Bramante




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Donato Bramante


Donato "Donnino" di Angelo di Pascuccio, detto il Bramante (Fermignano, 1444[1] – Roma, 11 aprile 1514[2]), è stato un architetto e pittore italiano, tra i maggiori artisti del Rinascimento.
Formatosi a Urbino, uno dei centri della cultura italiana del XV secolo, fu attivo dapprima a Milano, condizionando lo sviluppo del rinascimento lombardo, quindi a Roma, dove progettò la basilica di San Pietro. In qualità di architetto, fu la personalità di maggior rilievo nel passaggio tra il XV e il XVI secolo e nel maturare del classicismo cinquecentesco, tanto che la sua opera è confrontata dai contemporanei all'architettura delle vestigia romane[3] e lui considerato "inventore luce della buona e vera Architettura".[4]




Indice






  • 1 Biografia e opere


    • 1.1 Gli anni della formazione


    • 1.2 A Urbino


    • 1.3 A Milano


      • 1.3.1 L'incisione Prevedari


      • 1.3.2 Attività pittorica


      • 1.3.3 I contatti culturali con Leonardo e con la corte


      • 1.3.4 Santa Maria presso San Satiro (1482-1486)


      • 1.3.5 Trasformazione di Sant'Ambrogio (1492-1500)


      • 1.3.6 Tribuna di Santa Maria delle Grazie (1463-1490)




    • 1.4 Altre opere lombarde


      • 1.4.1 Pavia


      • 1.4.2 Vigevano




    • 1.5 A Roma


      • 1.5.1 Chiostro di Santa Maria della Pace (1500-1504)


      • 1.5.2 Tempietto di San Pietro in Montorio (1502)


      • 1.5.3 Progetto per la nuova Basilica di San Pietro


      • 1.5.4 Cortile del Belvedere


      • 1.5.5 Palazzo Caprini (distrutto)


      • 1.5.6 Altre opere a Roma




    • 1.6 Altre opere nei possedimenti papali


      • 1.6.1 Fortificazioni


      • 1.6.2 Loreto




    • 1.7 Altri progetti


      • 1.7.1 Chiesa parrocchiale di Roccaverano


      • 1.7.2 Chiostro di Montecassino


      • 1.7.3 Cappella del Succorpo a Napoli






  • 2 Note


  • 3 Bibliografia


  • 4 Voci correlate


  • 5 Altri progetti





Biografia e opere |



Gli anni della formazione |




Incisione di strada di città ideale, attribuito a Bramante


Secondo recenti studi Bramante sarebbe nato a Monte Asdrualdo nel 1444 (oggi Fermignano)[5], ma il Vasari ne attesta la nascita in Casteldurante[6] (l'odierna Urbania), nei pressi di Urbino da madre urbinate e padre toscano; si formò artisticamente nella città dei Montefeltro. Il periodo della formazione e la prima attività di Bramante non è documentata. Quasi sicuramente fino al 1476 restò ad Urbino, dove probabilmente fu allievo di fra Carnevale[7] e divenne pittore "prospectivo", cioè specializzato nella costruzione geometrica di uno spazio per lo più architettonico quale sfondo di una scena dipinta. Probabilmente fu anche allievo ed aiuto di Piero della Francesca e conobbe Melozzo da Forlì che influenzarono poi la sua attività pittorica.[8]. Nell'ambiente urbinate sicuramente conobbe Luca Signorelli, Perugino, Giovanni Santi, Pinturicchio e Francesco di Giorgio Martini di cui probabilmente divenne collaboratore e da cui apprese molto nell'arte dell'architettura,[9].
Forse a seguito di viaggi che infine lo porteranno in Lombardia, entrò in contatto anche con le opere di Mantegna[10] e di Leon Battista Alberti, nonché con le produzioni artistiche di centri come Perugia[9], Ferrara, Venezia[11], Mantova e Padova.



A Urbino |




Bramante, frammento di affresco, Eraclito e Democrito, Pinacoteca di Brera


Dunque poco si conosce della sua attività artistica nel periodo giovanile urbinate, con attribuzioni molto problematiche. È probabile che abbia lavorato nel cantiere del Palazzo Ducale di Federico da Montefeltro progettato da Luciano Laurana, e forse alla Chiesa di San Bernardino degli Zoccolanti, posta poco fuori della cinta muraria cittadina, voluta del duca Federico III e destinata a diventare il mausoleo dei Montefeltro. Ospita infatti le tombe di Federico III e Guidobaldo I Duchi d'Urbino.
Tuttavia, attualmente prevale l'attribuzione a Francesco di Giorgio Martini, anche se è ritenuta possibile una collaborazione diretta del giovane Bramante, quantomeno nella fase realizzativa del Mausoleo.[12]


Gli è stata autorevolmente attribuita una Flagellazione posta nell'Oratorio dei Disciplinati di San Francesco a Perugia[13], oggi giustamente restituita a Pietro di Galeotto. Una sua, improbabile, collaborazione è ipotizzata anche per la Cappella del Perdono[14], posta all'interno del Palazzo Ducale.



A Milano |




Particolare degli affreschi di Bramante già a Casa Visconti (oggi alla Pinacoteca di Brera)


Bramante è documentato in Lombardia nel 1477, quando a Bergamo affrescò la facciata del Palazzo del Podestà (con figure di filosofi dell'antichità in inquadrature architettoniche di cui rimangono poche tracce e per le quali sono state notate somiglianze con Melozzo da Forlì[15]). Secondo Vasari lavorò in quel periodo anche in città diverse da Bergamo.


