Farina




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Nota disambigua.svgDisambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Farina (disambigua).

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Tre diversi tipi di farina. Da sinistra a destra: farina di frumento tipo 00, farina di grano tenero tipo 1, farina di segale tipo 1


La farina alimentare è il prodotto della macinazione dei frutti secchi o dei semi di varie piante: si ha farina di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di castagne, di ceci, di mandorle, di grano saraceno. Comunemente però indichiamo col nome di farina, senza specificarne l'origine, quella ottenuta dal grano tenero (Triticum aestivum) e usata per la panificazione, in pasticceria e in cucina. La farina di grano duro, usata per la panificazione e la produzione di pasta alimentare, prende il nome di semola.[1]




Indice






  • 1 Farina e semola


  • 2 Farina di grano tenero


    • 2.1 Farine a confronto: farina 00 e farina integrale[4]


    • 2.2 Tecniche di analisi della farina di grano tenero


      • 2.2.1 Determinazione del fattore di panificabilità della farina


      • 2.2.2 L'alternativa domestica






  • 3 Sfarinati di grano duro


  • 4 Produzione industriale


  • 5 Altre farine


    • 5.1 Da cereali


    • 5.2 Da non cereali


    • 5.3 Da leguminose


    • 5.4 Fecole


    • 5.5 Farine non più utilizzate




  • 6 Farine speciali non destinate all'alimentazione umana


  • 7 Note


  • 8 Voci correlate


  • 9 Altri progetti


  • 10 Collegamenti esterni





Farina e semola |


Una farina è un prodotto raffinato e la si percepisce alla vista e al tatto come una polvere impalpabile, leggera come una cipria.


La semola è una farina i cui granelli sono ben visibili come nello zucchero (semolato).
La semola si può classificare in base alla granulometria: semola grossa, semola media, semolino, semola rimacinata a seconda delle dimensioni dei granelli, dimensioni che variano da 0,3 a 1,5 mm [2].
Si utilizzano anche i termini di farina granita o farina bramata. Anche queste sono semole: la farina granita spesso corrisponde alla semola (grano duro); la bramata si riferisce normalmente alla farina di mais a grana grossa.
Il termine grits (sabbia) o gritz si riferisce al semolino, generalmente di mais o d'avena.



Farina di grano tenero |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Triticum aestivum.

Dalla macinazione del grano tenero si ottiene una resa in farina che oscilla tra il 70 e l'82%; il rimanente 18-30% è costituito da crusca, cruschello, germe, farinaccio. La percentuale di farina estratta dal chicco dipende dal tipo di grano e dai parametri chimico-fisici desiderati e impostati nella macinazione.


Il processo di macinazione del grano tenero ha inizio con la pulitura del grano. Esistono tre fasi di pulitura e la fase di bagnatura o condizionamento:



  1. La prima fase si chiama pre-pulitura ed è quella che si esegue subito al ricevimento del prodotto presso il mulino prima di immagazzinarlo nei sili o depositi. Questa pre-pulitura ha la caratteristica di dover lavorare in modo veloce una grande quantità di prodotto, e serve a migliorare la conservazione del prodotto fino alla lavorazione successiva.

  2. La pulitura che si esegue prima della macinazione. In questa fase la pulizia deve essere molto accurata e sono necessarie più macchine. Ogni macchina serve a togliere impurità specifiche, tra le quali più importante è la spazzola grano , che serve a una pulizia più profonda del frumento spazzolando la sua parte esterna e rimuovendo polvere, terra e altre impurità possibili come muffe.

  3. La bagnatura del grano e il suo tempo di riposo (chiamato anche condizionamento) permette di ammorbidire la parte esterna di crusca che in questo modo, durante la macinazione, non si frantuma rimanendo più morbida e di dimensioni maggiori e facilitando quindi la sua perfetta separazione tramite la setacciatura.

  4. Dopo bagnatura e riposo è quasi sempre prevista una seconda pulitura, per migliorare ulteriormente la pulizia del prodotto. Questo processo, insieme con la bagnatura, è suddiviso in altre fasi nel caso il soggetto della lavorazione sia il grano duro, e non quello tenero.


