Legge Mattarella
















































Legge Mattarella
Titolo esteso Legge n. 276 Norme per l'elezione del Senato della Repubblica.
Legge 4 agosto 1993, n. 277 Nuove norme per l'elezione della Camera dei deputati.
Stato
Italia Italia
Tipo legge Legge
Legislatura XI
Proponente Sergio Mattarella
Schieramento
DC, PSI, PSDI, PLI
Date fondamentali
Promulgazione 4 agosto 1993
A firma di Oscar Luigi Scalfaro
Abrogazione 21 dicembre 2005
Testo
Rimando al testo
Legge 4 agosto 1993, n. 276 Norme per l'elezione del Senato della Repubblica.
Legge 4 agosto 1993, n. 277 Nuove norme per l'elezione della Camera dei deputati.

Per legge Mattarella, dal nome del suo relatore, Sergio Mattarella, si intende una riforma della legge elettorale della Repubblica italiana, attuata in seguito al referendum del 18 aprile 1993, con l'approvazione delle leggi 4 agosto 1993 n. 276 e n. 277, che introdussero in Italia, per l'elezione del Senato e della Camera dei deputati, un sistema elettorale misto così composto:




  • sistema maggioritario a turno unico per la ripartizione del 75% dei seggi parlamentari;

  • recupero proporzionale dei più votati non eletti per il Senato attraverso un meccanismo di calcolo denominato "scorporo" per il rimanente 25% dei seggi assegnati al Senato;


  • proporzionale con liste bloccate per il rimanente 25% dei seggi assegnati alla Camera;

  • sbarramento del 4% alla Camera.


Il sistema così concepito riunì pertanto tre diverse modalità di ripartizione dei seggi (quota maggioritaria di Camera e Senato, recupero proporzionale al Senato, quota proporzionale alla Camera) e per tale ragione venne anche chiamato "Minotauro" in reminiscenza del nome del mostruoso essere parte uomo e parte toro presente nella mitologia greca.[1][2][3]


La legge sostituì il precedente sistema proporzionale in vigore dal 1946 al 1953 e dal 1954 al 1994 ed è rimasta in vigore fino al 2005 quando venne sostituita dalla legge Calderoli.


La legge regolò le elezioni politiche italiane del:




  • 1994, con formazione della XII legislatura della Repubblica Italiana;


  • 1996, con formazione della XIII legislatura della Repubblica Italiana;


  • 2001, con formazione della XIV legislatura della Repubblica Italiana.


Il politologo Giovanni Sartori coniò per la legge l'ulteriore soprannome di Mattarellum in riferimento al nome del relatore e ritenne a suo giudizio illusorio il tentativo di creare un sistema prevalentemente maggioritario all'italiana attraverso il "Minotauro".[4]




Indice






  • 1 Funzionamento


  • 2 Schema pratico


  • 3 Effetti e obiettivi


  • 4 Ripartizione dei seggi


    • 4.1 Camera dei deputati


    • 4.2 Senato della Repubblica




  • 5 Disegno dei collegi


  • 6 Note


  • 7 Bibliografia


  • 8 Voci correlate


  • 9 Collegamenti esterni





Funzionamento |


La legge Mattarella configurava un sistema elettorale maggioritario, corretto da una sensibile quota proporzionale pari ad un quarto dei seggi di ciascuna assemblea legislativa o camera.
In prima istanza, il territorio nazionale era suddiviso in 475 collegi uninominali per la Camera, e in 232 per il Senato. L'attribuzione di questo primo gruppo di seggi avveniva molto semplicemente in base a un sistema maggioritario a turno unico (first-past-the-post): veniva eletto parlamentare il candidato che avesse riportato la maggioranza relativa dei suffragi nel collegio. Nessun candidato poteva presentarsi in più di un collegio. I rimanenti seggi erano invece assegnati con un metodo tendenzialmente proporzionale, funzionante però con meccanismi differenziati fra le due assemblee. Per quanto riguarda la Camera, l'elettore godeva di una scheda elettorale separata per l'attribuzione dei 155 seggi residui, cui accedevano solo i partiti che avessero superato la soglia di sbarramento nazionale del 4%.