Nel 1478 è probabile un suo primo soggiorno a Milano,[16] forse inviato da Federico da Montefeltro per seguire i lavori nel suo palazzo a Porta Ticinese, ricevuto da poco in dono da Galeazzo Maria Sforza o forse al seguito di Giovanni Antonio Amadeo, conosciuto a Bergamo sul cantiere della cappella Colleoni.


Stabilitosi a Milano come pittore, vi rimase fino al 1499 lavorando, invece, prevalentemente come architetto per Ludovico il Moro. L'artista, giunto in Lombardia ormai trentatreenne, aveva accumulato una vasta e singolare cultura, che accomunava la maestria nella prospettiva, appresa da Piero della Francesca, la conoscenza di molti elementi dell'architettura classica e dell'opera vitruviana, l'adesione al modello albertiano, di classicismo. Tale bagaglio culturale gli permise di esercitare una grande influenza ed autorità sulla cultura lombarda, in parallelo con Leonardo da Vinci presente a Milano a partire dal 1482, con il quale non mancarono gli scambi e le reciproche influenze. Più in generale sul finire del XV secolo il Ducato di Milano fu centro di cultura, dove l'arte locale di impronta gotica si incontrò, ed in parte si scontrò, con architetti ed artisti pienamente rinascimentali, provenienti dall'Italia centrale, di cui Bramante fu quello che lasciò l'impronta più duratura[17].



L'incisione Prevedari |




Incisione Prevedari, 1481


Ai primi anni dell'attività milanese risale la cosiddetta Incisione Prevedari, del 1481[18]: si tratta di una visione architettonica rappresentante il grandioso interno di un'architettura classicheggiante incisa da Bernardo Prevedari su disegno di Donato Bramante, il cui nome è riportato in un'iscrizione in caratteri lapidari (BRAMANTUS FECIT IN MEDIOLANO). L'incisione dimostra come molti temi dell'architettura bramantesca legati al rapporto con l'antico ed alla lezione di Leon Battista Alberti, siano già maturi vent'anni prima delle opere romane, come ad esempio l'uso di archi su pilastri e non su colonne.


A Bramante è attribuita un'altra incisione rappresentante una strada in prospettiva centrale, con caratteri di città ideale e che presenta molti motivi architettonici propri dell'architettura milanese del periodo dominata dall'influenza del suo linguaggio ormai pienamente rinascimentale. In questa prospettiva troviamo in fondo al centro un arco di trionfo e una cupola brunelleschiana, mentre ai lati abbiamo due palazzi con caratteristiche diverse: uno con colonne corinzie e trabeazione al piano terra, paraste e finestre ad arco tondo al primo piano; l'altro ha pilastri che reggono archi al piano terra, mentre al primo piano presenta finestre a timpano e oculi.



Attività pittorica |





Cristo alla colonna, attribuito al Bramante, Pinacoteca di Brera, Milano


Bramante fu attivo in Lombardia anche come pittore, malgrado restino solo pochi affreschi, a Milano e Bergamo: gli affreschi frammentari rappresentanti Eraclito e Democrito e Uomini d'arme (oggi alla Pinacoteca di Brera) eseguiti tra il 1486 ed il 1487 per la casa del poeta Gaspare Ambrogio Visconti, mecenate e protettore dell'artista, ed altri frammenti quasi illegibili rappresentanti dei Filosofi dell'antichità eseguiti per il Palazzo del Podestà di Bergamo.[19]
Completamente deperiti sono invece gli affreschi della facciata di Palazzo Fontana Silvestri anch'essi attribuiti al Bramante.


Tradizionalmente gli vengono attribuiti anche un dipinto su tavola, il Cristo alla colonna, già nell'abbazia di Chiaravalle, e l'affresco detto di Argo, nella sala del tesoro del Castello Sforzesco.[20]


Ebbe come allievo il pittore Bartolomeo Suardi detto il Bramantino ed ebbe un importante influsso sulla cultura pittorica lombarda[21] ed in genere settentrionale, diffondendo il gusto per la rappresentazione prospettica.[22] Nel successivo periodo romano Bramante sembra cessare l'attività pittorica.[23], forse per il venuto impegno nei grandi cantieri papali.



I contatti culturali con Leonardo e con la corte |


Nel 1487 Bramante partecipò, come anche Leonardo, Francesco di Giorgio Martini, Amadeo ed altri, al concorso per il tiburio del Duomo di Milano, presentando un progetto a pianta quadrata e con un appoggio diretto sui piloni, per il quale realizzò un modello ligneo perduto e che forse è rappresentato in un'incisione del trattato di Cesare Cesariano che fu suo allievo.
Sulla questione Bramante scrisse una relazione, conosciuta come Opinio super Domicilium seu Templum Magnum. Si tratta dell'unico scritto teorico d'architettura di Bramante che ci sia pervenuto, in cui, interpretando Vitruvio, indica come caratteristiche dell'architettura la "fortezza", la "conformità cum el resto de l'edificio", la "legiereza" e la "beleza"[24].


Durante il suo periodo milanese Bramante esercitò, nell'ambiente di corte, anche la sua passione letteraria. Infatti Bramante all'epoca era lodato anche come musicista e poeta e "fu di facundia grande ne' versi", come scrive nel 1521 Caporali. Ci ha lasciato infatti un piccolo canzoniere di 25 sonetti, 15 di tema amoroso petrarchesco e altri di argomento burlesco o biografico, tra cui uno in cui lamenta lo stato delle sue scarse finanze[25].