Successivamente il frumento viene indirizzato nella macinazione, negli impianti industriali ci sono più fasi di macinazione in sequenza da minimo 8 a 14 o più, le progressive macinazioni servono ad aprire con delicatezza i chicchi e poi spogliarli delicatamente dalla farina contenuta cercando il più possibile a non frantumare la crusca e il cruschello. Da ogni passaggio di macinazione il prodotto è normalmente aspirato da un sistemi pneumatici e inviato a un passaggio di stacciatura con macchinari chiamati Plansichter. Il risultato finale sarà una farina con caratteristiche fisiche conformi alla lavorazione attesa. I prodotti di scarto come il cruschello, la crusca e il farinaccio possono essere usati per scopi zootecnici se non trattati secondo i termini di legge, altrimenti per scopo umano.


Spesso si utilizzano farine di cui alcune additivate volontariamente, mediante l'aggiunta di: agenti di trattamento, agenti antiagglomeranti, coadiuvanti tecnologici (enzimi come le xilanasi, le lipasi, le transglutamminasi, le alfa-amilasi, le glucosio-ossidasi, ecc.) o glutine vegetale secco, acido ascorbico (E300), L-cisteina per migliorarne le caratteristiche tecnologiche[3]. Gli additivi consentiti dall'attuale normativa sono pertanto: glutine secco, acido ascorbico (E300), L-cisteina (E920), biossido di silice e silicati (E551 - E559), acido fosforico di - tri - polifosfati (E338 - 452), oltre chiaramente a tutti gli enzimi.


Le farine derivate da basse estrazioni (abburattamento del 70-75%) provengono principalmente dalla parte centrale del chicco e si contraddistinguono a occhio nudo per la loro purezza e candore; sono denominate in Italia farina tipo 00. Al contrario, una farina ad alto tasso di estrazione (circa 80%) sarà meno chiara in quanto contiene anche la farina proveniente dalla parte esterna del chicco (strato aleuronico); in relazione al contenuto in ceneri (minerali) possono essere denominate farina tipo 0, tipo 1 o tipo 2.


La farina integrale non è composta dal 100% del frumento macinato, proprio perché la legge italiana fissa dei limiti di presenza di ceneri quindi una parte di crusca viene rimossa questo per due motivi: 1) rientrare nei limiti di legge 1,3%-1,7% di ceneri; 2) La crusca che è più esterna si differenzia dal cruschello che è più aderente allo strato aleuronico per essere meno ricca di vitamine e dal gusto meno gradito.


La tabella seguente (D.P.R. 9 febbraio 2001, n. 187) riassume le principali caratteristiche delle farine di grano tenero in commercio in Italia, e le equivalenti classificazioni statunitensi, tedesche e francesi:



































































Denominazione del prodotto

(in Italia)


Umidità

max


Ceneri

Proteine

min


Denominazione del prodotto
min
max
USA
Germania
Francia
Farina di grano tenero tipo 00
14,50%

0,55%
9,00%
pastry flour
405
45
Farina di grano tenero tipo 0
14,50%

0,65%
11,00%
all-purpose flour
550
55
Farina di grano tenero tipo 1
14,50%

0,80%
12,00%
high gluten flour
812
80
Farina di grano tenero tipo 2
14,50%

0,95%
12,00%
first clear flour
1050
110
Farina integrale di grano tenero
14,50%
1,30%
1,70%
12,00%
white whole wheat
1600
150

L'umidità consentita può essere il 15,50% se indicato in etichetta. I valori delle ceneri e proteine sono calcolati rispetto al prodotto secco. Proteine: azoto Kjeldahl * 5,7. Le classificazioni tedesca e francese sono basate sul contenuto in minerali (ceneri), che in Germania viene espresso in milligrammi per 100 grammi di prodotto, mentre in Francia viene espresso in milligrammi per 10 grammi di prodotto.



