Unione Sovietica






















































































































































Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
Союз Советских Социалистических Республик
Soyuz Sovetskikh Sotsialisticheskikh Respublik









Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche Союз Советских Социалистических Республик Soyuz Sovetskikh Sotsialisticheskikh Respublik – Bandiera Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche Союз Советских Социалистических Республик Soyuz Sovetskikh Sotsialisticheskikh Respublik - Stemma
(dettagli) (dettagli)

Motto:
in russo: Пролетарии всех стран, соединяйтесь!?, traslitterato: Proletarii vsech stran, soedinjajtes'!
(Proletari di tutti i paesi, unitevi!)
Union of Soviet Socialist Republics (orthographic projection).svg
Dati amministrativi
Nome completo Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche
Nome ufficiale Союз Советских Социалистических Республик
nome ufficiale in altre lingue
Lingue ufficiali
Russo e lingue regionali
Lingue parlate Russo e lingue regionali
Inno
L'Internazionale (1922-44)
Inno dell'Unione Sovietica (1944-91)


Capitale Mosca
Dipendenze Repubbliche dell'Unione Sovietica
Politica
Forma di Stato
Stato totalitario socialista con sistema a soviet
Forma di governo
Repubblica parlamentare federale a partito unico
Capo di Stato
Presidente del Praesidium del Soviet Supremo dell'Unione Sovietica fino al 1989,
Presidente del Soviet Supremo dell'Unione Sovietica fino al 1990,
Presidente dell'Unione Sovietica fino al 1991
Capo di Governo
Primo ministro (de iure)
Segretario del PCUS (de facto)[1]
Organi deliberativi Soviet supremo
Nascita 30 dicembre 1922 con Michail Kalinin
Causa rivoluzione d'ottobre
Fine 26 dicembre 1991 con Michail Gorbačëv
Causa
putsch di Mosca, Accordo di Belaveža, indipendenza della Russia
Territorio e popolazione
Bacino geografico
Europa orientale e Asia
Territorio originale
Russia europea e Russia asiatica
Massima estensione 22 402 000 di Km² nel 1991
Popolazione 293 047 571 di abitanti nel 1991
Economia
Valuta rublo sovietico
Risorse
gas, petrolio
Produzioni
gas, grano, acciaio, industria pesante
Commerci con COMECON
Varie
TLD .su
Prefisso tel. +7
Sigla autom. SU
Religione e società
Religioni preminenti ortodossia
Religione di Stato ateismo
Religioni minoritarie
islam, buddhismo, ebraismo, protestantesimo
LocationSovietUnion.png
Evoluzione storica
Preceduto da
bandiera RSFS Russa
Flag of Transcaucasian SFSR.svg RSFS Transcaucasica
Flag of the Byelorussian Soviet Socialist Republic (1919-1927).svg RSS Bielorussa
Flag of the Ukrainian Soviet Socialist Republic (1919–1929).svg RSS Ucraina
Flag of Khiva 1920-1923.svg RSP Corasmia
Flag of the Bukharan People's Soviet Republic.svg RSP Bukhara
Succeduto da
Armenia Armenia
Azerbaigian Azerbaigian
Bielorussia Bielorussia
Estonia Estonia
Georgia Georgia
Kazakistan Kazakistan
Flag of Kyrgyz SSR.svg Kirghizistan
Lettonia Lettonia
Lituania Lituania
Moldavia Moldavia
Russia Russia[2]
bandiera Tagikistan
bandiera Turkmenistan
Flag of Ukraine (1991-1992).svg Ucraina
Uzbekistan Uzbekistan

L'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (in russo: Союз Советских Социалистических Республик, СССР?, Sojuz Sovetskich Socialističeskich Respublik; ascolta[?·info] /sʌjus sʌ'vʲɛtskɪx səʦɪəlɪ'stiʧɪskɪx rʲɪ'spublɪk/), acronimo URSS e in forma abbreviata Unione Sovietica (in russo: Сове́тский Сою́з?, Sovetskij Sojuz, /sʌ'vʲɛtskɪj sʌjus/), fu uno Stato federale che si estendeva tra Europa orientale e Asia settentrionale.


Nacque il 30 dicembre 1922 sulle ceneri dell'impero zarista dopo la guerra civile russa e si sciolse ufficialmente il 26 dicembre 1991.
Era uno Stato federale composto da 15 repubbliche socialiste, la più grande delle quali era quella russa, a sua volta suddivisa in repubbliche autonome.


La distanza tra i suoi due punti estremi orientale e occidentale era superiore ai 10 000 chilometri (più di 90 gradi di longitudine); il suo punto più occidentale era l'Oblast' di Kaliningrad (oggi in Russia), al confine con la Polonia, e quello più orientale il capo Dežnëv sullo stretto di Bering, che lo divideva dal continente nordamericano distante circa 80 chilometri.
In particolare, una sua isola nello stretto, la Grande Diomede, dista solo 3 km dalla Piccola Diomede, appartenente agli Stati Uniti: si trattava della distanza minore tra le due superpotenze militari dell'epoca.


Per tutto il periodo della sua esistenza fu il Paese più esteso del mondo con 22 402 000 km² di superficie, pari a un sesto delle terre emerse, nonché il Paese più esteso d'Asia e d'Europa, per ciascuna delle parti di competenza continentale[3].


Dopo la vittoria conseguita contro le potenze dell'Asse nella seconda guerra mondiale divenne una superpotenza economica e militare, riuscendo a imporre il suo sistema politico e sociale anche fuori dei confini nazionali, soprattutto in Europa orientale.
Contro il blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti d'America, l'altra superpotenza emersa all'epoca, inaugurò la guerra fredda, conclusa formalmente con la dissoluzione dell'Unione Sovietica e l'emersione della sua Repubblica principale, la Russia. Quest'ultima, entrata alla fine degli anni novanta nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite prima e nel G8 poi, ha raccolto gran parte dell'eredità militare e geopolitica sovietica.


La lista delle repubbliche costituenti la federazione subì nel corso del tempo numerose variazioni. Negli anni precedenti il suo scioglimento ne facevano parte quindici Repubbliche Socialiste Sovietiche. La più grande per superficie, economia e popolazione e la più importante sul piano politico era la Repubblica Socialista Sovietica Russa, l'odierna Russia. Anche il territorio dell'Unione Sovietica subì vari mutamenti e nel periodo più recente corrispondeva approssimativamente a quello del tardo Impero russo, senza tuttavia Alaska, Finlandia e Polonia.


L'organizzazione politica del Paese prevedeva un solo partito politico ufficialmente riconosciuto, il Partito Comunista dell'Unione Sovietica, guidato da un segretario generale e dal politburo.




Indice






  • 1 Storia


    • 1.1 La rivoluzione di febbraio


    • 1.2 La rivoluzione d'ottobre


    • 1.3 Dalla fondazione alla morte di Stalin


      • 1.3.1 La seconda guerra mondiale


      • 1.3.2 Il dopoguerra




    • 1.4 Da Chruščёv a Brežnev


    • 1.5 Perestrojka e glasnost'


    • 1.6 Dissoluzione dell'Unione Sovietica




  • 2 Politica


    • 2.1 Politica interna


    • 2.2 Politica estera




  • 3 Personalità politiche a capo dell'Unione Sovietica


    • 3.1 Segretari generali del PCUS (capi effettivi dell'Unione Sovietica)


    • 3.2 Presidenti del Presidium del Soviet Supremo


    • 3.3 Presidenti del Consiglio dei commissari del popolo


    • 3.4 Presidenti del Consiglio dei ministri




  • 4 Repubbliche


  • 5 Geografia


  • 6 Economia


  • 7 Demografia


  • 8 Religione


    • 8.1 Legislazione su matrimonio, aborto, eutanasia e omosessualità




  • 9 Cultura


    • 9.1 Scienza e tecnologia


    • 9.2 Festività


    • 9.3 La moda nell'Unione Sovietica


      • 9.3.1 L'epoca di Stalin (1930 - 1950)






  • 10 Note


  • 11 Bibliografia


  • 12 Voci correlate


  • 13 Altri progetti


  • 14 Collegamenti esterni





Storia |


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Lo stesso argomento in dettaglio: storia dell'Unione Sovietica e Costituzione dell'Unione Sovietica.




Ordine della Bandiera rossa del lavoro


La Russia fu uno dei pochi Paesi europei a non aver vissuto, nel corso del XIX secolo, una trasformazione in senso democratico e liberista delle proprie strutture economiche, sociali e politiche. Le tensioni tra le esigenze di cambiamento espresse da una parte della popolazione e un modello politico statico, basato su una monarchia autocratica, furono all'origine di tre rivoluzioni. La prima, senza esito, ebbe luogo nel 1905, successiva alla sconfitta nella guerra contro il Giappone. La seconda e la terza avvennero invece nel 1917, rispettivamente a marzo (febbraio secondo il calendario giuliano, seguito dalla Chiesa ortodossa russa e a quei tempi in vigore in Russia) e novembre (ottobre), innescate da gravi problemi politico-sociali, da un diffuso malcontento nei confronti della monarchia e dalla tremenda crisi sofferta dall'Impero russo durante la prima guerra mondiale.



