Okapia johnstoni














































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Okapi

Okapi2.jpg
Un okapi al Disney's Animal Kingdom

Stato di conservazione


Status iucn3.1 EN it.svg

In pericolo[1]



Classificazione scientifica

Dominio

Eukaryota

Regno

Animalia

Phylum

Chordata

Classe

Mammalia

Ordine

Artiodactyla

Famiglia

Giraffidae

Genere

Okapia
Lankester, 1901

Specie

O. johnstoni

Nomenclatura binomiale

Okapia johnstoni
(P. L. Sclater, 1901)

L'okapi (Okapia johnstoni P. L. Sclater, 1901) è un mammifero artiodattilo giraffide originario del settore nord-orientale della Repubblica Democratica del Congo in Africa centrale. Nonostante presenti una serie di striature che ricordano molto quelle delle zebre, è più strettamente imparentato con le giraffe. L'okapi e la giraffa sono le uniche specie viventi della famiglia dei Giraffidi. L'okapi misura circa 1,5 m di altezza al garrese e ha una lunghezza media di circa 2,5 m. Il suo peso varia tra i 200 e i 350 kg. È dotato di un lungo collo e di grandi orecchie flessibili. Il manto ha colorazione variabile dal cioccolato al bruno rossastro, e su di esso spicca nettamente il bianco delle caviglie e delle strisce orizzontali e degli anelli che cingono le zampe. I maschi sono dotati di brevi corna ricoperte di pelo chiamate ossiconi, che misurano meno di 15 cm di lunghezza. Nelle femmine, invece, gli ossiconi sono assenti e al loro posto vi sono dei ciuffi di pelo.


Gli okapi sono prevalentemente diurni, ma possono essere attivi anche nelle ore notturne. Essenzialmente solitari, si incontrano unicamente per accoppiarsi. Gli okapi sono erbivori e si nutrono di foglie e boccioli di albero, erba, felci, frutta e funghi. La fregola nei maschi e l'estro nelle femmine non dipendono dalla stagione. In cattività, il ciclo estrale si ripete ogni 15 giorni. Il periodo di gestazione è lungo circa 440-450 giorni, trascorsi i quali nasce di solito un unico piccolo. Il piccolo rimane nascosto nel folto della foresta, e la madre lo allatta di rado. I giovani iniziano ad assaggiare cibi solidi a partire dai tre mesi, e lo svezzamento ha luogo a sei mesi.


Gli okapi vivono nelle foreste a baldacchino ad un'altitudine di 500–1500 m. Sono endemici delle foreste tropicali della Repubblica Democratica del Congo, più precisamente delle sue regioni centrali, settentrionali e orientali. L'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) classifica l'okapi tra le specie in pericolo. Tra i principali fattori che ne minacciano l'esistenza figura la perdita dell'habitat a causa dell'industria del legname e dell'avanzata degli insediamenti umani. Anche la caccia intensa per la carne e la pelle e le estrazioni minerarie illegali hanno contribuito al declino della popolazione. Nel 1987, con lo scopo di proteggere le popolazioni di okapi, è stato istituito l'Okapi Conservation Project.




Indice






  • 1 Etimologia e tassonomia


    • 1.1 Evoluzione




  • 2 Descrizione


  • 3 Ecologia e comportamento


    • 3.1 Alimentazione


    • 3.2 Riproduzione




  • 4 Habitat e distribuzione


  • 5 Conservazione


  • 6 Note


  • 7 Bibliografia


  • 8 Altri progetti


  • 9 Collegamenti esterni





Etimologia e tassonomia |




Okapi in un'illustrazione di Sir Harry Johnston (1901)


Il nome scientifico dell'okapi è Okapia johnstoni. È stato descritto per la prima volta dallo zoologo britannico Ray Lankester nel 1901. Il nome generico Okapia deriva dalla parola lese-karo o'api, mentre il nome specifico (johnstoni) commemora il governatore britannico dell'Uganda, Sir Harry Johnston, che si impadronì dei resti del primo okapi noto alla scienza nella foresta dell'Ituri mentre stava rimpatriando un gruppo di pigmei nel Congo Belga[2][3]. L'animale era stato portato all'attenzione degli europei da Henry Morton Stanley, che ne ipotizzava l'esistenza nei suoi resoconti di viaggio del 1887. I resti di una carcassa vennero in seguito inviati a Londra dall'avventuriero e amministratore coloniale inglese Harry Johnston, e l'avvenimento suscitò grande clamore nel 1901[4].