Santa Maria presso San Satiro (1482-1486) |




Santa Maria presso San Satiro, Milano


La successione dei lavori fu complessa ed in parte ancora da chiarire, e i documenti sinora reperiti non comprovano definitivamente che la soluzione dell'abside prospettica sia da ascrivere a Bramante; questa comunque è l'attribuzione preponderante nella letteratura artistica, nonostante nel contratto del 1486 l'Amadeo appaia in una veste preponderante e che pertanto alcuni ritengano che la paternità dell'intero progetto sia da ascrivere all'Amadeo.


Altrettanto controversa ed incerta è l'attribuzione della Sagrestia bramantesca a pianta ottagonale.
Nell'esterno del complesso troviamo il primo esempio di utilizzo a Milano di un ordine classico, nella facciata su via Falcone.



Trasformazione di Sant'Ambrogio (1492-1500) |




Cortile della Basilica di Sant'Ambrogio




Una delle colonne che imitano un tronco d'albero


È la seconda grande opera milanese di Bramante, commissionata da Ludovico il Moro e dal fratello Ascanio Sforza, che chiedono due distinti interventi: una canonica per il clero secolare posta a nord della basilica e due chiostri per il monastero dei Cistercensi posto a sud, modificando complessivamente anche gli spazi annessi della stessa basilica.[26]


La Canonica fu progettata intorno ad un portico quadrato con quattro archi trionfali a doppia altezza sugli assi, in cui è stato visto un richiamo vitruviano ad un foro romano antico.[27]
Bramante riuscì a costruire, tra il 1492 e il 1499, solo uno dei quattro lati previsti e ad impostare le colonne per il secondo, che non verrà mai completato, lasciando per sempre una costruzione incompiuta.
Il portico rivela influenze brunelleschiane e si presenta come una successione di archi in cotto su colonne, capitelli compositi e pulvino ed è interrotto dall'arco di ingresso.
Il portico presenta anche quattro colonne "laboratas ad tronchonos", il cui aspetto dovrebbe richiamare un tronco d'albero appena sbozzato, rimandando a Vitruvio ed all'origine lignea dell'ordine architettonico.
Lo spazio tra il portico e la chiesa dette modo a Bramante di ricavare nuove cappelle tra i contrafforti di Sant'Ambrogio, avviando anche la costruzione di una sagrestia nella parte absidale.


Anche sul lato sud Bramante, demolendo parti annesse della chiesa romanica, realizzò altre cappelle. Per il monastero cistercense, Bramante progettò due nuovi chiostri, iniziati a costruire intorno al 1497 ma completati dopo la sua partenza per Roma, secondo un modello ligneo da lui lasciato e caratterizzati da una grandiosità d'impianto che verrà imitato per tutto il Cinquecento. I due chiostri caratterizzati rispettivamente dall'ordine dorico e dall'ordine ionico (a quel tempo ancora insoliti), presentano arcate insolitamente alte 7,5 metri. Tale soluzione avrà successo come tipologia in quanto si rivelò particolarmente adatta ad ospitare sia grandi stanze a doppia altezza, come mense e biblioteche, sia celle per i monaci su due piani.
Nel corpo di spina tra i due chiostri, nel corso del XVI secolo fu realizzato un grande refettorio.
Il complesso oggi è sede dell'Università Cattolica.



Tribuna di Santa Maria delle Grazie (1463-1490) |




Il presbiterio di Santa Maria delle Grazie


Nel 1490, Guiniforte Solari terminò la costruzione della chiesa in forme tardo-gotiche. A questo punto, Ludovico il Moro ordinò di smantellare il coro con due cappelle laterali, appena costruito per far posto alla vasta tribuna rinascimentale che alcuni attribuiscono a Amadeo e molti altri a Bramante anche in mancanza di documentazione esauriente a parte testimonianze indirette o tarde.[28][29]


L'architetto impostò due absidi laterali grandi il doppio rispetto alle cappelle preesistenti e un coro molto allungato terminante con un'altra abside. La differenza di scala la si può notare anche in sezione: infatti il progetto amadeesco-bramantesco è alto il doppio rispetto a quello di Solari e termina con una cupola semisferica che è la più alta costruita dopo quella di Santa Maria del Fiore.


La tribuna venne completata dopo la partenza di Bramante; questo si può notare dalla contrapposizione tra l'ordine geometrico tipicamente rinascimentale e l'eccesso di decorazioni tipicamente lombardo, realizzate successivamente e sicuramente da Giovanni Antonio Amadeo in base alla documentazione pervenutaci.



Altre opere lombarde |


A Bramante vengono attribuite, non senza incertezze, numerose opere in varie città lombarde, progettate durante la sua permanenza a Milano. Spesso, per mancanze documentali, non si riesce a distinguere tra un intervento diretto in cantiere, la fornitura di disegni da far eseguire a capimastri locali, o la semplice influenza che l'autorità del maestro trasmetteva ad un vasto ambito culturale e che persisterà anche dopo la sua partenza per Roma. Infatti a cavallo fra XV e XVI secolo si formò un'identità architettonica rinascimentale ma specificamente lombarda, con personalità come Cristoforo Solari, che assimilarono il linguaggio bramantesco.[30]


Al novero di tali attribuzioni appartiene il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno per il quale non vi sono documenti che attestino la partecipazione dell'architetto al progetto iniziale, anche in presenza di elementi stilistici che posso far ipotizzare un ruolo di Bramante.


Per altre opere abbiamo invece una presenza documentata, pur con grandi lacune:



Pavia |


Concordemente viene attribuito a Bramante il progetto planimetrico dell'imponente Duomo di Pavia, basato sull'innesto di un nucleo ottagonale a cupola con un corpo longitudinale a tre navate, come nella cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze o nel Santuario della Santa Casa di Loreto, allora in costruzione e che probabilmente Bramante aveva avuto modo di conoscere.[31]. Al progetto del Bramante, che intervenne in cantiere nel 1488, oltre allo schema planimetrico generale vengono attribuiti la cripta (terminata nel 1492) e la parte basamentale della zona absidale dell'edificio[32] continuato molto lentamente, dopo la partenza di Bramante da Milano, secondo i progetti di altri architetti tra cui Pellegrino Tibaldi.