Il calcolo dei seggi spettanti a ciascuna lista veniva effettuata nel collegio unico nazionale mediante il metodo Hare dei quozienti naturali e dei più alti resti; tali seggi venivano poi ripartiti, in ragione delle percentuali delle singole liste a livello locale, fra le 26 circoscrizioni plurinominali in cui era suddiviso il territorio nazionale, e all'interno delle quali i singoli candidati — che potevano corrispondere a quelli presentatisi nei collegi uninominali — venivano proposti in un sistema di liste bloccate senza possibilità di preferenze. Il meccanismo era però integrato dal metodo dello scorporo, volto a dar compensazione ai partiti minori fortemente danneggiati dall'uninominale: successivamente alla determinazione della soglia di sbarramento, ma antecedentemente al riparto dei seggi, alle singole liste venivano decurtati tanti voti quanti ne erano serviti a far eleggere i vincitori nell'uninominale — cioè i voti di scarto tra i primo classificato e il secondo — i quali erano obbligati a collegarsi ad almeno una lista circoscrizionale e fino al massimo di sei liste. In caso di collegamento dei candidati con più liste, l'entità dello scoporo per ciascuna lista veniva determinata in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna lista nel collegio in cui il candidato ad esse collegato era risultato eletto.


Veniva inoltre determinata la graduatoria dei candidati nei collegi uninominali non proclamati eletti collegati a ciascuna lista presente nella quota proporzionale della relativa circoscrizione, disponendoli nell'ordine delle rispettive cifre individuali. Qualora ad una lista circoscrizionale fossero spettati più seggi di quanti fossero stati i suoi candidati (il numero dei candidati di ciascuna lista non poteva essere superiore ad un terzo dei seggi attribuiti in ragione proporzionale alla circoscrizione, con arrotondamento all'unità superiore), venivano proclamati eletti, sino a concorrenza del numero dei seggi spettanti alla lista e seguendo l'ordine delle rispettive cifre individuali, i candidati della graduatoria che non fossero già stati proclamati eletti. In caso di collegamento dei candidati con più liste, i candidati entravano a far parte della graduatoria relativa a ciascuna delle liste con cui era stato dichiarato il collegamento.


Per quanto riguarda il Senato, gli 83 seggi proporzionali venivano assegnati, secondo il dettato costituzionale, su base regionale. In ogni Regione venivano assommati i voti di tutti i candidati uninominali perdenti che si fossero collegati in un gruppo regionale, ed i seggi venivano assegnati utilizzando il metodo D'Hondt delle migliori medie: gli scranni così ottenuti da ciascun gruppo venivano assegnati, all'interno di essa, ai candidati perdenti che avessero ottenuto le migliori percentuali elettorali. Ancor più che alla Camera, ove lo scorporo era parziale, lo scorporo totale previsto per il Senato faceva funzionare la quota proporzionale di fatto come una strana quota minoritaria, in aperto contrasto con l'impianto generale della legge elettorale.



Schema pratico |


Il meccanismo pratico per l'attribuzione dei seggi del Senato si svolgeva secondo l'esempio sotto riportato, in cui si crea un caso immaginario di una Regione cui fossero attribuiti 8 seggi, e nella quale fossero conseguentemente istituiti 6 collegi uninominali.



























































COALIZIONI

Collegio Uno

Collegio Due

Collegio Tre

Collegio Quattro

Collegio Cinque

Collegio Sei
Unione dei Cerchi 30 000 18 000 25 000 19 000 26 000 20 000
Blocco dei Quadrati 15 000 20 000 19 000 11 000 15 000
21 000
Gruppo dei Triangoli 10 000 12 000 11 000 20 000 15 000 13 000
Schiera dei Pentagoni 10 000 13 000 6 000 15 000 4 000 9 000
Totale 65 000 63 000 61 000 65 000 60 000
63 000


I sei seggi uninominali sono stati conquistati in numero di 3 dai "Cerchi", 2 dai "Quadrati" e 1 dai "Triangoli". Si passa quindi a calcolare l'attribuzione dei 2 seggi riservati alla quota proporzionale: a tal fine, si assommano i voti di tutti i candidati perdenti delle quattro coalizioni in gara.























































COALIZIONI

Collegio Uno

Collegio Due

Collegio Tre

Collegio Quattro

Collegio Cinque

Collegio Sei

RESIDUI
Cerchi 18 000 19 000 20 000
57 000
Quadrati 15 000 19 000 11 000 15 000
60 000
Triangoli 10 000 12 000 11 000 15 000 13 000
61 000
Pentagoni 10 000 13 000 6 000 15 000 4 000 9 000
57 000


Viene quindi utilizzato il metodo D'Hondt delle migliori medie.


