Nel 1901, lo zoologo Philip Sclater presentò alla Società Zoologica di Londra un disegno che mostrava con grande chiarezza le caratteristiche fisiche dell'animale. Riguardo allo stato tassonomico dell'animale appena scoperto si creò subito una gran confusione. Lo stesso Sir Harry Johnston lo considerava un Helladotherium, o un parente di un altro giraffide estinto[5]. Basandosi sulle descrizioni dell'okapi fatte dai pigmei, che si riferivano a esso come a un «cavallo», Sclater battezzò la specie Equus johnstoni[6]. Successivamente, Lankester dichiarò che l'okapi rappresentava un genere sconosciuto di Giraffidi, che ribattezzò Okapia, e assegnò alla specie il nome Okapia johnstoni[7].


Nel 1902, lo zoologo svizzero Charles Immanuel Forsyth Major suggerì di includere O. johnstoni tra i Palaeotragini, una sottofamiglia estinta di Giraffidi. Tuttavia, la specie venne posta in una sottofamiglia a sé, quella degli Okapiini, dal paleontologo svedese Birger Bohlin nel 1926[8], soprattutto a causa della mancanza di un cingolo (una cresta di smalto sulla base o sul margine della corona di un dente), una delle caratteristiche principali dei Palaeotragini[9]. Nel 1986, Okapia venne finalmente riconosciuto come un genere strettamente imparentato con Giraffa sulla base di analisi cladistiche. I due generi, assieme a Palaeotragus, costituiscono, secondo la classificazione moderna, la tribù Giraffini[10].



Evoluzione |




Nonostante le differenze nella lunghezza del collo, sia l'okapi (a sinistra) che la giraffa (a destra) hanno sette vertebre cervicali


Le più antiche specie di Giraffidi fecero la loro prima comparsa in Africa nel Miocene inferiore, dopo essersi separati dai Climacoceratidi, creature dall'aspetto simile a quello dei cervi. I Giraffidi si diffusero in Europa e in Asia a partire dal Miocene medio nel corso di una prima radiazione. Un'altra radiazione ebbe inizio nel Pliocene, ma terminò con un declino nella diversità durante il Pleistocene[11]. Varie importanti specie primitive di Giraffidi vissero più o meno contemporaneamente nel Miocene (23-10 milioni di anni fa), tra cui il Canthumeryx, il Giraffokeryx, il Palaeotragus e il Samotherium. Secondo la paleontologa e scrittrice Kathleen Hunt, da Samotherium ebbero origine sia Okapia (18 milioni di anni fa) che Giraffa (12 milioni di anni fa)[12]. Tuttavia, un altro scrittore, J. D. Skinner, sostiene che sia stato il Canthumeryx ad aver dato origine all'okapi e alla giraffa attraverso gli altri tre generi sopra elencati, e che l'okapi sia una forma vivente di Palaeotragus[13]. L'okapi viene talvolta indicato come un esempio di fossile vivente, poiché esiste come specie da moltissimo tempo e ricorda nella morfologia forme più primitive (ad esempio il Samotherium)[7][14].