La rivoluzione di febbraio |






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Lo stesso argomento in dettaglio: rivoluzione di febbraio.

Il 23 febbraio (8 marzo del calendario gregoriano) 1917 un'insurrezione, in gran parte spontanea, degli operai e della guarnigione di Pietrogrado portò all'occupazione della città e al rovesciamento della dinastia Romanov, ratificata con l'abdicazione dello zar Nicola II a favore del fratello Michele e la rinuncia al trono, il 3 marzo, da parte di quest'ultimo. Il 27 febbraio era stato intanto formato il Soviet di Pietrogrado, primo di un gran numero di assemblee che sarebbero di lì a poco sorte in tutta la Russia. Nell'organismo ottennero una posizione dominante i menscevichi e i socialrivoluzionari, che consegnarono il potere nelle mani della borghesia e del Governo provvisorio, costituitosi a marzo con la presidenza del principe L'vov.[4]


Con il ritorno di Lenin dall'esilio in Svizzera e la pubblicazione delle sue Tesi di aprile, approvate dalla VII Conferenza del Partito bolscevico, acquisì sempre più consenso presso le masse l'obiettivo della trasformazione della rivoluzione borghese in una rivoluzione socialista.[5][6] Intanto si creò forte tensione fra il Governo e il Soviet a proposito della prosecuzione della partecipazione alla guerra, e si arrivò alla formazione di un gabinetto di coalizione con la partecipazione di menscevichi e socialrivoluzionari insieme ai ministri borghesi.[7]



La rivoluzione d'ottobre |






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Lo stesso argomento in dettaglio: rivoluzione d'ottobre.

A luglio una manifestazione di operai e soldati di cui presero la testa i bolscevichi dopo un inizio spontaneo fu respinta dalle forze governative,[8] ma anche il secondo gabinetto cadde e fu sostituito da un nuovo Governo di coalizione guidato dal socialrivoluzionario Aleksandr Kerenskij. Le forze conservatrici ritennero giunto il momento di sopprimere i soviet e ad agosto organizzarono un colpo di stato guidato dal generale Lavr Kornilov, fermato da un sollevamento di massa degli operai e dei soldati su iniziativa dei bolscevichi. Questi ultimi acquisirono sempre maggiore popolarità e la maggioranza in numerosi soviet (di quello di Pietroburgo divenne presidente Trockij), mentre anche le posizioni dei soldati e dei contadini si radicalizzavano.[9]


Il 7 novembre (24 ottobre del calendario giuliano) fu concretizzata l'insurrezione precedentemente deliberata dal Comitato centrale del Partito bolscevico: soldati, operai (le "Guardie Rosse"), marinai della Flotta del Baltico occuparono in breve i punti chiave della città e l'indomani venne preso il Palazzo d'Inverno, sede del Governo.[10] La sera stessa il potere venne consegnato al Congresso panrusso dei Soviet, che formò un nuovo governo, il Consiglio dei commissari del popolo, guidato da Lenin.[11] La Rivoluzione si estese subito dopo a gran parte dei territori dell'ex Impero russo, di cui i bolscevichi presero il controllo in alcuni casi in modo pacifico, in altri dopo accesi scontri con gli oppositori.[12][13]


Sempre nel 1918 nacque l'Armata Rossa, che sostituì il vecchio e disgregato esercito. La reazione delle forze escluse dal potere e delle potenze straniere non si fece attendere. Nella primavera del 1918 gli inglesi occuparono i porti di Murmansk e Arcangelo, mentre i giapponesi si impadronirono del porto di Vladivostok. In seguito intervennero anche i francesi e gli statunitensi. In Ucraina, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania si instaurarono regimi nazionalistici con l'aiuto tedesco, mentre in Russia nacquero diciotto governi opposti a quello sovietico. Nell'estate del 1918 vennero arrestati anarchici e scioperanti, e vennero fucilate alcune migliaia di oppositori politici[14]. La guerra civile vide l'Armata Rossa, guidata da Trockij, combattere in particolare contro gli eserciti dell'Armata Bianca, guidati dall'ammiraglio Kolčak in Siberia e del generale Denikin nella Russia meridionale. Al conflitto parteciparono anche gli eserciti dell'Armata Verde, che durante il conflitto si alleò sia con l'Armata Rossa sia con l'Armata Bianca e a volte le combatté entrambe; e quelli dell'Armata Nera.


Sin dal 1919 l'Armata Rossa ottenne diverse vittorie conquistando alla fine del 1920 la Crimea e, nel 1921, l'area del Caucaso. La guerra civile durò comunque fino al 1923, quando si concluse con la sconfitta degli ultimi eserciti contadini. L'Armata Rossa dovette però desistere in Estonia, Lettonia e Lituania, dove si formarono i tre Stati indipendenti, che sarebbero poi stati annessi all'Unione Sovietica in occasione della seconda guerra mondiale.



Dalla fondazione alla morte di Stalin |






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Lo stesso argomento in dettaglio: storia dell'Unione Sovietica (1922-1953).

La guerra finì con la vittoria dell'Armata Rossa e la fondazione dell'Unione Sovietica, il primo Stato socialista del mondo, il 30 dicembre 1922, sotto la guida di Lenin. L'Unione Sovietica succedette all'Impero russo, ma la sua estensione fu inferiore a causa dell'indipendenza di Polonia, Finlandia e degli Stati baltici: Estonia, Lettonia e Lituania. Lenin mise in atto una politica per la quale a queste cinque ex-gubernija dell'Impero russo (province dell'Impero russo), i cosiddetti governatorati baltici, venne garantita l'indipendenza, mentre a molte altre entità venne concessa un'ampia autonomia. Già nel 1924 il Regno d'Italia, per volontà di Benito Mussolini, riconobbe ufficialmente l'Unione Sovietica.


Dopo la morte di Lenin (avvenuta il 21 gennaio 1924), ci fu una lotta per la conquista del potere all'interno della leadership del partito tra chi sosteneva che per sopravvivere la rivoluzione avrebbe dovuto estendersi ai Paesi a capitalismo avanzato (soprattutto l'allora Repubblica di Weimar), consentendo così l'intervento armato della classe operaia di quei Paesi al fianco di quella russa per schiacciare i contadini, concepiti come intrinsecamente controrivoluzionari (Trockij);[15] e chi teorizzava la necessità, scaturita dal fallimento dei moti del 1919 in Germania e Ungheria (ma dai primi ritenuta incoerente con il principio marxista dell'internazionalismo), del "socialismo in un solo Paese". Il segretario del partito Iosif Vissarionovič Džugašvili, detto Stalin, fautore del "socialismo in un solo Paese", emerse come nuovo capo contrapponendosi a Lev Trockij. Al fianco di Stalin e contro Trockij si schierò tutta la vecchia guardia bolscevica, con in testa Nikolaj Ivanovič Bucharin e, in un primo momento, Grigorij Evseevič Zinov'ev, in seguito entrambi processati e fucilati come elementi controrivoluzionari. La compattezza del partito nel respingere le tesi di Trockij portò a una sua rapida emarginazione e al suo allontanamento dal partito, culminato nell'esilio iniziato nel 1929.


Stalin avviò un programma di rapida industrializzazione e di riforme agricole, sviluppando rapidamente l'economia socialista, grazie ai successi della pianificazione. Per fare ciò ampliò la portata della polizia segreta di Stato (prima NKVD, poi GPU e infine KGB) e fece sì che durante il suo governo un numero imprecisato di persone che non appoggiavano la sua politica, da alcuni autori stimato in alcune centinaia di migliaia di deportati,[16] da altri in decine di milioni[17] o addirittura fino a centodieci milioni di morti,[18] venissero condannate alla pena capitale o incarcerate nei gulag. Particolarmente famoso è il periodo 1936-1939, conosciuto come periodo delle "grandi purghe".


Tra il 1936 e il 1939 l'Unione Sovietica fu l'unico Paese a fornire aiuto alla repubblica spagnola aggredita dai fascisti del generale Francisco Franco con l'appoggio di Adolf Hitler e Mussolini, in contrasto con il silenzio complice delle democrazie liberali occidentali.


A metà agosto del 1939 l'Unione Sovietica propose alla Germania nazista di Hitler un patto di non aggressione, preceduto da un accordo commerciale fra i due Paesi (quest'ultimo fu firmato a Berlino il 20 agosto 1939).[19] Il 23 agosto veniva firmato a Mosca il patto di non aggressione fra Unione Sovietica e Germania nazista, che divenne famoso con il nome di patto Molotov-Ribbentrop. Il protocollo ufficiale prevedeva l'impegno, di ciascun Paese firmatario, a non attaccare l'altro. Inoltre, se una delle due parti fosse stata oggetto di aggressione da parte di una terza potenza, l'altro firmatario non avrebbe fornito all'aggressore alcun aiuto.[20] Tuttavia il patto comprendeva anche un "protocollo segreto" che definiva fra le parti le rispettive sfere d'influenza nell'Europa orientale. Esso dava quindi mano libera all'Unione Sovietica per sottoporre a controllo le repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia, Lituania e della Finlandia, stabilendo il confine delle rispettive aree di influenza nella frontiera settentrionale della Lituania.