Nel progetto bramantesco sono stati rintracciati anche altri riferimenti a riprova della vasta cultura dell'architetto, tra cui il progetto originario della basilica di Santo Spirito del Brunelleschi, al quale rimanda il susseguirsi sul perimetro di cappelle semicircolari estradossate. Con questo progetto Bramante si pone come erede delle proposte innovatrici ed all'insegnamento del Brunelleschi, "fondatore" dell'architettura rinascimentale.[33]


Un altro importante riferimento culturale sono i contemporanei studi di Leonardo da Vinci su edifici a pianta centrale, che presentano analogie con il Duomo pavese, più come atteggiamento che per specifiche soluzioni.[33]


A Pavia, in passato gli è stata attribuita anche la Chiesa di Santa Maria di Canepanova, per la quale oggi prevale l'attribuzione all'Amadeo.[34]



Vigevano |


Nel 1492 e nel 1494-1496 Bramante lavorò a Vigevano per incarico di Ludovico il Moro e durante tali soggiorni forse impostò la conformazione urbanistica della Piazza Ducale,[24], oltre che intervenire sul castello.



A Roma |


Il nuovo secolo segnò la caduta di Ludovico il Moro (1499), che aveva fatto dell'artista l'ingegnere ducale dello stato di Milano e fu caratterizzato dalla morte di Gaspare Visconti. L'architetto decise così di trasferirsi a Roma dove ebbe subito importanti commissioni, come l'affresco per l'anno giubilare a San Giovanni in Laterano, il chiostro della Pace, il palazzo Caprini e il tempietto di San Pietro. Da papa Alessandro VI fu nominato sottoarchitetto. Lavorò poi per Giulio II come primo architetto, vincendo la concorrenza di Giuliano da Sangallo.
Non sappiamo se prima del 1499 egli fosse mai andato a Roma[35], ma certamente il contatto con i resti dell'architettura romana ebbe su di lui una grande influenza, provocando una profonda evoluzione nonostante il maestro avesse già 55 anni, tanto che già sue prime opere romane sono molto diverse dalle ultime milanesi.[36]




Chiostro di Santa Maria della Pace



Chiostro di Santa Maria della Pace (1500-1504) |


È molto probabile che sia una delle prime opere romane di Bramante, fu infatti progettata nel 1500, poco dopo il suo arrivo a Roma, su commissione del cardinale Oliviero Carafa.
L'architettura presenta un linguaggio severo e privo di decorazione; in questo Bramante si distacca dal periodo milanese, durante il quale, forse per influenza delle maestranze locali, realizzava opere con un ricco repertorio decorativo.


Il chiostro, su pianta quadrata, è realizzato utilizzando elementi architettonici e compositivi ripresi dall'architettura romana. Il primo ordine presenta archi a tutto sesto poggianti su pilastri ed inquadrati da paraste e dalla soprastante trabeazione: si tratta di una delle prime applicazioni seriali di tale soluzione architettonica nel rinascimento. L'ordine superiore è altrettanto innovativo nel mancato uso di strutture ad arco: infatti è costituito da pilastrini e colonne alternati che sostengono la trabeazione.


Lo schema del chiostro mostra la sovrapposizione degli ordini classici: il dorico per i pilastri del piano terreno, lo ionico per le paraste, il composito nel loggiato superiore, secondo una caratteristica ripresa dall'osservazione di monumenti classici come il Colosseo.



Tempietto di San Pietro in Montorio (1502) |




Tempietto di San Pietro in Montorio


Commissionato dal Re di Spagna, è un tempietto monoptero di piccole dimensioni, sopraelevato, ripreso dagli antichi templi peripteri circolari e monumentali romani (i cosiddetti martyria, perché edificati in onore dei martiri). Ha un corpo cilindrico (dal quale possiamo dedurre l'ammirazione rinascimentale per la perfetta forma circolare), scavato da nicchie di alleggerimento e circondato da un colonnato dorico (periptero), sopra al quale corre una trabeazione decorata con triglifi e metope a tema liturgico di origine greca.
Il colonnato esterno circonda la cella la cui muratura è scandita da paraste come proiezione delle colonne del peristilio. In modo canonico pone la colonna dorica su una base come i Romani (mentre i greci la poggiavano direttamente sul crepidoma, cioè il pavimento del tempio).


L'interno della cella ha un diametro di circa 4 metri e mezzo, cosicché non rimane spazio per le celebrazioni liturgiche: questo probabilmente significa che il tempietto fu costruito non con funzioni di chiesa, ma come un vero e proprio monumento celebrativo, in questo caso del martirio di san Pietro (il Gianicolo, dove sorge il tempietto, era tradizionalmente considerato il luogo dove il santo aveva subìto la crocefissione).




Pianta del tempietto


Nel progetto originario il cortile, ora quadrato, era circolare e sottolineava la centralità del tempio.
Il significato di centralità dell'esperienza religiosa veniva così amplificato dallo spazio architettonico circostante, in cui si combinavano ancora elementi architettonici classici che davano un'importanza di "exemplum" all'insieme.


Anche in questo progetto del Bramante torna come riferimento il numero perfetto che configura la pianta circolare con 2 peripteri da 16 pilastri (si veda Santa Maria della Pace).


Le paraste scaturiscono anch'esse dalla centralità del progetto in quanto sono dimensionate mediante la proiezione dal centro; quelle anteriori le colonne sono più piccole, quelle posteriori più larghe.


