario, Filippo Farsetti, si ispirò fortemente alla magnificenza della reggia di Versailles, nonché ad altri splendidi esempi quali, tra i tanti, villa Pisani di Stra o villa Corsini a Roma. I lavori iniziarono negli anni quaranta del XVIII secolo e già nel 1749 vide la luce la gastaldia, primo edificio del complesso residenziale.
La villa sorse, appunto, per volontà dell'abate Filippo Farsetti, in collaborazione con senese Paolo Posi, architetto e scenografo operante in quel periodo a Roma, che si ispirò ad alcuni palazzi e ville di delizie ideati dal grande architetto austriaco J.B. Fischer von Erlach che in essi cercò di combinare la maniera francese (edifici
sviluppati in larghezza) con elementi italiani (tetti a terrazza con statue e vasi), in modo da conferire all'edificio il massimo movimento e varietà, avvicinandosi nell'aspetto alle antiche ville romane. Tali progetti presentano una caratteristica in comune: una rotonda centrale con ali; un motivo di fondo dell'architettura dei palazzi barocchi, che troviamo anche nel palazzo di Sala e nel casino di villa Albani.
Una sala rotonda illuminata dall'alto era inoltre l'ideale per un allestimento museografico, considerato che l'intenzione del Farsetti era quella di realizzare (come in effetti poi fece) nella parte centrale del palazzo un “superbo museo”.
La villa venne edificata tra il 1759 ed il 1762, il risultato fu quello di una grandiosa architettura di gusto rococò a tre piani, ornata con trentotto colonne provenienti dal Tempio della Concordia di Roma, ottenute grazie all'intercessione del Papa veneziano Clemente XIII.
L'esterno si sviluppa simmetricamente in senso longitudinale ai lati del salone centrale con facciata convessa. Al corpo centrale sono raccordati due edifici minori concavi per mezzo di portici. Nella parte posteriore si trovano la barchessa e la foresteria.
Molto ben riuscito è anche un altro elemento della villa progettato dal Posi, che faceva parte della scenografica sistemazione dell'ampia area situata a sud della strada Cavin di Sala, il cosiddetto Campidoglio, che doveva rappresentare quello romano; esso è andato completamente distrutto, ma possiamo conoscerlo abbastanza nei dettagli attraverso alcuni disegni e vedute che ci sono pervenute.
Nel 1744, alla morte dell'abate, nessun erede prese in carico il termine del progetto, di cui oggi invece possiamo immaginare la maestosità.
Durante la Grande Guerra fu trasformata in ospedale da campo, al pari del vicino Castello di Stigliano. A testimonianza di ciò rimangono due incisioni al piano superiore.[10]
Il complesso, proprietà comunale, è stato recuperato in questi anni. L'antico parco, quasi completamente perduto e ora in fase di recupero, ospitava un orto botanico, cedraie, serre, boschetti, un labirinto e varie riproduzioni di rovine romane.
Castello di Stigliano |
Di una certe rilevanza è l'antico castello situato a Stigliano, sulla sponda sinistra del fiume Muson. Di origine romana, sarebbe stato feudo del vescovo di Treviso, successivamente avamposto di confine tra Treviso e Padova, infine definitivamente conquistato da Venezia nel 1520. Negli anni subì numerose ristrutturazioni, oggi ospita un ristorante.
Società |
Evoluzione demografica |
Abitanti censiti[11]
Geografia antropica |
Suddivisione ecclesiastica |
Il territorio di Santa Maria di Sala è attraversato dal confine di due diocesi: mentre il capoluogo, le frazioni di Stigliano e Veternigo fanno parte della diocesi di Treviso, le frazioni di Caselle de' Ruffi, Caltana e Sant'Angelo di Sala appartengono alla diocesi di Padova.
Frazioni |
Caltana: sorge all'incrocio di un cardo con un decumano e compare per la prima volta nel testamento del doge Giustiniano Partecipazio nell'829. Trae il proprio nome dalla romana gens Calptana.
Sant'Angelo: Sant'Angelo compare per la prima volta nei documenti nel 1127, quando viene ricordata l'edificazione della prima chiesa.
Caselle de' Ruffi: presente nei documenti fin dall'840, deve il proprio nome dalla presenza sul territorio dei riquadri della centuriazione romana (le caselle, appunto) e dal cognome dei Rufus, famiglia romana sopravvissuta alla conquista del tiranno Ezzelino III da Romano. Nel territorio della frazione sorge il noto oratorio della Madonna Mora del 1839, denominato così per il colore della piccola statua in legno che, al suo interno, rappresentava la Madonna di Loreto. Bella la chiesa parrocchiale, costruita tra il 1790 e il 1810, dotata di un buon organo Pugina del 1871.
Stigliano: il nome sembra derivare dal latino septilianus. La località è citata per la prima volta in un documento del 1152 come feudo del vescovo di Treviso. Nel 1158 il Vescovo di Treviso investì dei diritti feudali su Stigliano la famiglia dei Tempesta che nel 1120 lo cedette ad Aldovrandino da Superno, dell'Ordine Teutonico. Nel territorio sorge il castello, già teatro di numerosi fatti d'arme durante il medioevo, ben conservato e decorato da affreschi del XVI secolo. Nella chiesa parrocchiale è presente un ottimo organo Tamburini.