Per quanto riguardava la Polonia il confine fra le due sfere d'influenza dei firmatari del patto venivano stabilite nei corsi dei fiumi Narew, Vistola e San, mentre l'Unione Sovietica dichiarava il proprio interesse sulla Bessarabia (passata alla Romania nel 1917) e riceveva dalla Germania nazista una dichiarazione di "non interesse" a quel territorio.[21] Subito dopo l'Unione Sovietica comunicava a Francia e Gran Bretagna di considerare ormai inutili i colloqui a lungo portati avanti fra le tre potenze, per giungere a un accordo contro la Germania nazista.[21] Fu il patto Molotov-Ribbentrop a dar mano libera a Hitler per procedere all'invasione della Polonia, essendosi questi così garantito il non intervento dell'Unione Sovietica e avendo scongiurato il pericolo di dover combattere su due fronti (essendo allora Il Terzo Reich sprovvisto delle risorse economiche e militari necessarie ad un eventuale guerra su più fronti), nel caso d'intervento di Francia e Gran Bretagna a fianco della Polonia, quando questa fosse stata attaccata dalla Germania, il che avvenne già il 1º settembre di quell'anno senza una dichiarazione di guerra.


Il 17 settembre l'esercito sovietico invadeva a sua volta la Polonia da est e due giorni dopo si fermava all'incontro a Brest-Litovsk con quello tedesco. Germania nazista e Unione Sovietica si dedicarono quindi il 28 settembre a definire nei dettagli la spartizione dell'Europa orientale secondo i criteri generali stabiliti dal patto Molotov-Ribbentrop: il confine fra le parti nel territorio polacco venne confermato e l'Unione Sovietica ebbe mano libera per occupare Lituania, Lettonia ed Estonia. Nel giugno 1940 l'Unione Sovietica invase e annetté Bessarabia e Bucovina settentrionale, sottraendole alla Romania. Per questi atti l'Unione Sovietica fu espulsa dalla Società delle Nazioni.


Il 13 aprile 1941 l'Unione Sovietica strinse con l'allora Impero giapponese un patto quinquennale di "non aggressione" tra i due Paesi che fu firmato a Mosca dall'allora ministro degli affari esteri giapponese Yōsuke Matsuoka e da quello sovietico Molotov.[22]



La seconda guerra mondiale |


Aggredita dalle truppe di Hitler con l'operazione Barbarossa, iniziata il 22 giugno 1941, l'Unione Sovietica vide la porzione occidentale del territorio rapidamente occupata dal nemico, che vi commise eccidi e devastazioni. Grazie anche al trasferimento a oriente delle industrie belliche, reso possibile dal periodo di pace guadagnato con il patto di non aggressione con la Germania nazista, e ai massicci aiuti in armi e altro equipaggiamento ricevuti da Stati Uniti e Gran Bretagna,[23] l'Unione Sovietica riuscì a bloccare l'invasione e, a partire dalla vittoriosa battaglia di Stalingrado, a respingere le truppe dell'Asse. L'avanzata dell'Armata Rossa si concluse a Berlino nel maggio 1945.


Tra il 4 e l'11 febbraio del 1945 nel palazzo imperiale di Livadia si tenne la conferenza di Yalta, il più famoso degli incontri fra Stalin, Churchill e Roosevelt, nei quali fu deciso quale sarebbe stato l'assetto politico internazionale al termine della seconda guerra mondiale. In particolare a Yalta furono poste le basi per la divisione dell'Europa e del mondo in zone di influenza. In seguito agli accordi di Yalta l'Unione Sovietica dichiarò guerra all'Impero Giapponese l'8 agosto 1945 (nonostante fosse ancora in vigore con l'Impero Giapponese il patto di non aggressione del 1941) e il giorno successivo lanciò un milione di soldati veterani del fronte orientale contro la Manciuria, dove erano di stanza circa 700.000 giapponesi.[24]


Entro una settimana la regione, la Corea Settentrionale e Sachalin furono occupate; nelle Curili invece la resistenza nipponica fu più aspra, ma il 23 agosto furono parimenti conquistate.[25] La vittoria riportata sulle truppe della Germania nazista, dell'Italia fascista e dei loro alleati ebbe però un elevatissimo costo in vite umane e distruzioni materiali: .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}25.568.000 di vittime, di cui 8.668.000 soldati e 16.900.000 civili, nonché la distruzione di 1.700 città, 70.000 villaggi e 32.000 imprese industriali.[senza fonte]



Il dopoguerra |


Sotto Stalin l'Unione Sovietica uscì dalla seconda guerra mondiale (conosciuta in Unione Sovietica come la grande guerra patriottica) come una delle principali potenze mondiali, con un territorio che inglobava gli Stati baltici e una porzione significativa della Polonia ante-guerra, unitamente a una sostanziale sfera d'influenza nell'Europa orientale (vedi Impero sovietico). Il confronto politico tra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti persistette per molti anni e viene denominato con il termine di guerra fredda.



Da Chruščёv a Brežnev |






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Lo stesso argomento in dettaglio: storia dell'Unione Sovietica (1953-1985).

Dopo la morte di Stalin si scatenò una nuova lotta per il potere che vide Nikita Chruščёv come vincitore. Sotto la sua guida l'Unione Sovietica fu protagonista dell'appoggio al processo di liberazione delle nazioni africane e asiatiche dalla dominazione coloniale europea e americana, intervenendo ad esempio, nel 1956, a difesa dell'Egitto di Nasser, minacciato di aggressione militare da parte di Francia e Regno Unito per la sua decisione di nazionalizzare la Compagnia del Canale di Suez.


Uno dei momenti peggiori nelle relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica fu la crisi dei missili di Cuba, quando Chruščёv iniziò a installare missili nucleari a medio raggio in difesa dell'isola di Cuba, che aveva proclamato il carattere socialista della rivoluzione vittoriosa nel 1959 ed era stata attaccata nell'aprile 1961, con lo sbarco nella baia dei Porci delle forze contro-rivoluzionarie provenienti dal territorio statunitense su mandato dell'amministrazione americana. L'elevata tensione raggiunta tra le due potenze, che per giorni tenne il mondo sull'orlo della guerra atomica, si risolse in un accordo comprendente lo smantellamento delle postazioni missilistiche sovietiche in territorio cubano. Come contropartita l'Unione Sovietica ottenne l'impegno americano a non aggredire mai la Repubblica di Cuba e lo smantellamento dei missili statunitensi dispiegati da anni in Turchia. La parte dell'accordo concernente i missili statunitensi non venne all'epoca resa nota al pubblico.


Chruščёv, che per tutto il suo periodo al potere oscillò tra i poli opposti di una radicale "destalinizzazione" (conosciuta come distensione) e di una difesa del vecchio ordine (come nel caso dell'invasione dell'Ungheria nel 1956), fu rimosso nel 1964 da un blitz interno al partito, guidato da Leonid Brežnev, che prese il potere e governò fino alla morte nel 1982. Questo evento inaugurò quella che sarebbe stata conosciuta negli anni seguenti come "epoca della stagnazione".



Perestrojka e glasnost' |






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Lo stesso argomento in dettaglio: storia dell'Unione Sovietica (1985-1991), perestrojka e glasnost'.

Dopo la prematura scomparsa di Jurij Vladimirovič Andropov e il breve interregno di Konstantin Ustinovič Černenko – esponente della vecchia guardia del partito ed ex braccio destro di Breznev – negli anni ottanta il nuovo presidente Michail Gorbačëv riformò drasticamente il sistema politico sovietico con il suo programma detto glasnost.


Il complesso delle sue riforme politiche ed economiche, conosciuto con il nome di perestrojka ("ristrutturazione"), portò a forti alterazioni in direzione dell'autogestione della pianificazione centralizzata, con la conseguenza del rapido collasso dell'economia, di pesanti disfunzioni nelle filiere produttive. In politica estera la nuova direzione sovietica negoziò con gli Stati Uniti una riduzione degli armamenti, in un'ottica di riavvicinamento che avrebbe di lì a poco significato la fine del socialismo reale.


L'amministrazione Gorbačëv, con la cosiddetta "dottrina Sinatra", si propose d'instaurare un nuovo atteggiamento di "non ingerenza" verso gli altri Paesi socialisti dell'Europa orientale. Di fatto questa situazione permise una quasi immediata transizione politica che, tra la fine del 1989 e la prima metà del 1990, avrebbe portato al disfacimento del blocco orientale e alla transizione degli Stati che ne avevano fatto parte all'economia di mercato.


I Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), invasi da Stalin prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e annessi con la forza nel dopoguerra all'Unione Sovietica, videro prevalere al loro interno un forte senso di nazionalismo, che li avrebbe portati a richiedere e ottenere l'indipendenza, prima ancora che la stessa Unione Sovietica si sfaldasse. La Germania Est, dopo la caduta del Muro di Berlino, si staccò dall'influenza sovietica e, sulla spinta della direzione di Gorbačëv che aveva sostituito, con i buoni uffici di Mosca, Erich Honecker e la vecchia direzione della SED, nel 1990 venne unita alla Repubblica Federale.


Il 28 giugno 1991 venne dichiarato sciolto il Consiglio di mutua assistenza economica e il 1º luglio il patto di Varsavia; questi due eventi sancirono quantomeno simbolicamente la fine dell'influenza della Russia sovietica nell'Europa orientale e prelusero agli eventi del mese successivo.