Descrizione |




Caratteristiche dell'okapi sono le strisce bianche e le corte corna


L'okapi è un giraffide di medie dimensioni, che misura 1,5 m di altezza al garrese. La lunghezza del corpo si aggira sui 2,5 m e il peso varia tra i 200 e i 350 kg[15]. È dotato di un lungo collo, e di orecchie grandi e flessibili. Il manto ha colorazione variabile dal cioccolato al bruno rossastro, e su di esso spicca nettamente il bianco delle caviglie e delle strisce orizzontali e degli anelli che cingono le zampe. Le striature rendono l'animale simile a una zebra[16]. Esse forniscono un efficace camuffamento tra la fitta vegetazione. Faccia, gola e petto sono bianco grigiastro. Tra gli zoccoli, si trovano disposte delle ghiandole interdigitali, più sviluppate nei piedi anteriori[17]. I maschi sono dotati di brevi corna ricoperte di pelo chiamate ossiconi, che misurano meno di 15 cm di lunghezza. L'okapi presenta un lieve dimorfismo sessuale: le femmine sono alte in media 4,2 cm più dei maschi, hanno il manto leggermente più rossastro e sono prive di corna; al loro posto si notano soltanto due protuberanze ricoperte di crini[18][19].


L'okapi mostra vari adattamenti all'habitat tropicale in cui vive. Il gran numero di bastoncelli nella retina facilita la visione notturna, e il senso dell'olfatto è molto sviluppato. Le grosse bolle timpaniche indicano un acuto senso dell'udito. La formula dentaria dell'okapi è I 0/3, C 0/1, P 3/3, M 3/3[17]. I denti hanno corona bassa e cuspidi sottili, e sono perfetti per tagliare con efficacia il fogliame tenero. Il grosso intestino cieco e il colon aiutano la digestione microbica, e dal momento che il cibo passa rapidamente attraverso il tubo digerente, l'okapi digerisce le pareti cellulari in proporzioni minori rispetto ad altri ruminanti[20].


L'okapi si distingue facilmente dalle sue uniche parenti attuali, le giraffe. È molto più piccolo e ha una morfologia più simile a quella dei cervi e dei bovidi. Mentre nella giraffa le corna sono presenti in entrambi i sessi, nell'okapi sono presenti solo nei maschi. L'okapi ha grandi seni palatini, caratteristica unica tra i Giraffidi. Tuttavia, proprio come la giraffa, l'okapi si muove all'ambio - cioè sollevando a ogni passo le due zampe dello stesso lato, diversamente da altri ungulati che camminano poggiando gli arti uno per volta, uno dopo l'altro[21] - e ha una lunga lingua nera (più lunga di quella della giraffa) che usa per strappare germogli e foglie dagli alberi e per la pulizia del corpo[20].



Ecologia e comportamento |




La lunga lingua dell'okapi




Femmina di okapi col piccolo al White Oak Conservation


Gli okapi sono prevalentemente diurni, ma possono essere attivi anche nelle ore notturne[22]. Essenzialmente solitari, si incontrano unicamente per accoppiarsi. Occupano domini vitali sovrapposti tra loro e generalmente la loro densità di popolazione è di circa 0,6 animali per chilometro quadrato[16]. I domini vitali dei maschi misurano in media 13 km², quelli delle femmine 3–5 km². I maschi si spostano in continuazione, mentre le femmine sono sedentarie[23]. I maschi spesso marcano il territorio e i cespugli con la loro urina, mentre le femmine utilizzano siti di defecazione comuni. La pulizia del corpo, in particolare dei lobi delle orecchie e del collo, è una pratica comune. Gli okapi spesso strofinano il collo contro gli alberi, rilasciando un essudato bruno[17].


Il maschio è molto protettivo nei confronti del suo territorio, ma consente alle femmine di attraversarlo per potersi alimentare. I maschi visitano i domini vitali delle femmine all'epoca della riproduzione[20]. Nonostante sia un animale generalmente tranquillo, l'okapi può scalciare e dare testate per manifestare aggressività. Dal momento che le corde vocali sono poco sviluppate, la comunicazione vocale è ristretta soprattutto a tre tipi di suoni - una sorta di «sbuffo» (richiamo di contatto usato da entrambi i sessi), un «gemito» (emesso dalle femmine durante il corteggiamento) e un «belato» (emesso dagli infanti quando sono nervosi). Nella specie si può osservare il flehmen, un'espressione visuale in cui l'animale tira indietro il labbro superiore, mette in mostra i denti e inala attraverso la bocca per pochi secondi. Il predatore principale dell'okapi è il leopardo[17].