Veternigo: il nome sembra derivare dal latino vetrinius (luogo per gli animali da lavoro) o da Vetrinus (nome del legionario che deteneva il luogo). Si ha notizia dell'esistenza di una antica Cappella in Veternigo fin dal 1300.
Località |
Tre Ponti: ridente località di 100 abitanti, sorge in un incrocio del reticolato romano tra la via Noalese e la via Desman. Nota per essere stata sede di attentato bellico durante la seconda guerra mondiale il 27 ottobre 1944, nel luogo dell'esplosione sorge tuttora una chiesetta commemorativa ai caduti.
Tabina: località di Caselle de' Ruffi che in totale vanta circa 600 abitanti, sorge tra il Capoluogo (da cui dista circa 3 km) e la frazione di Caselle stessa. Si estende in lunghezza lungo la S.R. 515 Noalese, compresa nel quadrilatero di: via Salgari a nord, via Rivale ad est, via Cavin del Dò a sud (molti allungano il confine di tabina fino a via Gardan, comprendendo quindi anche l'importante polo industriale costituito dalla ditta Safilo, e un raggruppamento di abitazioni adiacenti) e via Zeminianella ad ovest, ove termina il territorio veneziano ed inizia la provincia di Padova. Della denominazione "Tabina" si trova traccia per la prima volta in un documento del 994. Tabina deriva da "piccola tappa", tappa che si riferisce alla sosta che l'imperatore francese Napoleone Bonaparte fece nel corso di una delle sue numerose campagne di conquista in Italia. Ad oggi rimane testimonianza di quel passaggio nell'albergo-ristorante che ospitò l'imperatore, recentemente ristrutturato in stile napoleonico, dopo che un incendio lo distrusse nel 1987.
Amministrazione |
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Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
2003 | 2007 | Ugo Zamengo | centrodestra | Sindaco | |
2007 | 2012 | Paolo Bertoldo | centrodestra | Sindaco | |
2012 | in carica | Nicola Fragomeni | lista civica | Sindaco |
Gemellaggi |
Lesina, dal 2009
Sport |
Dal 1993 è attiva sul territorio l'associazione sportiva dilettantistica Jolly Basket; negli anni ha ottenuto diversi titoli sportivi:
- nella stagione 1997-1998 vince il campionato di Promozione provinciale sotto la guida di Alessio Bordin avendo diritto a partecipare l'anno seguente al campionato di serie D; l'apparizione sarà breve perché la squadra, mantenuta in tutto il suo organico, verrà retrocessa l'anno seguente;
- nella stagione 2004-2005 vince il campionato di Promozione provinciale sotto la guida di Fabrizio Perocco avendo diritto a partecipare l'anno seguente al campionato di serie D;
- nella stagione 2006-2007 vince, sempre sotto la guida di Fabrizio Perocco, il campionato di serie D avendo diritto a partecipare l'anno seguente al campionato di C2, ultimo campionato a livello regionale.
Sono presenti inoltre il C.M.B. Santa Maria di Sala, società sempre di basket che però si occupa solo della categoria "Scoiattoli" (da 6 a 10 anni); e diverse società calcistiche come il G.S Veternigo e il G.S Santa Maria di Sala.
Nel settore ciclistico si distingue l'UC FPT, squadra ciclistica di MTB nata all'interno dell'omonima azienda nel 2000, e che ha vinto numerosi titoli di campioni provinciale nonché, con Gianfranco Mariuzzo, il titolo di campione italiano d'autunno.
Note |
^ ab Dato Istat - Popolazione residente al 31 agosto 2018.
^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012.
^ M. Zancanella, L. Vedovato, La Centuriazione Romana, 1981.
^ Bollettino Periodico della Parrocchia di Santa Maria di Sala, n. 1 /2011.
^ Angelina Marzotto e Silvana Poletti, Come eravamo. Cose, fatti e persone nelle foto d'epoca.
^ Marco Borghi, I luoghi della libertà. Itinerari della guerra e della resistenza in provincia di Venezia.
^ Alfiero Boschiero, Giovanni Favero, Gilda Zazzara, Rivoluzioni di paese. Gli anni settanta in piccola scala, 2011.
^ dati ISTAT
^ Sito istituzionale del Comune di Santa Maria di Sala / dati Censimento
Generale dell'Industria e dei servizi - 22 ottobre 2001
^ Loris Vedovato, Villa Farsetti nella storia, vol II, 2004.
^ Statistiche I.Stat - ISTAT; URL consultato in data 28-12-2012.
Bibliografia |
Il Veneto paese per paese, Bonechi editore, Padova, 1999.
Voci correlate |
- Castello di Stigliano
Altri progetti |
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Collegamenti esterni |
- Villa Farsetti, su misteridelterritorio.wordpress.com.
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Controllo di autorità | VIAF (EN) 167603839 |
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