Dissoluzione dell'Unione Sovietica |






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Lo stesso argomento in dettaglio: tentato colpo di Stato in Unione Sovietica e dissoluzione dell'Unione Sovietica.



L'ultimo presidente sovietico Michail Gorbačëv


Nell'agosto 1991 (fra il 19 e il 21) l'Unione Sovietica si dissolse dopo un fallito colpo di Stato, tentato da alcuni elementi dei vertici militari e dello Stato (Janaev, Jazov e altri), che osteggiavano la direzione verso cui Gorbačëv stava guidando la nazione e il nuovo patto federativo delle repubbliche sovietiche che doveva essere siglato dopo poche settimane.


Settori politici liberisti e filo-occidentali guidati da Boris Eltsin usarono il colpo di Stato come pretesto per mettere in un angolo Gorbačëv, bandendo il Partito Comunista e spezzando l'Unione Sovietica. L'8 dicembre 1991 i presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia firmarono a Belaveža il trattato che sanciva la dissoluzione dello Stato sovietico.


In seguito l'Unione Sovietica venne sciolta formalmente dal Soviet Supremo il 26 dicembre 1991.[26] Il giorno prima Gorbačëv aveva rassegnato le proprie dimissioni da presidente dell'Unione Sovietica. Il 1º gennaio 1992 la Russia ufficializzò l’indipendenza dall'URSS, decretandone la fine vera e propria.[27][28][29]


L'11 marzo 1990 la Lituania aveva dichiarato la propria indipendenza. La seguirono, nel corso del 1991, prima le repubbliche baltiche e poi le altre repubbliche sovietiche:



  • 9 aprile - Georgia

  • 20 agosto - Estonia

  • 21 agosto - Lettonia

  • 24 agosto - Russia e Ucraina

  • 25 agosto - Bielorussia

  • 27 agosto - Moldavia

  • 30 agosto - Azerbaigian

  • 1º settembre - Uzbekistan

  • 21 settembre - Armenia


L'eredità politica e militare dell'Unione Sovietica fu raccolta dalla Russia, tanto da subentrarle già nel 1991 nelle Nazioni Unite e nel suo Consiglio di sicurezza come membro permanente.



Politica |



Politica interna |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Organi costituzionali dell'Unione Sovietica.

Tutto il potere era detenuto dal popolo, che lo esercitava tramite i Soviet.[30] Essi potevano delegare secondo criteri di differenziazione del lavoro e delle funzioni, ma veniva rifiutato il principio della separazione dei poteri, tipico delle società borghesi in cui è necessario mediare i conflitti di classe.[31] I Soviet, da quelli centrali ai singoli Soviet territoriali, costituivano il sistema unitario degli organi del potere statale,[32] e la loro azione era diretta dal Partito Comunista attraverso le proprie apposite sezioni organizzate presso i Soviet di tutti i livelli.[33]


Tra il 1922 e il 1938 al vertice del sistema dei Soviet era collocato il Congresso dei Soviet dell'URSS, le cui funzioni, nei periodi fra una sessione e l'altra, erano esercitate dal Comitato esecutivo centrale (CEC) e dal suo Presidium.[34] Dopo l'approvazione della nuova Costituzione del 1936, venne istituito il Soviet Supremo dell'URSS. Suddiviso in due camere, una delle quali finalizzata alla tutela di tutte le nazionalità del Paese,[35] eleggeva al proprio interno il Presidium del Soviet Supremo.[36] Nel 1988, in fase di perestrojka, vennero istituiti come organi rappresentativi il Congresso dei deputati del popolo dell'URSS e quelli delle Repubbliche federate, che eleggevano al proprio interno il Soviet Supremo dell'URSS e delle singole Repubbliche. Nel marzo 1990 venne inoltre creata la figura del Presidente dell'Unione Sovietica.[37]


Le funzioni esecutive e amministrative erano delegate al Governo: fino al 1946 esso era organizzato nel Consiglio dei commissari del popolo (Sovnarkom) dell'URSS,[38] a cui facevano capo i Commissariati del popolo (Narkomat).[39] Successivamente, con legge costituzionale approvata dal Soviet Supremo dell'URSS, sia a livello centrale che repubblicano il Consiglio dei commissari del popolo venne riorganizzato in Consiglio dei ministri (Sovmin) e i Commissariati in Ministeri.[40]


Con la dissoluzione dell'Unione Sovietica gli organismi centrali cessarono la propria attività, mentre quelli di livello repubblicano furono successivamente soppressi o riorganizzati al livello dei nuovi stati indipendenti.[41]



Politica estera |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Relazioni bilaterali tra Vaticano e Unione Sovietica.


Personalità politiche a capo dell'Unione Sovietica |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Segretario generale del PCUS, Capi di Stato dell'Unione Sovietica e Capi del Governo dell'Unione Sovietica.


Segretari generali del PCUS (capi effettivi dell'Unione Sovietica) |




  1. Iosif Stalin (1922-1953)


  2. Georgij Malenkov (6 marzo 1953-14 marzo 1953)


  3. Nikita Chruščëv (1953-1964)


  4. Leonid Brežnev (1964-1982)


  5. Jurij Andropov (1982-1984)


  6. Konstantin Černenko (1984-1985)


  7. Michail Gorbačëv (1985-1991)



Presidenti del Presidium del Soviet Supremo |


La carica, che comportava funzioni di Capo dello Stato, fu soppressa nel 1989, sostituita da quella di Presidente del Soviet Supremo. Nel 1990 fu infine istituito il ruolo di Presidente dell'Unione Sovietica.




  1. Mikhail Kalinin (1938-18 marzo 1946)


  2. Nikolaj Svernik (1946-6 marzo 1953)


  3. Kliment Vorošilov (1953-1960)


  4. Leonid Brežnev (1960-1964)


  5. Anastas Mikojan (1964-1965)


  6. Nikolaj Podgornyj (1965-1977)


  7. Leonid Brežnev (1977-1982)


  8. Vasilij Kuznecov (1982-1983)


  9. Jurij Andropov (1983-9 febbraio 1984)


  10. Vasilij Kuznecov (1984)


  11. Konstantin Černenko (1984-1985)


  12. Andrej Gromyko (1985-1988)


  13. Michail Gorbačëv (1988-1989; poi Presidente del Soviet Supremo e Presidente dell'URSS)



Presidenti del Consiglio dei commissari del popolo |




  1. Lenin (30 dicembre 1922-21 gennaio 1924)


  2. Aleksej Rykov (1924-1930)


  3. Vjačeslav Molotov (1930-6 maggio 1941)


  4. Stalin (1941-1946)



Presidenti del Consiglio dei ministri |




  1. Stalin (1946-1953)


  2. Georgij Malenkov (16 marzo 1953-8 febbraio 1955)


  3. Nikolaj Bulganin (1955-1958)


  4. Nikita Chruščëv (1958-1964)


  5. Aleksej Kosygin (1964-1980)


  6. Nikolaj Tichonov (1980-1985)


  7. Nikolaj Ryžkov (1985-1991)


  8. Valentin Pavlov (14 gennaio-22 agosto 1991)


  9. Ivan Silaev (6 settembre-26 dicembre 1991)



Repubbliche |






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Lo stesso argomento in dettaglio: repubbliche dell'Unione Sovietica.

Mappa delle repubbliche sovietiche










  1. Flag of the Armenian Soviet Socialist Republic.svg RSS Armena


  2. Flag of the Azerbaijan Soviet Socialist Republic.svg RSS Azera


  3. Flag of the Byelorussian Soviet Socialist Republic.svg RSS Bielorussa


  4. Flag of the Estonian Soviet Socialist Republic.svg RSS Estone


  5. Flag of the Georgian Soviet Socialist Republic.svg RSS Georgiana






  1. Flag of the Kazakh Soviet Socialist Republic.svg RSS Kazaka

  2. Flag of Kyrgyz SSR.svg RSS Kirghiza

  3. Flag of Latvian SSR.svg RSS Lettone

  4. Flag of Lithuanian SSR.svg RSS Lituana

  5. Flag of Moldavian SSR.svg RSS Moldava






  1. Flag of the Russian Soviet Federative Socialist Republic.svg RSFS Russa

  2. Flag of Tajik SSR.svg RSS Tagika

  3. Flag of the Turkmen SSR.svg RSS Turkmena

  4. Flag of the Ukrainian Soviet Socialist Republic.svg RSS Ucraina

  5. Flag of the Uzbek SSR.svg RSS Uzbeka





Nei decenni finali della sua esistenza l'Unione Sovietica era costituita da quindici Repubbliche Socialiste Sovietiche (RSS). La tabella contiene l'evoluzione delle repubbliche sovietiche, gli Stati attuali e l'anno della loro adesione a organismi sovranazionali.


























































































































































































URSS Repubblica dell'Unione Sovietica
Stato attuale
CSI CSI

NATO NATO

Europa EU
EURASEC GUUAM
OSC

Flag of the Russian Soviet Federative Socialist Republic (1918–1937).svg
RSFS Russa

1922-1956

Flag of the Russian Soviet Federative Socialist Republic.svg
RSFS Russa

1956-1991

Russia
Russia

1991



2002


1996

Flag of the Karelo-Finnish SSR.svg
RSS Carelo-Finlandese

1940-1956

Flag of the Byelorussian Soviet Socialist Republic.svg
RSS Bielorussa
1922-1991
Bielorussia
Bielorussia
1991 2002

Flag of the Estonian Soviet Socialist Republic.svg
RSS Estone
1940-1941
1944-1991
per occupazione

Estonia
Estonia
2004 2004

Flag of Latvian SSR.svg
RSS Lettone
1940-1941
1944-1991
per occupazione

Lettonia
Lettonia
2004 2004

Flag of Lithuanian SSR.svg
RSS Lituana
1940-1941
1944-1991
per occupazione

Lituania
Lituania
2004 2004

Flag of Moldavian SSR.svg
RSS Moldava
1940-1991
Moldavia
Moldavia
1991 Oss. 1997

Flag of the Ukrainian Soviet Socialist Republic.svg
RSS Ucraina
1922-1991
Ucraina
Ucraina
1991-2014 Oss. 1997

Flag of Transcaucasian SFSR.svg
RSFS Transcaucasica
1922-1936

Flag of the Armenian Soviet Socialist Republic.svg
RSS Armena
1936-1991
Armenia
Armenia
1991 Oss.