Farine a confronto: farina 00 e farina integrale[4] |


Sempre parlando di farina di grano tenero nella tabella sottostante sono presenti le caratteristiche dei due tipi di farina. La farina 00 è quella più raffinata e priva di particelle di crusca e cruschello.
La farina integrale è quella con la più alta percentuale di cruschello e crusca, la legge italiana impone dei limiti che sono 1,3%-1,7% di presenza di ceneri. Il grano tenero macinato veramente in modo integrale possiede mediamente una percentuale di ceneri (sali minerali) che varia dal 2 al 2,2%, quindi nella farina integrale normalmente commercializzata una parte della crusca è asportata.


























































Componenti Farina integrale

(100g)


Farina 00

(100g)



PROTEINE (g)
11,9 11,0
Sali minerali (%) 2,2 0,5

Fibra alimentare (g)
9,6 2,4
CALCIO (mg) 28 17
FOSFORO (mg) 300 76
MAGNESIO (mg) 150 50
POTASSIO (mg) 337 126

Vitamina B1 (mg)
0,4 0,1

Vitamina B2 (mg)
0,16 0,03

Vitamina B6 (mg)
0,7 0,2

Farina veramente integrale e farina ricostruita.
Si è aperto ultimamente un dibattito sulla farina veramente integrale magari ottenuta con la macinazione a pietra e quella ricostruita per esempio unendo farina "Tipo 0" alla crusca.
La differenza sostanziale tra i due prodotti che all'apparenza sono simili si può verificare dall'analisi chimica, se la farina ricostruita contiene fibra in quantità molto simile alla farina integrale, o comunque una quantità di fibra deciso dalla ricetta desiderata.
Non è lo stesso per le vitamine i minerali gli enzimi i grassi, ovvero le sostanze più preziose del grano dal punto di vista nutrizionale che sono contenute nel germe, il germe nella farina ricostruita è in alcuni casi assente.
Le motivazioni dell'assenza del germe dalla farina ricostruita sono le seguenti:


a) una volta fatta la fatica di separarlo dal grano perché si deve re-inserire, visto che venduto separatamente ha un prezzo molto interessante?


b) per la crusca e i cruscami questi invece sono normalmente destinati ad utilizzo zootecnico quindi scarso valore e possono essere miscelati senza problemi alla farina raffinata , se il mercato chiede farina integrale.


c) inserimento di germe nella farina data la sua presenza di grassi , riduce la conservazione della stessa , altro ottimo motivo per non inserirlo nella farina ricostruita.


d) il germe come ottenuto dopo la sua separazione ha una dimensione troppo grande non adatta ad essere re-inserito nella farina bianca, la crusca invece è molto sottile e si può aggiungere senza problemi.



Tecniche di analisi della farina di grano tenero |



Determinazione del fattore di panificabilità della farina |


La proprietà più importante della farina è il fattore di panificabilità (chiamato spesso Forza[5]), cioè la capacità di resistere nell'arco del tempo alla lavorazione. La Forza della farina deriva dalla qualità del grano macinato per produrla, quindi dal suo contenuto proteico, in particolare di quello di unità proteiche insolubili in acqua gliadine e glutenine. Queste proteine semplici poste a contatto con l'acqua e grazie all'azione meccanica dell'impastare, formano un complesso proteico[6] detto glutine che costituisce la struttura portante dell'impasto. Si tratta di un complesso viscoelastico stabilizzato da legami di natura covalente (ponti di solfuro, etc.) e non (legami idrogeno, ionici, interazioni di tipo idrofobico, forze di Van der Waals etc.) che trattiene sia i componenti dell'impasto, microrganismi compresi, sia i gas, metaboliti secondari ecc. che si sviluppano all'interno nella struttura.




Tipico grafico ottenuto con Alveografo di Chopin, è mostrata la Forza W, la tenacità dell'impasto cioè P e l'estensibilità L.


Un dispositivo chiamato Alveografo di Chopin inventato nel 1921 da Marcel Chopin, misura la Forza, indicata con il simbolo W. L'alveografo produce una grafico come quello mostrato nella figura a fianco misurando contemporaneamente la pressione che viene insufflata sotto l'impasto (asse verticale) e la dimensione della bolla (asse orizzontale). Il massimo (P) è la tenacità dell'impasto (cioè la pressione massima in mm di acqua (1 mm di acqua~10 Pa). A causa di microfratture nella bolla di impasto, la bolla continua a gonfiarsi, ma la pressione necessaria a gonfiare diminuisce rispetto al massimo e infine quando la dimensione diventa L la bolla si spacca. L viene detta estensibilità dell'impasto.
La Forza W è l'area al di sotto curva (se la dimensione della bolla è espressa in mm). La Forza è in realtà l'energia necessaria a gonfiare la bolla di impasto fino alla rottura espressa in decimillesimi (10-4) di Joule),.