Numeri divisori

Cerchi

Quadrati

Triangoli

Pentagoni
1 57 000 60 000 61 000 57 000
2 28 500 30 000 30 500 28 500


Alla coalizione dei "Quadrati" e a quella dei "Triangoli" è stato dunque attribuito un seggio nella quota proporzionale. Vengono dunque individuati i migliori perdenti di questi due raggruppamenti.


















































COALIZIONI

Collegio Uno

Collegio Due

Collegio Tre

Collegio Quattro

Collegio Cinque

Collegio Sei
Unione dei Cerchi 30 000 18 000 25 000 19 000 26 000 20 000
Blocco dei Quadrati 15 000 20 000
19 000 (31,1%)
11 000 15 000 (25%)

21 000
Gruppo dei Triangoli 10 000 12 000 11 000 20 000
15 000 (25%)
13 000 (20,6%)
Totale 65 000 63 000 61 000 65 000 60 000
63 000


A fronte di 138 000 voti, i "Cerchi" hanno ottenuto 3 seggi come pure i "quadrati", a cui sono però andati solo 101 000 suffragi, mentre le 81 000 preferenze dei "Triangoli" hanno scaturito 2 seggi. Nessuna rappresentanza hanno invece colto i "Pentagoni" coi loro 57 000 voti.


Per quanto riguarda la Camera, l'impianto generale era abbastanza simile, salvo alcune differenze. Innanzitutto lo scorporo era parziale: mentre nell'esempio siffatto per il Senato, nel "Collegio Uno" i "Cerchi" non avanzavano alcun voto residuo, nel caso della Camera essi avrebbero perso solo 15 001 voti, cioè quelli necessari alla vittoria. Il calcolo dei seggi proporzionali, su base nazionale e non regionale, non avveniva all'interno degli stessi collegi come al Senato, ma sulla base dei risultati espressi dagli elettori tramite l'apposita scheda elettorale per la quota proporzionale della Camera.



Effetti e obiettivi |


Il già descritto aspetto compensativo della quota proporzionale poteva venire eluso dall'uso delle cosiddette liste civetta, per scaricare su queste, anziché nel reale partito di riferimento di un candidato uninominale, i voti da scomputarsi per ogni collegio in cui si era risultati vincenti: bastava che il candidato dichiarasse di essere legato a una lista che veniva appositamente creata per questo scopo. Il trucco, congegnato per la prima volta durante le elezioni del 2001, fu attuato sia dalle forze di centrosinistra sia da quelle di centrodestra, creando le une una lista chiamata Paese Nuovo, e collegandosi le altre alla lista Abolizione Scorporo.


La personalizzazione dell'elezione era una delle caratteristiche colte dal legislatore istituendo i collegi uninominali i quali, essendo ristretti in un territorio limitato geograficamente e per numero di elettori, avrebbero dovuto favorire l'instaurarsi di un rapporto più diretto fra rappresentati e rappresentante.


Ai tempi in cui era in vigore, molti commentatori sostenevano che questo tipo di sistema elettorale incoraggiasse i partiti ad apparentarsi e presentarsi in coalizioni per superare gli avversari in numero di voti e vincere il collegio uninominale. Benché questo effettivamente accadesse, bisogna tenere presente che, una volta eletti, i candidati d'una coalizione o d'un partito potevano dar vita a nuove formazioni politiche, come di fatto numerose volte avvenne nel caso italiano: va, però, tenuto a mente come il dato numerico mostri una riduzione dei gruppi parlamentari (dai 14 dell'XI legislatura, l'ultima prima dell'approvazione delle leggi qui in esame, ai 10 della Legislatura successiva, fino agli 8 della XIV legislatura, l'ultima sotto la vigenza del mattarellum, per poi tornare a 14 nel corso della XV legislatura, la prima a seguito dell'approvazione della riforma Calderoli) dimostrando, quindi, l'efficacia della normativa da questo punto di vista.
Visto che esisteva spesso il rischio che l'assegnazione di un seggio dipendesse da poche manciate di voti, scaturiva la possibilità che un partito anche di piccole dimensioni potesse far leva sulla sua importanza, reale o presunta, per vedersi maggiormente riconoscere le proprie richieste in termini di programma e di candidati nei seggi uninominali da farsi assegnare dal capo della coalizione. Giovanni Sartori conclude quindi che l'effetto della legge fu semmai quello di aumentare i partiti, intesi come forze politiche autonome con concrete possibilità di influire sulla maggioranza.[5]