Flag of the Azerbaijan Soviet Socialist Republic.svg
RSS Azera
1936-1991
Azerbaigian
Azerbaigian
1991 1997

Flag of the Georgian Soviet Socialist Republic.svg
RSS Georgiana
1936-1991
Georgia
Georgia
1993-2008 1997

Flag of the Kazakh Soviet Socialist Republic.svg
RSS Kazaka
1936-1991
Kazakistan
Kazakistan
1991 2002
1996

Flag of Kyrgyz SSR.svg
RSS Kirghiza
1936-1991
Kirghizistan
Kirghizistan
1991 2002
1996

Flag of Tajik SSR.svg
RSS Tagica
1929-1991
Tagikistan
Tagikistan
1991 2002
1996

Flag of the Turkmen SSR.svg
RSS Turkmena
1925-1991
Turkmenistan
Turkmenistan
1991-2005

Flag of the Uzbek SSR.svg
RSS Uzbeca
1925-1991
Uzbekistan
Uzbekistan
1991 1999-2005
2001



Geografia |


L'Unione Sovietica copriva l'area di quindici nazioni per una superficie totale di 22 402 200 chilometri quadrati (in totale circa un sesto delle terre emerse del pianeta) e si estendeva su undici fusi orari. I Paesi baltici erano stati occupati e annessi forzatamente nel 1940, più le annessioni della Carelia (precedentemente appartenente alla Finlandia), un quarto della Prussia orientale (precedentemente appartenente alla Germania), la metà orientale della precedente Polonia (annessa nel 1940 grazie al patto Molotov-Ribbentrop), la Moldavia orientale (precedentemente appartenente alla Romania), più l'estrema parte estremamente orientale della Cecoslovacchia (Galizia). Il territorio sovietico si estendeva per 5.571.000 km² in Europa e 16.831.000 km² in Asia. Nel periodo più recente, confinava con 12 stati, di cui sei stati europei: Norvegia, Finlandia, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e Romania; e sei stati asiatici: Turchia, Iran, Afghanistan, Cina, Mongolia e Corea del Nord. Il suo confine più ampio era quello con la Cina, più di 5900 km, mentre quello più piccolo era con la Corea del Nord, appena 22.1 km. Cina e Corea del Nord, erano i suoi confini asiatici e in assoluto più lunghi/corti. In Europa, il suo confine più ampio era quello con la Finlandia, 1.340 km, il più piccolo era con la Cecoslovacchia, 97 km.


L'Unione Sovietica era composta da quindici repubbliche e, con oltre 290 milioni di abitanti a fine anni ottanta, era un mosaico di popoli di oltre cento diverse nazionalità differenti tra loro per origine, storia, cultura, tradizioni e caratteristiche fisiche. Fra i tanti gruppi etnici appartenenti all'etnia dei bianchi e dei mongolidi predominava quello degli slavi, che raggruppava più del 75% della popolazione.



Economia |






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Lo stesso argomento in dettaglio: economia dell'Unione Sovietica.



Un rublo sovietico


L'Unione Sovietica fu la prima nazione a basare la sua economia sui principi del socialismo in cui lo Stato possedeva la maggior parte dei mezzi di produzione e l'agricoltura era collettivizzata.


Dai primi articoli della costituzione si ha un'idea precisa di come funzionava il sistema economico in Unione Sovietica:


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«ARTICOLO 4 - La base economica dell'Unione Sovietica è costituita dal comunismo allo stadio primario e dalla proprietà socialista degli strumenti e mezzi di produzione, affermatisi in seguito alla liquidazione del sistema capitalista, all'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e scambio e all'eliminazione dello sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo.


ARTICOLO 5 - La proprietà socialista nell'Unione Sovietica ha la forma di proprietà di Stato oppure la forma di proprietà cooperativa.


ARTICOLO 6 - La terra, il sottosuolo, le acque, i boschi, le officine, le fabbriche, le miniere, le cave, i trasporti ferroviari, acquei e aerei, le banche, i mezzi di comunicazione, le grandi aziende agricole organizzate dallo Stato e così pure le aziende comunali e la parte fondamentale del patrimonio edilizio nelle città e nei centri industriali sono proprietà dello Stato sovietico.


ARTICOLO 7 - Le aziende sociali dei kolchoz e delle organizzazioni cooperative, con le loro scorte vive e morte, la produzione fornita dai colcos e dalle organizzazioni cooperative, come pure i loro immobili sociali, sono proprietà socialista, dei kolchoz e delle organizzazioni cooperative. In conformità con lo statuto dell'artel agricolo, ogni famiglia appartenente a un kolchoz, oltre al provento fondamentale dell'economia collettiva del kolchoz, ha in godimento personale un piccolo appezzamento di terreno attinente alla casa e ha in proprietà personale l'impresa ausiliaria impiantata su tale appezzamento, la casa d'abitazione, bestiame produttivo, animali da cortile e l'attrezzamento agricolo minuto.


ARTICOLO 8 - La terra occupata dai kolchoz viene loro attribuita in godimento gratuito e per una durata illimitata, cioè in perpetuo.


ARTICOLO 9 - Accanto al sistema socialista dell'economia, che è la forma economica dominante nell'Unione Sovietica, è ammessa dalla legge la piccola azienda privata dei contadini non associati e degli artigiani, fondata sul lavoro personale, escludente lo sfruttamento del lavoro altrui.


ARTICOLO 10 - Il diritto di proprietà personale dei cittadini sui proventi del loro lavoro e sui loro risparmi, sulla casa di abitazione e sull'impresa domestica ausiliaria, sugli oggetti dell'economia domestica e di uso quotidiano, sugli oggetti di consumo e di comodo personale, come pure il diritto di eredità della proprietà personale dei cittadini – sono tutelati dalla legge.


ARTICOLO 11 - La vita economica dell'Unione Sovietica viene determinata e diretta da un piano statale dell'economia nazionale, allo scopo di aumentare la ricchezza sociale, di elevare costantemente il livello di vita materiale e culturale dei lavoratori, di consolidare l'indipendenza dell'Unione Sovietica e di rafforzare la sua capacità di difesa.»


(Dalla Costituzione dell'Unione Sovietica)


Demografia |






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Lo stesso argomento in dettaglio: demografia dell'Unione Sovietica e Censimento dell'Unione Sovietica del 1970.



Popolazione dell'Unione Sovietica (in rosso) e degli Stati post-sovietici (in blu) dal 1961 al 2009


L'Unione Sovietica fu una delle nazioni più diversificate del mondo dal punto di vista etnico, con oltre cento distinte etnie nazionali che vivevano all'interno dei suoi confini. La popolazione totale venne stimata a 293 milioni nel 1991. Secondo una stima del 1990, la maggioranza degli abitanti erano etnicamente Russi (50,78%), seguiti dagli Ucraini (15,45%) e dagli Uzbechi (5,84%).[42]
L'Unione Sovietica era talmente estesa che anche dopo che tutte le sue repubbliche ottennero l'indipendenza la Russia rimase la più grande nazione per superficie ed è ancora abbastanza differenziata dal punto di vista etnico, comprendendo ad esempio minoranze di tatari, udmurti e molte altre etnie non russe.[43]











































































































































Repubblica Popolazione della Repubblica 1979 1989 % pop. urbana 1979 Titolari di nazionalità (1989)
Russi (1989)
Unione Sovietica 262.436.000 286.717.000 67 - 51,4
RSFS Russa 137.551.000 147.386.000 74 81,3 81,3
RSS Ucraina 49.755.000 51.704.000 68 72,7 22,1
RSS Bielorussa 9.560.000 10.200.000 67 77,9 13,2
RSS Moldava 3.947.000 4.341.000 47 64,5 13,0
RSS Azera 6.028.000 7.029.000 54 82,7 5,6
RSS Georgiana 5.015.000 5.449.000 57 70,1 6,3
RSS Armena 3.031.000 3.283.000 68 93,3 1,6
RSS Uzbeka 15.391.000 19.906.000 42 71,4 8,3
RSS Kazaka 14.685.000 16.538.000 57 39,7 37,8
RSS Tagika 3.801.000 5.112.000 33 62,3 7,6
RSS Kirghiza 3.529.000 4.291.000 38 52,4 21,5
RSS Turkmena 2.759.000 3.534.000 45 72,0 9,5
RSS Lituana 3.398.000 3.690.000 68 79,6 9,4
RSS Lettone 2.521.000 2.681.000 72 52,0 34,0
RSS Estone 1.466.000 1.573.000 72 61,5 30,3


Religione |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Religione in Unione Sovietica e Repressione della Chiesa ortodossa in Unione Sovietica.