Leader mondiale nella produzione di sistemi per determinare tali proprietà della farina è la Chopin [7] col suo alveografo}}.


La misura mediante l'alveografo rispetta una procedura standard:



  1. Viene fatto un impasto di 250 g di farina con acqua leggermente salata per otto minuti da questo impasto vengono ricavate cinque "pastine" rotonde. La quantità acqua aggiunta è il 50% della farina considerando anche quella presente nella farina.

  2. Le "pastine" vengono lasciate riposare per 15 minuti a 25 °C in un apposito scomparto dell'Alveografo.

  3. Le "pastine" sono poste su una piastra che le fa gonfiare mediante un flusso di aria a pressione misurata. Le "pastine" si gonfieranno fino a divenire delle semisfere. In base al volume della sfera ricavato, si avrà il P, L e il W della farina. Più grande sarà la sfera, più alto sarà la Forza della farina.


Un alto valore di W indica un alto contenuto di glutine; questo vuol dire che la farina assorbirà molta acqua e che l'impasto sarà resistente e tenace, e che lieviterà lentamente perché le maglie del reticolo di glutine saranno fitte e resistenti. Viceversa, un W basso indica una farina che ha bisogno di poca acqua e che lievita in fretta, ma che darà un impasto (e un pane) leggero e poco consistente.


Ecco un indice di massima:



  • Fino a W 170 (deboli): per biscotti, cialde e dolci friabili; anche per besciamella e per rapprendere salse.

  • Da W 180 a W 260 (medie): pane francese, panini all'olio, pizza, pasta: assorbono dal 55% al 65% del loro peso in acqua.

  • Da W 280 a W 350 (forti): pane classico, pizza, pasta all'uovo, pasticceria a lunga lievitazione: babà, brioche. Assorbono dal 65% al 75% del loro peso in acqua.

  • Oltre i W 350: in genere fatte con particolari tipi di grano, vengono usate per "rinforzare" farine più deboli, mescolandovele, oppure per prodotti particolari. Possono assorbire fino al 100% del loro peso in acqua. Vedi anche voce farina manitoba.


Le farine in commercio al dettaglio hanno un fattore di panificabilità variabile. Solitamente quella delle farine 0 e 00 generiche si aggira sul W 150, quella delle 00 specifiche per prodotti non lievitati (creme, torte a lievitazione chimica come il plum cake, biscotti, crostate) dal W 80 al W 150, quella delle 00 e 0 specifiche per pizza dal W 200 al W 280, quella delle 00 specifiche per dolci lievitati intorno al W 300. Le farine chiamate manitoba, portano il nome di una specifica regione, Manitoba appunto,in Canada, di cui è originario il grano con cui sono prodotte (attualmente, però tale varietà è coltivata in tutto il mondo); tale varietà presenta un alto contenuto proteico e conseguentemente una maggiore capacità di assorbimento dei liquidi, maggiore elasticità e resistenza, ma non identificano il valore del fattore di panificabilità (forza) per cui non è detto che siano più forti di altre varietà.



L'alternativa domestica |


Le confezioni per uso domestico oramai spesso contengono sia il valore W della farina, ma anche la composizione del prodotto. Se non è presente il valore di W, una qualche indicazione è data dal contenuto proteico. Quest'ultimo è sempre dichiarato ed è espresso in grammi e in percentuale nella tabella dei valori nutrizionali. Una farina 00 standard ne contiene ca. 9,5 g, una manitoba ca. 12,5. Più è alto il contenuto proteico, più la farina è da ritenersi forte e più lungo è il tempo minimo richiesto per la lievitazione [8]



Sfarinati di grano duro |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Triticum durum.