La cupola, realizzata in conglomerato cementizio (alla maniera degli antichi), ha un raggio pari alla sua altezza, e all'altezza del tamburo su cui si appoggia; in questo ha un chiaro rapporto con il Pantheon (nel quale la cupola, anch'essa una semisfera, è alta la metà esatta dell'edificio completo).



Progetto per la nuova Basilica di San Pietro |


Da vari decenni i papi pensavano di rinnovare la vecchia basilica paleocristiana, che era sempre meno in grado di far fronte alle sue molteplici funzioni anche a causa di problemi statici dovuti ai muri relativamente sottili ed al tetto a capriate che minacciavano di crollare. Papa Niccolò V aveva iniziato lavori per aggiungere alla vecchia navata un nuovo coro ed un transetto, di sormontare la chiesa con una cupola e di rinnovare la navata.


Dopo un lungo periodo di inattività il cantiere fu riaperto da Giulio II che intendeva proseguire i lavori intrapresi da Bernardo Rossellino per Niccolò V. Tuttavia nel 1505, in un clima culturale pienamente rinascimentale che aveva coinvolto la Chiesa e la Curia, Giulio II decise la costruzione di una nuova colossale basilica che accogliesse anche il grandioso mausoleo, affidato a Michelangelo Buonarroti, che aveva concepito per la propria sepoltura.




Progetto di Bramante per la basilica di San Pietro


Dopo aver consultato i maggiori artisti del tempo, i lavori furono affidati a Bramante del quale ci rimangono alcuni progetti, tra i quali il famoso "piano pergamena", in cui propose una perfetta pianta centrale, a croce greca, caratterizzata da una grande cupola emisferica posta al centro del complesso e con altre quattro croci greche più piccole disposte simmetricamente a quincunx intorno alla grande cupola centrale.


Il progetto rappresenta un momento cruciale nell'evoluzione dell'architettura rinascimentale, ponendosi come conclusione di varie esperienze progettuali ed intellettuali. La grande cupola era ispirata a quella del Pantheon ed avrebbe dovuto essere realizzata in conglomerato cementizio; in generale tutto il progetto fa riferimento all'architettura romana antica nella caratteristica di avere le pareti murarie concepite come masse plastiche capaci di articolare lo spazio in senso dinamico. La costruzione della nuova basilica avrebbe inoltre rappresentato la più grandiosa applicazione degli studi teorici intrapresi da Francesco di Giorgio Martini a Leonardo da Vinci per chiese a pianta centrale, studi chiaramente ispirati alla tribuna ottagonale della cattedrale di Firenze. Altri riferimenti vengono dalla scuola fiorentina, in particolare con Giuliano da Sangallo che aveva utilizzato la pianta a croce greca ed aveva già proposto un progetto a pianta centrale per la basilica di San Pietro.[37]


Tuttavia non tutti i disegni di Bramante indicano una soluzione di pianta centrale perfetta, segno forse che la configurazione finale della chiesa era ancora questione aperta.
Vennero, nei mesi del 1505, elaborate soluzioni capaci di integrare quanto già costruito del nuovo ed il corpo longitudinale della navata con una nuova crociera con transetto e cupola.


Nei lavori in cantiere, infatti, fu mantenuto quanto costruito dal Rossellino per il coro absidale, portato a termine completandolo con lesene doriche, in contrasto con il progetto del "piano pergamena".
La sola certezza sulle ultime intenzioni di Bramante e Giulio II è la realizzazione dei quattro possenti pilastri uniti da quattro grandi arconi destinati a sorreggere la grande cupola, fin dall'inizio, dunque, elemento fondante della nuova basilica.[38]
Pertanto nonostante una serie di lunghissimi avvicendamenti alla conduzione del cantiere (da Raffaello Sanzio, a Michelangelo Buonarroti, a Carlo Maderno), i progetti bramanteschi influenzarono comunque lo sviluppo dell'edificio, con l'uso della volta a botte e con i quattro piloni sormontati da altrettanti pennacchi diagonali a sostegno di una vasta cupola emisferica.
Benché l'esterno e buona parte dell'interno dell'attuale San Pietro parlino il linguaggio di Michelangelo, furono Giulio II e Donato Bramante i veri ideatori di questo centro spirituale e materiale della città.


I lavori condotti dal Bramante iniziarono nel 1506 con la demolizione dell'abside ed il transetto dell'antica basilica, suscitando polemiche permanenti fuori e dentro la Chiesa.[39] Bramante, soprannominato "maestro ruinante", fu dileggiato nel dialogo satirico Simia ("Scimmia") di Andrea Guarna, pubblicato a Milano nel 1517, che racconta come l'architetto, presentandosi da morto davanti a san Pietro, venga da questi rampognato per la demolizione e risponda con la proposta di ricostruire l'intero Paradiso.[40]




Il cortile del Belvedere in una stampa di metà XVI secolo



Cortile del Belvedere |


Dal 1505 Bramante cominciò a progettare e realizzare, su ordine di Giulio II, la sistemazione di un vasto spazio (circa 300 x 100 m) in pendio posto tra il palazzetto di papa Innocenzo VIII, detto il casino del Belvedere per la sua posizione rialzata, ed il resto del complesso vaticano (in particolare la Cappella Sistina e gli appartamenti papali).