«Allo scopo di assicurare ai cittadini la libertà di coscienza, la Chiesa nell'U.R.S.S. è separata dallo Stato e la scuola dalla Chiesa. La libertà di praticare i culti religiosi e la libertà di propaganda antireligiosa sono riconosciute a tutti i cittadini.»


(Costituzione sovietica del 1936, Articolo 134)

La separazione tra Stato e Chiesa venne decisa nel territorio dell'Unione Sovietica il 23 gennaio 1918 dai soviet, poco dopo la fine della rivoluzione russa.[44][45] Lo Stato divenne laico e ufficiosamente ateo, sostenendo l'ateismo di Stato,[46] anche se ciò non venne mai sancito esplicitamente nelle Costituzioni, che si limitavano a nominare la religione solo affermando la divisione netta tra Chiesa e Stato e la libertà di culto e coscienza;[45] l'ateismo di Stato venne attuato in forma di politica governativa anticlericale e antireligiosa, dal punto di vista pratico e culturale, tramite leggi ordinarie e propaganda.[47][48][49][50][51]



La religiosità venne ridotta a semplice scelta privata, secondo l'ideologia di Lenin e del marxismo, da considerare lecita, ma da scoraggiare al di fuori della sfera personale[52]:









«La religione dev'essere dichiarata un affare privato.»


(Vladimir Lenin[53])

La Chiesa ortodossa russa fu costretta a rinunciare a tutti i privilegi, come l'esenzione dalle tasse e dal servizio militare per i sacerdoti e i monaci; e per un certo periodo venne anche perseguitata.[49] Con la Costituzione sovietica del 1918, emanata per la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e poi estesa alle altre repubbliche federate, venne permesso di svolgere formalmente "propaganda religiosa e non-religiosa",[45] anche se svolgere attiva propaganda di religione o di idee ritenute "superstizioni" in luogo o edificio pubblico (come la propaganda religiosa nelle scuole, l'esposizione di immagini religiose nei luoghi di lavoro e le processioni) poteva essere sanzionato con multe, reclusione o lavori forzati fino a un anno.[47] Di contrasto chi ostacolava lo svolgimento di riti religiosi autorizzati poteva anche essere punito con sei mesi di lavori forzati.[54] Queste pene, come quelle per altri reati che prevedevano un periodo breve, non venivano scontate tramite deportazione in gulag, campo di lavoro forzato o colonie, o con la detenzione in carcere; il condannato poteva avere la libertà condizionale; altrimenti restava al suo posto di lavoro, venendo talvolta trasferito ad altro ente, con stipendio o salario ridotto sensibilmente e in alternativa doveva svolgere lavori aggiuntivi senza essere pagato (cosiddetto lavoro forzato "senza scorta").[55]


Coloro i quali non svolgevano lavori socialmente utili (non solo ecclesiastici, ma anche ex agenti zaristi, privati, ad eccezione di artigiani e contadini dei kolchoz)[56] venivano esclusi dal voto e non pagati,[56] restrizione poi eliminata nel 1936.[57] Quindi questi ultimi, una volta esaurite le risorse di cui erano dotati, dovettero svolgere un altro lavoro per sostentarsi, secondo il principio "chi non lavora non mangia".[58]


Venne introdotto il matrimonio civile e negata validità legale a quello religioso,[59] vennero distrutte alcune chiese che occupavano suolo pubblico,[60] altre vennero convertite in uffici e musei pubblici[61] e vennero inoltre abolite tutte le feste religiose come ad esempio il Natale o lo Yom Kippur ebraico.[62]




Demolizione della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, nel 1931.


Con Stalin il processo antireligioso dello Stato fu completato: la Costituzione sovietica del 1924 non conteneva esplicitamente norme sulla religione, in quanto era stata votata come integrazione per sancire la nascita dell'unione federale delle repubbliche come Unione Sovietica,[63] mentre per quanto riguarda i diritti e doveri dei cittadini restò in vigore la relativa parte della Costituzione del 1918. Infine solo in alcune località remote venne concesso di svolgere cerimonie religiose. Secondo fonti ortodosse nel 1917 erano attive circa 80.000 chiese,[64] mentre è stato calcolato che erano circa 20.000 nel 1954 e 10.000 nel 1965.[65] La Costituzione sovietica del 1936 sancì la libertà di culto privato e di praticare la religione, ma autorizzò esplicitamente solo la propaganda antireligiosa, ribadendo nuovamente la netta divisione tra Chiesa e Stato.[66] Restarono valide le normative penali del 1922 contro le "superstizioni religiose" diffuse in pubblico.[47]


Nel 1927 venne approvato l'articolo 58 del codice penale che sanciva, tra l'altro, che svolgere propaganda religiosa in tempo di guerra o crisi, se considerato fatto con lo scopo preciso di abbattere il regime comunista o danneggiare direttamente o indirettamente lo Stato, poteva essere punito anche con la pena di morte.[67]


Durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, Stalin diede una tregua alla campagna antireligiosa e chiese al patriarca Sergio I di Mosca (in seguito a un incontro avvenuto tra i due) di supportare moralmente i soldati al fronte contro i nazisti. Nello stesso periodo Sergio I rientrò a Mosca e morì nel 1944. Stalin concesse poi alla Chiesa ortodossa la possibilità di celebrare funzioni religiose, ma solo all'interno delle chiese autorizzate e nel privato.[68] Con Nikita Khruščёv ripresero le misure più restrittive verso la Chiesa e si riprese anche la propaganda attiva dell'ateismo di Stato dopo la tregua iniziata nel 1943 e durata sino al 1954.[69]


Soltanto negli anni ottanta, dopo la continuazione della politica antireligiosa dei governi Breznev, Andropov e Cernenko,[70] vi fu una nuova tregua nella lotta attiva contro la religione, a partire dall'ascesa al potere di Michail Gorbačëv.[71] La situazione di tolleranza pratica perdurò fino al 1990, quando Gorbačëv permise la libera propaganda religiosa e instaurò la libertà di culto in via ufficiale, al posto dell'ateismo di Stato.[72]


Il governo sovietico istituì inoltre l'Istituto per l'ateismo scientifico di Leningrado, che durò fino allo scioglimento dell'Unione Sovietica nel 1991.[73] Dal 1922 al 1947 esistette in URSS un'organizzazione atea ed antireligiosa sotto l'influenza ideologica, culturale e politica del PCUS, la cosiddetta Lega degli atei militanti.


Tutti gli Stati del blocco orientale e in generale tutti i paesi comunisti seguiranno questa linea politica sull'ateismo di Stato nella pratica e con una forte laicità costituzionale ma che permetteva il culto entro certi limiti, tranne la Repubblica Democratica Tedesca (dove non c'era una politica ufficiale antireligiosa, ma solo una decisa difesa della laicità), e l'Albania di Enver Hoxha, che invece inserì l'ateismo di Stato nella propria Costituzione, vietando anche il culto privato.



Legislazione su matrimonio, aborto, eutanasia e omosessualità |


Nell'Unione Sovietica vennero introdotti il divorzio (1º dicembre 1917)[74] e l'aborto nel 1920 (reso molto più difficile da Stalin nel 1935, poi reintrodotto nel 1955)[75] e negata la validità del matrimonio religioso (dicembre 1917).[59] In relazione alle pene sostanzialmente basse, rispetto ai reati politici, per il reato omicidio volontario, l'omicidio del consenziente effettuato «per compassione» era depenalizzato e non punibile, legalizzando nei fatti l'eutanasia e il suicidio assistito.[76] L'omosessualità, depenalizzata subito dopo la rivoluzione, tornò illegale a partire dal 1933.



Cultura |






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Lo stesso argomento in dettaglio: cinema russo e Grande enciclopedia sovietica.

La cultura in Unione Sovietica fu influenzata in modo significativo dalle varie fasi politiche che il Paese attraversò nei circa settant'anni della propria esistenza. Durante il decennio che seguì la rivoluzione d'ottobre prevalse un clima di libertà espressiva in campo artistico e culturale e l'esplicito incoraggiamento da parte di Lenin all'accesso alla cultura da parte delle masse operaie e contadine che fino ad allora ne erano state escluse.


Il governo in questi primi anni permise o incoraggiò la nascita di varie correnti artistiche sia sperimentali sia di stampo più tradizionale, all'interno delle quali emersero personaggi di spicco quali Maksim Gorky o Vladimir Mayakovsky. Anche il cinema beneficiò dell'appoggio statale in quanto veniva considerato un mezzo di comunicazione in grado di influenzare profondamente la società, al tempo ancora in larga parte analfabeta. Molti dei capolavori del regista Sergej Ėjzenštejn risalgono a questo periodo.