Ripartizione dei seggi |



Camera dei deputati |

















































































































































































Circoscrizione
Proporzionale
Maggioritario
Totale
I - Piemonte 1
6
19
25
II - Piemonte 2
6
17
23
III - Lombardia 1
10
31
41
IV - Lombardia 2
11
32
43
V - Lombardia 3
4
11
15
VI - Trentino-Alto Adige
2
8
10
VII - Veneto 1

8
22
30
VIII - Veneto 2
5
15
20
IX - Friuli-Venezia Giulia
3
10
13
X - Liguria
6
14
20
XI - Emilia-Romagna
9
32
41
XII - Toscana
10
29
39
XIII - Umbria
2
7
9
XIV - Marche
4
12
16
XV - Lazio 1
10
32
42
XVI - Lazio 2
4
11
15
XVII - Abruzzo
3
11
14
XVIII - Molise
1
3
4
XIX - Campania 1
8
25
33
XX - Campania 2
7
22
29
XXI - Puglia
10
34
44
XXII - Basilicata
2
5
7
XXIII - Calabria
6
17
23
XXIV - Sicilia 1
7
20
27
XXV - Sicilia 2
7
21
28
XXVI - Sardegna
4
14
18
XXVII - Valle d'Aosta

1
1

TOTALE

155

475

630

Fonte: Camera dei deputati



Senato della Repubblica |







































































































































Circoscrizione
Proporzionale
Maggioritario
Totale

Piemonte
6
17
23

Valle d'Aosta

1
1

Lombardia
12
35
47

Trentino-Alto Adige
1
6
7

Veneto
6
17
23

Friuli-Venezia Giulia
2
5
7

Liguria
3
6
9

Emilia-Romagna
6
15
21

Toscana
5
14
19

Umbria
2
5
7

Marche
2
6
8

Lazio
7
21
28

Abruzzo
2
5
7

Molise

2
2

Campania
8
22
30

Puglia
6
16
22

Basilicata
2
5
7

Calabria
3
8
11

Sicilia
7
20
27

Sardegna
3
6
9

TOTALE

83

232

315


Disegno dei collegi |




Note |




  1. ^ [1] Federico Orlando su L'Unità, 7 gennaio 1997: "il mio auspicio non muove né da incondizionata devozione alla giurisprudenza della Corte costituzionale (che può essere modificata come tutte le cose umane), né da amore improvviso per il “Minotauro”, il mostro per tre quarti uomo e per un quarto toro, cioè per la legge Mattarella, appunto per tre quarti maggioritaria e per un quarto proporzionale"


  2. ^ Pd fuori dal mondo: litiga sul Mattarellum. Fabrizio De Feo su Il Giornale, 12 luglio 2011: "A scendere in campo questa volta sono i «pro-Mattarellum», (ovvero i fautori del ritorno alla «legge-Minotauro», maggioritaria con correzione proporzionale)"


  3. ^ .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}
    Le elezioni.[collegamento interrotto] Andrea Ballarini su Il Foglio, 21 settembre 2012: "Ricordare che il Mattarellum era anche detto Minotauro denota profonda conoscenza della materia"



  4. ^ Chiaberge Riccardo, Sartori: il Mattarellum e le idee sbagliate, in Corriere della Sera, 05 novembre 1995, p. 27. URL consultato il 13 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 27 giugno 2009).


  5. ^ Sartori 2004.



Bibliografia |


  • Giovanni Sartori, Ingegneria costituzionale comparata, Il Mulino, 2004. ISBN 8815096361


Voci correlate |



  • Referendum abrogativo del 18 aprile 1993

  • Legge Calderoli



Collegamenti esterni |


  • Schede descrittive della legge elettorale: Camera, Senato.


  • Legge 4 agosto 1993, n. 276, in materia di "Norme per l'elezione del Senato della Repubblica"

  • Legge 4 agosto 1993, n. 277, in materia di "Nuove norme per l'elezione della Camera dei deputati"

  • Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 535, in materia di "Ripartizione dei collegi per il Senato"

  • Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 536, in materia di "Ripartizione dei collegi per la Camera"


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