Alimentazione |


Gli okapi sono erbivori e si nutrono di foglie e boccioli di albero, erba, felci, frutta e funghi. Preferiscono alimentarsi nelle radure create da alberi caduti. Alla dieta si aggiungono anche arbusti e liane. Componenti principali della dieta sono specie arboree e dicotiledoni; le piante monocotiledoni non vengono mangiate con regolarità. Nella foresta dell'Ituri, l'okapi si nutre soprattutto di vegetali appartenenti alle famiglie Acantacee, Ebenacee, Euforbiacee, Flacurtiacee, Loganiacee, Rubiacee e Violacee[17][23].



Riproduzione |


Le femmine di okapi raggiungono la maturità sessuale a circa un anno e mezzo di età, mentre i maschi la raggiungono dopo i due anni. La fregola nei maschi e l'estro nelle femmine non dipendono dalla stagione. In cattività, il ciclo estrale si ripete ogni 15 giorni[20][24]. Maschio e femmina girano in cerchio l'uno intorno all'altro, odorandosi e leccandosi, poi il maschio dimostra la propria superiorità sollevando il capo e lanciando in avanti una delle zampe anteriori. Infine si porta dietro la compagna e ha luogo l'accoppiamento[18].


Il periodo di gestazione è lungo circa 440-450 giorni, trascorsi i quali nasce di solito un unico piccolo, del peso di 14–30 kg. Le mammelle della femmina gravida iniziano a ingrossarsi due mesi prima del parto, ed essa può avere delle perdite vulvari. Il parto dura 3-4 ore, e la femmina rimane in piedi per tutto questo periodo, anche se può riposarsi durante brevi intervalli. La madre mangia la placenta e pulisce accuratamente il neonato. Il latte della femmina è molto ricco di proteine e ha un basso contenuto di grassi[20]: Come in altri ruminanti, il piccolo può reggersi in piedi entro 30 minuti dalla nascita. Nonostante abbiano un aspetto simile a quello degli adulti, alla nascita i piccoli hanno false ciglia, una lunga criniera dorsale e lunghi peli bianchi nelle strisce. Queste caratteristiche scompaiono gradatamente e nel giro di un anno il piccolo assume l'aspetto generale dell'adulto. Il piccolo rimane nascosto nel folto della foresta, e la madre lo allatta di rado. Il tasso di crescita dei piccoli è particolarmente elevato nei primi mesi di vita, trascorsi i quali diminuisce gradualmente. I giovani iniziano ad assaggiare cibi solidi a partire dai tre mesi, e lo svezzamento ha luogo a sei mesi. Lo sviluppo delle corna nei maschi ha luogo un anno dopo la nascita. L'okapi ha una longevità media di 20-30 anni[17].



Habitat e distribuzione |




Areale dell'okapi


Gli okapi vivono nelle foreste a baldacchino ad un'altitudine di 500–1500 m. Sono endemici delle foreste tropicali della Repubblica Democratica del Congo. Non sono presenti nelle foreste a galleria, negli habitat disturbati dagli insediamenti umani e nelle foreste paludose, ma possono all'occasione spingersi in aree inondate stagionalmente. Nella stagione secca, visitano gli inselberg rocciosi che forniscono foraggio raro altrove. Uno studio ha riscontrato che la densità degli okapi è in media di 0,53 animali per chilometro quadrato nelle foreste miste di Cynometera[23].


L'okapi è presente nelle regioni centrali, settentrionali e orientali della Repubblica Democratica del Congo, a nord e ad est del fiume Congo. L'areale della specie si estende dalla foresta della Maiko alla foresta dell'Ituri a nord, e nei bacini fluviali del Rubi, del lago Tele e dell'Ebola a ovest e del fiume Ubangi più a nord. Popolazioni più piccole sono presenti ad ovest e a sud del fiume Congo. La specie è comune anche nelle aree di Wamba e di Epulu. L'okapi è estinto in Uganda[1].