Il cortile fu diviso in tre terrazzamenti con quote differenti, collegati da rampe, e chiuso lateralmente da lunghi corpi di fabbrica, utilizzati in vario modo. Nel cortile più basso, pensato come un teatro e concluso con un'esedra semicircolare, furono posti tre ordini di loggiati differenti: dorico, ionico e corinzio, che si interrompono nella prima scalinata con scalini dolci e leggermente inclinati. All'esterno del lato orientale del cortile si trova la Porta Giulia in bugnato a chiave.
Il secondo cortile, più piccolo, fu concluso da pareti con un unico ordine.
Il cortile superiore al quale si accedeva per mezzo di una doppia scalinata a farfalla, presentava una scansione delle pareti a doppio ordine con paraste scandite a formare delle serliane.
La prospettiva del cortile era conclusa da una grande nicchia, realizzata nel 1565 ad opera dell'architetto Pirro Ligorio a dare un prospetto compiuto all'antico Casino del Belvedere.


Dietro il nicchione fu creato un altro cortile ottagonale, anch'esso detto "cortile del Belvedere", che accolse per lungo tempo la raccolta di statue antiche del papa, compreso l'Apollo del Belvedere ed il Gruppo del Laocoonte.
Vicino a questo cortile Bramante costruì una famosa scala a "lumaca" contenuta in uno stretto cilindro rampe a spirale sostenute da colonne. In tal modo fu inglobata nel nuovo complesso il Casino di Innocenzo VIII (l'originaria Villa del Belvedere).


Bramante non vide completo questo cantiere, come del resto tutti i grandi cantieri papali, ed i lavori continuarono nel corso del XVI secolo. Il complessivo progetto bramantesco fu però alterato in epoche successive.
Tra il 1585 ed il 1590 il Cortile del Belvedere venne diviso dal braccio trasversale della Biblioteca di Sisto V, interrompendo la continuità visiva del grande spazio terrazzato. Nel 1822 venne realizzato un secondo corpo di fabbrica trasversale, oggi occupato dai Musei Vaticani. Da quel momento si crearono quindi tre cortili aperti: il Cortile della Pigna (che prende il nome da una colossale pigna romana di bronzo), il Cortile della Biblioteca e il Cortile del Belvedere. Il complesso edilizio è utilizzato prevalentemente a scopo museale.



Palazzo Caprini (distrutto) |




Palazzo Caprini


Progettato da Bramante intorno al 1510, era chiamato anche Palazzo di Raffaello (o Casa di Raffaello) perché l'artista vi aveva preso dimora e vi morì. Fu trasformato nel XVI secolo fu poi distrutto nel XVII secolo. Nonostante ciò, fu un prototipo fondativo dell'architettura civile rinascimentale, rappresentando un modello di palazzo che avrà molti imitatori sia a Roma, sia altrove (Andrea Palladio).


La facciata era caratterizzata da un alto basamento in finto bugnato gettato in casseforme, che comprendeva un piano inferiore, destinato a botteghe (come da tradizione medioevale) ed un piano mezzanino. Il piano nobile di cinque campate è scandito da un ordine di colonne doriche binate sormontate da una completa trabeazione, corrispondente ad un piano sottotetto di servizio che prendeva luce da fori sulle metope. La chiusura superiore riprende le mensole dell'Anfiteatro Flavio.



Altre opere a Roma |




Sulla sinistra all'angolo dell'edificio parte del progetto bramantesco del non realizzato palazzo di giustizia




  • Via Giulia. Oltre ad opere architettoniche, Bramante si occupò anche di realizzare una delle trasformazioni urbane volute da Giulio II che volle rettificare la via "magistralis" per farne una direttrice di espansione edilizia e di riqualificazione della città, parallela alla Via della Lungara voluta da Alessandro VI, progettando di farla giungere con un nuovo ponte, non realizzato, fino al Vaticano. Nel 1507 Bramante cominciò le demolizioni a destra e sinistra della nuova "strada Recta" che diventerà una delle zone di maggior attività edilizia sotto Leone X, prendendo il nome di Via Giulia. Tra il Tevere e questa nuova strada era stato progettato da Giulio II il nuovo palazzo dei tribunali con annesse le carceri, altrimenti detto di San Biagio dalla vicina chiesa omonima, progetto che pur avendo avuto inizio non giunse mai a termine, rimanendo di questa grande opera incompiuta alcuni tratti di basamento a bugnato noti come i "sofà" di via Giulia[41].

  • Progetto per la chiesa dei Santi Celso e Giuliano, su incarico di Giulio II in conseguenza della demolizione dell'antica chiesa a seguito dei lavori di allargamento di via dei Banchi. Il progetto, a pianta centrale, viene messo in relazione a quelli contemporanei per San Pietro. Per mancanza di fondi non fu compiuta e quanto realizzato fu distrutto e sostituito dall'attuale chiesa.[42]


  • Coro di Santa Maria del Popolo.

  • Progetto per il Palazzo dei Tribunali

  • Palazzo Castellesi


  • Cortile di San Damaso in Vaticano (attribuzione)



Altre opere nei possedimenti papali |


A Bramante sono attribuite vari opere in Lazio e comunque nello stato pontificio come per esempio la chiesa di Capranica Prenestina, il cosiddetto Ninfeo di Genazzano e il Palazzo comunale di Tarquinia



Fortificazioni |


Come primo architetto papale Bramante fu responsabile di tutte le fabbriche papali, ed intervenne, con modalità ancora in parte da definire, nella progettazione di fortificazioni come la fortezza detta "di Bramante" a Civitavecchia, la fortezza di Civita Castellana (intorno al 1506)[43], ed altre.