Più tardi, durante il periodo di Stalin, la cultura sovietica fu caratterizzata da una maggiore uniformità imposta dall'alto e il classicismo socialista divenne l'elemento stilistico dominante in vari campi artistici ed espressivi. Molti intellettuali dissidenti furono uccisi o incarcerati.[77] Tra i progetti culturali più ambiziosi nati in quei decenni va ricordata la Grande enciclopedia sovietica, la cui prima edizione fu completata tra il 1926 e il 1947.


Con l'avvento alla guida del Paese di Khrushov nei tardi anni cinquanta la censura fu allentata e progressivamente il conformismo perse terreno lasciando emergere una certa pluralità di correnti artistiche e letterarie e autori che, come ad esempio Yury Trifonov, erano concentrati più sulla vita quotidiana che sull'edificazione del socialismo. Un fenomeno tipico dell'Unione Sovietica di quegli anni fu lo sviluppo di una letteratura dissidente che si esprimeva tramite riviste clandestine conosciute come samizdat. In campo architettonico nell'era Khrushoviana si passò dal precedente stile sovraccarico di decorazioni alla realizzazione di edifici più sobri e funzionali. Nella seconda metà degli anni ottanta la politica della perestroika e la glasnost portarono infine a una significativa espansione della libertà di espressione anche sulla stampa e sugli altri mezzi di comunicazione di massa.[78]



Scienza e tecnologia |




Il primo satellite artificiale sovietico, lo Sputnik 1


L'Unione Sovietica possedeva un ben organizzato sistema educativo. Molti furono gli scienziati formatisi negli istituti universitari statali e sedici cittadini sovietici furono nel corso degli anni insigniti del premio Nobel.


Nel 1957 l'Unione Sovietica realizzò e mise in orbita il primo satellite artificiale nella storia dell'umanità: lo Sputnik 1. Nel 1961 il sovietico Jurij Gagarin fu il primo uomo nello spazio. L'Unione Sovietica vantava anche un moderno esercito, anche se spesso carente di fondi. Le unità antiaeree e corazzate probabilmente erano tecnologicamente superiori a quelle statunitensi nella seconda metà della guerra fredda. Negli anni ottanta l'Unione Sovietica mise in orbita la prima vera e propria stazione spaziale a lunga durata: la MIR, che in russo significa sia "mondo", sia "pace". La MIR era stata progettata per durare massimo cinque anni, ma nonostante i carenti fondi e le mille difficoltà la MIR rimase in orbita per quindici anni. Gli ICBM sovietici (come quelli russi oggi) erano i più potenti e potevano coprire distanze maggiori di qualsiasi altro missile.


Nel campo delle tecnologie edilizie e dell'ingegneria civile il Paese ebbe per alcuni decenni un ruolo di primo piano; ad esempio l'edificio principale dell'Università statale di Mosca, inaugurato nel 1953, fu per molto tempo il grattacielo più alto al di fuori dell'area di New York[79] e mantenne il primato di edificio più alto d'Europa fino al 1991, anno in cui fu completata la Messeturm di Francoforte.


L'Unione Sovietica fu a lungo all'avanguardia anche nello sfruttamento civile dell'energia nucleare e varò nel 1957 la prima nave di superficie a propulsione atomica, il rompighiaccio Lenin. Come in altri campi della scienza e della tecnologia anche in quello nucleare il declino economico dell'Unione Sovietica provocò ritardi e malfunzionamenti che culminarono, almeno a livello mediatico, nel disastro di Černobyl' del 1986.



Festività |

























































Data Nome italiano Nome locale Note
1º gennaio

Capodanno
Новый Год
 
23 febbraio
Giorno dell'esercito sovietico
День Советской Армии и Военно-Морского Флота
Inizio della rivoluzione di febbraio 1917 (secondo il calendario giuliano)
Costituzione dell'Armata Rossa nel 1918
8 marzo

Giornata Internazionale della Donna
Международный Женский День
Marcia delle donne di Pietrogrado che sancì l'inizio della rivoluzione di febbraio (secondo il calendario gregoriano)
12 aprile

Giorno del primo volo nello spazio
День Космонавтики
Giorno in cui Jurij Gagarin fece il primo volo nello spazio
1º maggio

Festa del lavoro
Первое Мая - День Солидарности Трудящихся
 
9 maggio

Giorno della vittoria
День Победы
Capitolazione della Germania Nazista nel 1945
7 ottobre

Giorno della Costituzione dell'URSS
День Конституции СССР
Proclamazione della nuova Costituzione sovietica nel 1977
7 e 8 novembre
Festa della grande rivoluzione socialista di ottobre
Седьмое Ноября
La rivoluzione d'ottobre del 1917 (novembre per il calendario gregoriano)
Viene attualmente chiamata День Примирения ("giorno della riconciliazione")


La moda nell'Unione Sovietica |


Sin dalla Rivoluzione d'Ottobre del 1919, il rapporto dell'Unione Sovietica con il concetto di moda fu molto altalenante. Secondo l'ideologia del regime la moda era infatti vista come una pratica intrinsecamente capitalista, e per questo motivo da dover osteggiare a livello politico ed economico. La moda infatti, se intesa in senso occidentale, era uno dei mezzi utilizzati per dichiarare agli altri il proprio status sociale, ed enfatizzava quindi le differenze di classe,[80]


Ciononostante, anche il regime sovietico decise di utilizzare la moda come uno dei molti canali di indottrinamento: già a partire dagli anni '20 del XX secolo, ad esempio, alcune riviste russe iniziarono a parlare di un nuovo tipo di moda femminile, riservato alla nascente classe delle donne-operaie. Per loro, il Partito aveva pensato a delle nuove linee di abbigliamento, molto più pratiche ed utili al lavoro rispetto a quelle pubblicizzate negli stati capitalisti. Sempre in questo periodo, lo Stato commissionò numerosi progetti per lo sviluppo di un nuovo tipo di "abbigliamento tipico sovietico", che oltre a richiamare l'abbigliamento tradizionale russo doveva mescolarsi con le nuove forme squadrate dell'ideologia costruttivista[81]. Molti stilisti russi iniziarono quindi a disegnare degli abiti ispirandosi alla semplicità delle forme geometriche, spesso derivate dal cubismo, che si contraddistinsero per la loro alta funzionalità e la possibilità di essere riprodotti facilmente su scala industriale. Tuttavia, anche a causa della cronica mancanza di tessuti di buona qualità, la classe operaia sovietica non fu mai molto attratta da queste nuove linee d'abbigliamento e continuò, per tutto il decennio degli anni '20, ad indossare quasi esclusivamente abiti tradizionali[82].



L'epoca di Stalin (1930 - 1950) |


Durante l'era staliniana, il sentimento di avversione alla moda lentamente si dissipò. Gli stessi giornali che un decennio prima osteggiavano le pratiche modaiole ora sostenevano che la bellezza e l'abbigliamento sono una parte fondamentale della vita delle donne sovietiche. Si iniziarono nuovamente a vedere delle insegne pubblicitarie per le strade, e le riviste scrivevano delle nuove case di moda che si aprivano sul territorio sovietico[83]. Alcune case di moda organizzavano ciclicamente delle gite nelle campagne, al fine di mostrare alle contadine le nuove collezioni pensate per loro. Questo nuovo interesse verso la moda era sospinta, tra le altre cose, dall'affermazione di Stalin secondo cui: "La vita in Unione sovietica è diventata migliore e più allegra"[84].


Nelle affissioni della propaganda divennero sempre più persistenti immagini di donne in aperta campagna e di uomini in abiti da lavoro, con cui si tentava di dimostrare che l'asserzione capitalista - secondo cui il socialismo genera povertà diffusa - era una menzogna. Per questo motivo, mostrare abiti alla moda era il segnale di una cultura ed una qualità della vita uguale (o addirittura superiore) a quella dei paesi capitalisti. Dall'altro lato la retorica socialista imponeva ad esempio ai lavoratori, che annualmente venivano premiati dal Partito, di indossare durante la cerimonia gli stessi abiti che indossavano quotidianamente durante le ore di lavoro.


Tuttavia, la moda sovietica era più sulla carte che nei grandi magazzini: l'industria era difatti incapace di realizzare abiti alla moda in quantità significative, e quelli che venivano prodotti non potevano essere venduti ad un prezzo accettabile per il cittadino medio. Durante la seconda guerra mondiale la produzione raggiunse il proprio minimo storico, e numerosi cittadini tornarono a commissionare a dei privati i propri abiti, piuttosto che attendere per mesi quelli forniti dal Governo centrale[85].



Note |




  1. ^ Dopo la morte di Lenin nel 1924, il vero potere nell'Unione Sovietica era detenuto dal Politburo, all'interno del quale la posizione chiave era quella di segretario generale.


  2. ^ Successore legale dell'Unione Sovietica.


  3. ^ Tutti e tre i primati sono detenuti, dopo il 1991, dalla Russia che è subentrata all'Unione Sovietica in tutti i rapporti pubblici, diplomatici, internazionali e sportivi


  4. ^ Boffa, pp. 48-52.