Conservazione |


L'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) classifica l'okapi come specie in pericolo[25]. Esso gode della completa protezione della legge congolese. La riserva naturale degli Okapi e il parco nazionale della Maiko ospitano popolazioni consistenti di quest'animale, sebbene sia stato riscontrato un netto declino degli esemplari dovuto a varie cause. Tra le altre aree in cui l'animale è presente vi sono la riserva di caccia di Rubi-Tele e la riserva di Abumombanzi. Tra i principali fattori che ne minacciano l'esistenza figura la perdita dell'habitat a causa dell'industria del legname e dell'avanzata degli insediamenti umani. Anche la caccia intensa per la carne e la pelle e le estrazioni minerarie illegali hanno contribuito al declino della popolazione. Una nuova minaccia emersa piuttosto recentemente è la presenza di gruppi armati illegali nei dintorni delle aree protette, che scoraggiano i progetti di conservazione e di monitoraggio. Una piccola popolazione vive a nord del parco nazionale dei Virunga, ma è del tutto priva di protezione a causa della presenza di gruppi armati nelle vicinanze[1]. Nel giugno 2012, una banda di bracconieri ha attaccato il quartier generale della riserva naturale degli Okapi, uccidendo sei guardie e altri membri dello staff, nonché 13 degli okapi ivi ospitati in cattività[26].


L'Okapi Conservation Project, istituito nel 1987, opera per la conservazione dell'okapi, nonché per lo sviluppo degli indigeni mbuti[1]. Nel novembre 2011, a Jacksonville, presso il centro White Oak Conservation e il Jacksonville Zoo and Gardens si è tenuto un meeting internazionale dell'Okapi Species Survival Plan (SSP) e dell'Okapi European Endangered Species Programme (EEP), al quale sono intervenuti rappresentanti di zoo degli USA, dell'Europa e del Giappone. L'obiettivo era quello di discutere sulla gestione degli okapi in cattività e di organizzare il sostegno per la conservazione della specie. Attualmente molti zoo in Nordamerica ed Europa ospitano degli okapi[27].



Note |




  1. ^ abcd (EN) Mallon, D., Kümpel, N., Quinn, A., Shurter, S., Lukas, J., Hart, J. & Mapilanga, J. 2013, Okapia johnstoni, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2018.1, IUCN, 2017.


  2. ^ Nowak, Ronald M (1999) Walker's Mammals of the World. 6th ed. p. 1085.


  3. ^ Susan Lyndaker Lindsey, Mary Neel Green and Cynthia L. Bennett, The Okapi: Mysterious Animal of Congo-Zaire, University of Texas Press, 1999, pp. 4-8, ISBN 0-292-74707-1.


  4. ^ Albert Shaw, The African okapi, a beast unknown to the zoos, in The American review of reviews, vol. 57, 1918, p. 544.


  5. ^ Proceedings of the general meetings for scientific business of the Zoological Society of London, in Proceedings of the Zoological Society of London, 2 (1), 1901, pp. 1-5.


  6. ^ Jonathan Kingdon, East African Mammals: An Atlas of Evolution in Africa, Volume 3, Part B, Chicago, University of Chicago Press, 1979, p. 339, ISBN 978-0-226-43722-4.


  7. ^ ab Donald R. Prothero and Robert M. Schoch, Horns, tusks, and flippers: the evolution of hoofed mammals, Baltimore, Md., Johns Hopkins University Press, 2002, pp. 66-67, ISBN 978-0-8018-7135-1.


  8. ^ B. Bohlin, Die Familie Giraffidae: mit besonderer Berücksichtigung der fossilen Formen aus China, in Palaeontologica Sinica, series C, vol. 4, 1926, pp. 1-179.


  9. ^ E. H. Colbert, The relationships of the okapi, in Journal of Mammalogy, 19 (1), Febbraio 1938, p. 47, DOI:10.2307/1374281.


  10. ^ Denis Geraads, Remarques sur la systématique et la phylogénie des Giraffidae (Artiodactyla, Mammalia), in Geobios, 19 (4), Gennaio 1986, pp. 465-477, DOI:10.1016/S0016-6995(86)80004-3.