Loreto |




La "Santa Casa" in un'incisione del 1539




Chiesa parrocchiale di Roccaverano (AT)


Come architetto del papa, Bramante fu chiamato dal 1507 al 1509 ad occuparsi della Basilica della Santa Casa di Loreto, che Giulio II aveva portato sotto la diretta giurisdizione pontificia. A quella data la chiesa era già stata edificata e l'intervento di Bramante si limitò al progetto della facciata (non realizzata), della piazza antistante e del Palazzo Apostolico adiacente, oltre che del rivestimento marmoreo che racchiude la "Santa casa di Nazareth" contenuta nel santuario[44], poi attuato sotto la direzione dei suoi successori a Loreto: Cristoforo Romano (1509-1512), Andrea Sansovino (1513-25, che realizzò bassorilievi e sculture), Ranieri Nerucci e Antonio da Sangallo il Giovane.


L'involucro architettonico scandito da lesene corinzie, presenta il tema dell'arco di trionfo (due interassi minori ai lati di un interasse maggiore) serializzato come nel cortile superiore del Belvedere[45] e ripetuto sul perimetro della casetta che secondo la leggenda è giunta in volo a Loreto da Nazaret.



Altri progetti |



Chiesa parrocchiale di Roccaverano |


Oltre a fondamentali contributi nel recupero degli ordini classici, nella ricerca sulla pianta centrale ed in genere nella formazione del linguaggio architettonico del Rinascimento maturo, Bramante affrontò anche il difficile problema di come adattare il disegno della facciata del tempio classico al consueto organismo basilicale delle chiese con navate a diverse altezze che aveva impegnato gli architetti del Rinascimento anche in relazione alle riflessioni sull'opera vitruviana ed in particolare sulle ipotetiche ricostruzioni della Basilica di Fano.


Bramante, nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunziata a Roccaverano, affrontò tale tema di ricerca, che aveva interessato anche Alberti, con una soluzione anticipatrice delle chiese veneziane del Palladio.
La facciata dell'edificio, progettata intorno al 1509 ed attribuita a Bramante[46], ricerca un'integrazione con l'interno e risulta costituita dal sovrapporsi sullo stesso piano di due schemi templari (con diversa altezza dell'ordine): uno relativo alla sola navata centrale, concluso da un timpano completo e l'altro esteso all'intera larghezza della facciata, concluso sulla proiezione delle navate laterali con due semitimpani.


Tale soluzione, ad ordini intersecanti, sarà ripresa dell'allievo Baldassarre Peruzzi intorno al 1515 nella Sagra di Carpi e da Andrea Palladio nella chiesa del Redentore, nella basilica di San Giorgio Maggiore e nella facciata di San Francesco della Vigna. La soluzione alternativa, che avrà il sopravvento, consiste nella sovrapposizione di due ordini e la ripartizione della facciata su due livelli.


Interessante anche la pianta della chiesa a schema centrale, riferibile alla chiesa dei Santi Celso e Giuliano[47], quasi una semplificazione del progetto per San Pietro.[48]
L'impegno di Bramante, architetto del Papa, per questo piccolo centro dell'astigiano, sembra doversi al vescovo Enrico Bruno, funzionario di spicco nella corte papale di Giulio II e nativo di Roccaverano.[49]



Chiostro di Montecassino |


A Bramante è attribuito il progetto del chiostro d'ingresso all'abbazia di Montecassino, elaborato durante il periodo romano.



Cappella del Succorpo a Napoli |


La Cappella del Succorpo, cripta posta sotto l'abside del Duomo databile tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento è caratterizzata da uno schema con tre navate definite da colonne marmoree. Da alcuni studiosi è stata attribuita, quanto meno per il progetto, a Bramante[50], mentre risulta che venne realizzata dallo scultore lombardo Tommaso Malvito.



Note |




  1. ^ La data di nascita è desunta da Vasari che lo indica morto a 64 anni; per il luogo di nascita cfr. Donato Bramante, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 15 marzo 2011.


  2. ^ Cinquecento anni fa, l’11 aprile 1514, moriva Donato Bramante, L'Osservatore Romano. URL consultato il 5 novembre 2015.


  3. ^ Palladio, nel suo trattato, inserisce il Tempietto di San Pietro in Montorio tra i templi classici.


  4. ^ Sebastiano Serlio, Tutte le opere, Venezia, 1639, pag.139


  5. ^ Donato Bramante, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 15 marzo 2011.


  6. ^ Luogo di nascita indicato da Giorgio Vasari ne Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architetti (1550)


  7. ^ Giorgio Vasari, Le Vite de' più eccellenti pittori, scultori ed architettori, 1568.


  8. ^ Arnaldo Bruschi, Donato Bramante e i suoi amici pittori umbri, in "Annali di architettura", n.21, 2009.


  9. ^ ab A. Bruschi, Op. cit., in "Annali di architettura", n.21, 2009.


  10. ^ di cui fu anche allievo, secondo la breve nota contenuta in un'opera di Sabba da Castiglione pubblicata nel 1546: vedi V.Pizzigoni, Donato Bramante a Venezia,in "Annali di architettura", n.21, 2009.


  11. ^ V.Pizzigoni, Donato Bramante a Venezia,in "Annali di architettura", n.21, 2009


  12. ^ G. de Zoppi, La Cappella del Perdono e il Tempietto delle Muse nel Palazzo Ducale di Urbino, in "Annali di Architettura", n. 16, 2004.


  13. ^ Vedi Luciano Bellosi, Una «Flagellazione» del Bramante a Perugia, in «Prospettiva», 1977, 9, pp. 61-68.


  14. ^ G. de Zoppi, Op. cit., in "Annali di Architettura", n. 16, 2004.


  15. ^ A. Bruschi, voce Bramante in "Dizionario Biografico degli Italiani", Treccani.


  16. ^ La sua presenza a Milano è documentata solo a partire dal 1481: A. Bruschi, voce Bramante in "Dizionario Biografico degli Italiani", Treccani.