  5. ^ Boffa, pp. 54-55.


  6. ^ Orlov et al., p. 333.


  7. ^ Boffa, p. 56.


  8. ^ Boffa, p. 59.


  9. ^ Boffa, pp. 58-60.


  10. ^ Boffa, pp. 62-64.


  11. ^ Reed, p. 145.


  12. ^ Orlov et al., pp. 336-337.


  13. ^ Boffa, pp. 68-72.


  14. ^ Sergej Melgunov, Il Terrore Rosso 1918-1923, Jaca Book, 2010.


  15. ^ N. Bucharin, Sulla teoria della rivoluzione permanente, in AA.VV. La "rivoluzione permanente" e il socialismo in un paese solo Editori Riuniti, Roma, 1970.


  16. ^ J. Ellenstein, Histoire de l'URSS, Parigi, Editions Sociales 1973, t. II, p. 170 e segg. e 224 e segg.


  17. ^ A. Glucksmann, La cuoca e il mangia-uomini: sui rapporti tra Stato, marxismo e campi di concentramento, Milano, L'erba voglio, 1977


  18. ^ M. Voslensky, La nomenklatura. La classe dominante in Unione Sovietica, Longanesi, Milano, 1980


  19. ^ William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 573


  20. ^ William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 586.


  21. ^ abWilliam L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 587.


  22. ^ William L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1963, p. 948.


  23. ^ (EN) Winston Churchill, The second World War, London, Cassel & Company Ltd, 1964: vol. 6 (War comes to America), pp. 84-89; ibidem, vol. 8 (Victory in Africa), pp. 312-313; ibidem, vol. 12 (Triumph and Tragedy), pp. 191-192.


  24. ^ Martin Gilbert, La grande storia della seconda guerra mondialenell'anno=1989, p. 818, ISBN 978-88-04-51434-3.


  25. ^ AA.VV., La seconda guerra mondiale, II, Verona, Mondadori, 2010, p. 292.


  26. ^ [1]


  27. ^ [2]


  28. ^ [3]


  29. ^ [4]


  30. ^ Costituzione dell'URSS 1977, art. 2.


  31. ^ Meissner, pp. 205-206.


  32. ^ Costituzione dell'URSS 1977, art. 89.


  33. ^ Gimpel'son, p. 48.


  34. ^ Costituzione dell'URSS 1924, artt. 8 e 29.


  35. ^ Costituzione dell'URSS 1936, artt. 30-33.


  36. ^ Costituzione dell'URSS 1936, art. 48.


  37. ^ Orlov et al., p. 456.


  38. ^ Costituzione dell'URSS 1924, art. 37.


  39. ^ Costituzione dell'URSS 1924, art. 49.


  40. ^ Legge dell'URSS del 15 marzo 1946.


  41. ^ Orlov et al., pp. 470-471.


  42. ^ (EN) Central Intelligence Agency, Soviet Union – People, in The World Factbook, 1991. URL consultato il 25 ottobre 2010.


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  44. ^ URSS: dibattito nella comunità cristiana: Quattordici documenti dei cristiani sovietici, su books.google.it.: «È noto che il 23 gennaio 1918 venne promulgato il decreto del Governo Sovietico [...] che riconosce il fatto dell'esistenza autonoma della Chiesa ortodossa nel nostro Paese».


  45. ^ abcart. 13, Costituzione sovietica del 1918, art. 124, Costituzione del 1936


  46. ^ David Kowalewski, Protest for Religious Rights in the USSR: Characteristics and Consequences, su jstor.org. URL consultato il 24 febbraio 2014.


  47. ^ abcart. 119-124, Codice penale russo del 1922, riportato qui


  48. ^ Anti-religious Campaigns, loc.gov. URL consultato il 3 maggio 2014.


  49. ^ ab The Russian Orthodox Church - Library of Congress
    [collegamento interrotto], su countrystudies.us. URL consultato il 24 febbraio 2014.



  50. ^ Sabrina Petra Ramet, (Ed) (1993). Religious Policy in the Soviet Union. Cambridge University Press. p. 4.


  51. ^ John Anderson (1994). Religion, State and Politics in the Soviet Union and Successor States. Cambridge, England: Cambridge University Press. p. 3. ISBN 0-521-46784-5.


  52. ^ Vladimir Lenin, L'atteggiamento del partito operaio verso la religione, pubblicato su Proletari [Il proletario], n. 45, 26 (13) maggio 1909, riportato in: Lenin, Opere complete, IV ediz., vol. 15, pp. 371-381; testo dell'articolo consultabile qui Archiviato il 28 febbraio 2014 in Internet Archive.


  53. ^ In AA. VV., La religione nell'URSS, Feltrinelli, prima edizione, a cura di Alessandro Bausani, prefazione di Ernesto de Martino, introduzione di A. Usakowski, nota del traduttore. pp. XXII-418, Milano; Nota introduttiva


  54. ^ Articolo 125 C.P.


  55. ^ Articolo 35 del Codice penale della RSFSR del 1922


  56. ^ abart. 64, Cost. 1918


  57. ^ Art. 135, Costituzione sovietica del 1936


  58. ^ Art. 18 Cost. 1918, ribadito nell'art. 12 del 1936.


  59. ^ abDecreti del 18 (31) dicembre 1917 e del 23 gennaio 1918: «Viene riconosciuto soltanto il matrimonio contratto presso gli organi dello stato civile. Il rito religioso del matrimonio, come pure gli altri atti religiosi, non hanno valore giuridico», citato in: Giovanni Codevilla, Dalla rivoluzione bolscevica alla Federazione Russa: traduzione e commento dei primi atti normativi e dei testi costituzionali, ed. Franco Angeli, 1996, pag. 262.


  60. ^ La cattedrale di Cristo Salvatore, su minube.it.


  61. ^ Paweł Malecha, Edifici di culto nella legislazione canonica: studio sulle chiese-edifici, 2002, pag. 61


  62. ^ Marco Messeri, I crimini del comunismo, su necropolisgulag.altervista.org. URL consultato il 24 febbraio 2014.


  63. ^ Cfr. il testo della Costituzione.


  64. ^ Storia della chiesa ortodossa russa, su orthodoxworld.ru. URL consultato il 24 febbraio 2014 (archiviato dall'url originale il 10 novembre 2013).


  65. ^ Bohdan Nahaylo & Victor Swoboda (1990). Soviet Disunion: A History of the Nationalities Problem in the USSR. London: Hamish Hamilton. p. 144. ISBN 0-02-922401-2.


  66. ^ Art. 124, Cost. 1936; articolo che riprende comunque, sostanzialmente, quello della Cost. del 1918.


  67. ^ Articolo 58 del Codice penale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, comma 58-10 - «propaganda controrivoluzionaria o agitazione (ovvero propaganda o agitazione con incitamento a sovvertire, minare, indebolire lo stato o a compiere le attività controrivoluzionarie indicate negli altri articoli o distribuzione o preparazione di scritti che contengono tali incitamenti): almeno 6 mesi di prigione. In caso di guerra, stato d'emergenza o con sfruttamento di pregiudizi religiosi o nazionalisti: fino alla pena di morte con confisca dei beni».


  68. ^ Stalin e la Chiesa ortodossa durante la seconda guerra mondiale, su instoria.it. URL consultato il 24 febbraio 2014.


  69. ^ Ma Alessio II denuncia la Chiesa di Roma, in la Repubblica, 17 aprile 2003. URL consultato il 24 febbraio 2014.


  70. ^ Gli ortodossi che sfidarono Stalin e l'URSS, in la Repubblica, 20 settembre 1999. URL consultato il 24 febbraio 2014.


  71. ^ Gorbaciov si allea con la Chiesa, in la Repubblica, 30 aprile 1988. URL consultato il 24 febbraio 2014.


  72. ^ Con Gorbaciov un'era di libertà per i fedeli russi, in la Repubblica, 27 aprile 1988. URL consultato il 24 febbraio 2014.


  73. ^ (EN) James Thrower, Marxist-Leninist "scientific Atheism" and the Study of Religion and Atheism in the USSR, su books.google.it.


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  76. ^ Art. 143, C. P.


  77. ^ Donald Rayfield, Stalin and His Hangmen: An Authoritative Portrait of a Tyrant and Those Who Served Him, Viking Press, 2004, pp. 317-320, ISBN 978-0-375-75771-6.


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  79. ^ Moscow State University, scheda su www.emporis.com, su emporis.com. URL consultato il 16 luglio 2012.


  80. ^ Djurdja Barlett, FashionEast, MITPress, p. 13.


  81. ^ FashionEast, MITPress, p. 13.


  82. ^ D. Barlett, FashionEast, MITPress, p. 26.


  83. ^ L. Attwood, Creating the New Soviet Woman, p. 164.


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Bibliografia |



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  • (RU) Zakon SSSR ot 15.03.1946 o preobrazovanii Sovnarkomov v Sovminy. URL consultato il 20 febbraio 2017.



Voci correlate |




  • Antisovietismo

  • Armata Rossa

  • Bolscevismo

  • Capitalismo di stato

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  • Occupazione sovietica delle repubbliche baltiche

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