  11. ^ Clive Finlayson, Neanderthals and Modern Humans: An Ecological and Evolutionary Perspective, Digitally printed, Cambridge, Cambridge University Press, 2009, p. 25, ISBN 0-521-12100-0.


  12. ^ Kathleen Hunt, Transitional Vertebrate Fossils FAQ Part 2C, TalkOrigins. URL consultato il 28 aprile 2015.


  13. ^ G. Mitchell and J. D. Skinner, On the origin, evolution and phylogeny of giraffes Giraffa camelopardalis (PDF), in Transactions of the Royal Society of South Africa, 58 (1), 2003.


  14. ^ Why Is the Okapi Called a Living Fossil, in The Milwaukee Journal, 24 giugno 1954.


  15. ^ Burnie & Don E. Wilson, Animal, 1st American, New York, DK, 2001, ISBN 0-7894-7764-5.


  16. ^ ab E. Palkovacs, Okapi Okapia johnstoni, su Animal Diversity Web, University of Michigan Museum of Zoology. URL consultato il 17 aprile 2015.


  17. ^ abcdef R. E. Bodmer and G. B. Rabb, Okapia johnstoni (PDF), in Mammalian Species, vol. 422, 10 dicembre 1992, pp. 1-8 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).


  18. ^ ab B. Grzimek, Grzimek's Encyclopedia of Mammals (Volume 5), New York, McGraw-Hill Publishing Company, 1990.


  19. ^ N. Solounias, Prevalence of ossicones in Giraffidae (Artiodactyla, Mammalia), in Journal of Mammalogy, 69 (4), Novembre 1988, pp. 845-8.JSTOR 1381645


  20. ^ abcde Jonathan Kingdon, Mammals of Africa., 1ª ed., London, A. & C. Black, 2013, pp. 95-115, ISBN 978-1-4081-2251-8.


  21. ^ A. I. Dagg, Gaits of the Giraffe and Okapi, in Journal of Mammalogy, 41 (2), Maggio 1960, p. 282, DOI:10.2307/1376381.


  22. ^ T. Lusenge and S. Nixon, Conservation status of okapi in Virunga National Park, in DRC, Zoological Society of London, 2008.


  23. ^ abc J. A. Hart and T. B. Hart, Ranging and feeding behaviour of okapi (Okapia johnstoni) in the Ituri Forest of Zaire: food limitation in a rain-forest herbivore, in Symposium of the Zoological Society of London, vol. 61, 1989, pp. 31-50.


  24. ^ F. Schwarzenberger, W. Rietschel, B. Matern, W. Schaftenaar, P. Bircher, B. Van Puijenbroeck and K. Leus, Noninvasive reproductive monitoring in the okapi (Okapia johnstoni), in Journal of zoo and wildlife medicine: official publication of the American Association of Zoo Veterinarians, 30 (4), Dicembre 1999, pp. 497-503, PMID 10749434.


  25. ^ Amanda Hebert, Okapi Added to IUCN'S Endangered Species List (DOCX), Jacksonville, Florida, Okapi Conservation Project, 26 novembre 2013. URL consultato il 3 giugno 2014.


  26. ^ J. Flocken, Tragic Losses in the Heart of Darkness, su Huffington Post, 29 giugno 2012. URL consultato il 18 aprile 2015.


  27. ^ Okapi SSP and EEP International Meeting, su Okapi Conservation Project, Wildlife Conservation Global. URL consultato il 18 aprile 2015.



Bibliografia |


  • Wolfram Bell (Nov. 2009): "Okapis – geheimnisvolle Urwaldgiraffen. Entdeckungsgeschichte, Biologie, Haltung und Medizin einer seltenen Tierart." Schüling Verlag Münster, Germany. ISBN 978-3-86523-144-4.


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Collegamenti esterni |



  • The okapi management site, su theokapi.org.


  • Monograph of the Okapi (1910) by E. Ray Lankester and William George Ridewood



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