  17. ^ a cura di Christoph L. Frommel, Luisa Giordano, Richard Schofield, Bramante milanese e l'architettura del Rinascimento lombardo, 2002.


  18. ^ un contratto del 24 ott. 1481 documentoa l'impegno dell'incisore Bernardo Prevedari a "fabricare [...] stampam unam cum hedifitijs et figuris [...] secundum designum in papiro factum per magistrum Bramantem de Urbino..." :(Beltrami, Bramante e Leonardo praticarono l'arte del bulino? Un incisore sconosciuto, Bernardo Prevedari, in "Rassegna d'arte", XVI, 1917, p. 194).


  19. ^ G.A. Dell'Acqua, Bramantino e Bramante pittore, 1978.


  20. ^ Touring Club Italiano, Guida d'Italia. Milano, San Donato Milanese 1998, p. 456.


  21. ^ L. Arrigoni, E. Daffra, P.C. Marani Pinacoteca di Brera, 1998.


  22. ^ Luciano Bellosi, La rappresentazione dello spazio in "Storia dell'arte italiana", Einaudi, Torino 1979


  23. ^ G.A. Dell'Acqua, Op. cit., 1978.


  24. ^ ab Marco Rossi, Disegno storico dell'arte lombarda, 2005.


  25. ^ Luciano Patetta, Bramante e la sua cerchia: a Milano e in Lombardia 1480-1500,2009.


  26. ^ L. Patetta, L'architettura del Quattrocento a Milano, Milano 1987, p. 208


  27. ^ Arnaldo Bruschi, Bramante architetto, Roma-Bari, 1969.


  28. ^ A. Bruschi, op. cit. 1969, p. 194 e 784


  29. ^ F. Borsi, Bramante, Milano 1989, p.211.


  30. ^ a cura di Christoph L. Frommel, Luisa Giordano, Richard Schofield, Bramante milanese e l'architettura del Rinascimento lombardo, 2002.


  31. ^ A. Bruschi, Donato Bramante e i suoi amici pittori umbri, in "Annali di architettura", n.21, 2009.


  32. ^ A. Bruschi, Bramante, Bari, Laterza, 1973.


  33. ^ ab A. Bruschi, Op. cit., 1973.


  34. ^ Luciano Patetta, Bramante e la sua cerchia: a Milano e in Lombardia 1480-1500, 2009, pag.188


  35. ^ È stato ipotizzato un viaggio a Roma nel 1493: L'architettura della cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva, in "Annali di architettura",n.16, 2004.


  36. ^ A.Bruschi, Op. cit., 1973.


  37. ^ Gianfranco Spagnesi, Roma: la Basilica di San Pietro, il borgo e la città 2003, p. 62.


  38. ^ Gianfranco Spagnesi, Op. cit., 2003, pp. 57-61.


  39. ^ Romeo De Maio, Riforme e miti nella Chiesa del Cinquecento, 1992.


  40. ^ Federico Patetta, La figura del Bramante nel "Simia" d'Andrea Guarna, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma, 1943.


  41. ^ | Gustavo Giovannoni, Il Palazzo dei Tribunali del Bramante in un disegno di fra Giocondo, in Bollettino d'Arte, 1914, VIII, VI, pp. 185-195


  42. ^ Christof Thoenes, San Pietro: la fortuna di un modello nel Cinquecento, in "Barnabiti studi" n 19, 2002.


  43. ^ A. Bruschi, Bramante nella fortezza di Civita Castellana, in "Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico e Urbanistico", 6/11-12, 1996, pp. 9-15.


  44. ^ E. Renzulli, La crociera e la facciata di Santa Maria di Loreto, in "Annali di Architettura", n. 13, 2003.


  45. ^ Arnaldo Bruschi, Oltre il Rinascimento: architettura, città, territorio nel secondo Cinquecento, 2000.


  46. ^ Gianfranco Spagnesi, Progetto e architetture del linguaggio classico: (XV-XVI secolo), 1999.


  47. ^ Christof Thoeness, San Pietro: la fortuna di un modello nel Cinquecento, in "Studi barnabiti" n.19, 2002, pag. 127


  48. ^ Arnaldo Bruschi, op. cit., 1969, pp. 980 e ss


  49. ^ Manuela Morresi, Bramante, Enrico Bruno e la parrocchiale di Roccaverano, in "La piazza, la chiesa, il parco", a cura di M. Tafuri, Electa, Milano 1991.


  50. ^ R. Pane, Note su Guillermo Segrera, architetto 1962.



Bibliografia |



  • Arnaldo Bruschi, Bramante architetto, Roma-Bari, 1969.

  • Arnaldo Bruschi, Bramante, Laterza, 1973.


  • Bramante milanese e l'architettura del Rinascimento lombardo , atti del seminario di studi a cura di Christoph L. Frommel; Luisa Giordano; Richard Schofield, Padova 2005


  • E. H. Gombrich, Norma e forma. Studi sull'arte del Rinascimento, Torino, 1964

  • Stefania Buganza, Qualche considerazione sui primordi di Bramante in Lombardia in "Nuovi Studi" 11, 2005.

  • Horst Bredekamp, "La fabbrica di San Pietro. Il principio della distruzione pruduttiva", Torino, Einaudi, 2005

  • Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550)/Bramante da Urbino

  • Simone Ferrari-Alberto Cottino, Forestieri a Milano. Riflessioni su Bramante e Leonardo alla corte di Ludovico il Moro, Busto Arsizio, Nomos, 2013.



Voci correlate |



  • Architettura rinascimentale

  • Rinascimento lombardo

  • Maniera moderna

  • Rinascimento romano



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