Lo sfarinato proveniente dal grano duro viene denominato semola. Tradizionalmente era prodotta prevalentemente nelle regioni del sud Italia, ma adesso la sua produzione ha una distribuzione nazionale. Essa si distingue da quella di grano tenero sia per la granulometria più accentuata che per il suo caratteristico colore giallo ambrato, colore che si ripercuote anche sui prodotti con essa ottenuti. Questa farina si utilizza prevalentemente per la produzione di pane e pasta (sia casereccio che industriale) ma anche per dolci tipici.


Macinando ulteriormente la semola si ottiene la "semola rimacinata" o "rimacinato". Questo prodotto è contraddistinto dal caratteristico colore giallo ambrato proprio della semola ma con una granulometria meno accentuata rispetto alla materia d'origine. Il rimacinato viene prevalentemente impiegato per la panificazione puro o mescolato con farine di grano tenero, il prodotto che si ottiene è un pane a pasta gialla molto saporito e a lunga conservazione.


La tabella seguente riassume le principali caratteristiche delle farine di grano duro in commercio in Italia:






































Denominazione del prodotto
Umidità max
Ceneri min
Ceneri max
Proteine min
Semola *
14,50%

0,90%
10,50%
Semolato
14,50%
0,90%
1,35%
11,50%
Semola integrale di grano duro
14,50%
1,40%
1,80%
11,50%
Farina di grano duro
14,50%
1,36%
1,70%
11,50%

Nota: tabella contenuta nel DPR 9 febbraio 2001, n. 187. Valori delle ceneri e proteine calcolati sul secco. Umidità consentita fino al 15,50% se indicato in etichetta.
È tollerata la presenza di farina di grano tenero in misura non superiore al 3%. * Prova di setacciatura: passaggio allo staccio con maglie di 0,180 mm: massimo 25%. Proteine: azoto Kjeldahl * 5,7



Produzione industriale |


L'industria che provvede alla macinazione del frumento si chiama molitoria. I moderni mulini sono organizzati in sezioni distinte:



  1. Ricevimento e pre-pulitura;


  2. silos vengono conservate le scorte di frumento, che devono essere periodicamente ventilate per evitare il formarsi di muffe;

  3. Pulitura;

  4. Condizionamento;

  5. Seconda pulitura;

  6. Macinazione il mulino vero e proprio che in più passaggi da minimo 8 a 14 o più passaggi, provvede a macinare e separare perfettamente la farina dai sotto-prodotti;

  7. Fariniere depositi verticali simili a silos dedicati specificamente alle farine;

  8. Confezionamento ed insaccaggio delle farine in sacchi;


  9. magazzino vengono conservati i sacchi di farina in attesa della spedizione;


I molini industriali sono normalmente strutture complesse con macchine disposte su più piani da minimo 3 a 5 o più piani, questo per ridurre il numero dei trasporti e sfruttare l'effetto di caduta del prodotto da una macchina a quella successiva.
Per la macinazione a livello industriale si utilizzano macchine chiamate laminatoi che possiedono dei rulli in una speciale lega di ghisa/nichel/cromo temprata superficialmente.
Questi rulli sono per i primi passaggi rigati (passaggi di rottura), negli ultimi passaggi lisci (passaggi di rimacina).
Per la setacciatura si utilizzano macchine chiamate [Plansichter] sono composti da più canali ed ogni canale contiene più setacci sovrapposti da minimo 8 a 32 o più, ogni canale di plansichter ha più uscite fino a sei quindi ogni canale di plansichter divide il prodotto in entrata in più frazioni fino a sei o otto frazioni ed ogni frazione deve raggiungere la sua diversa destinazione.
Vi lascio solo intuire l'intreccio di tubazioni che si possono vedere da sotto il piano plansicher, tanto è che spesso il piano sotto i plansichter sono privi di altri macchinari e vengono definiti piani manovra.
Nel reparto molino tutti i trasporti dei prodotti di ogni passaggio di macinazione sono sollevati con sistemi pneumatici, questo per motivi di igiene essendo sistemi che non permettono il deposito di prodotto ed a fine ciclo sono già perfettamente puliti.
Altri sistemi di trasporto come coclee o elevatori a tazze possono essere utilizzati ma hanno necessità di interventi di pulizia programmata.



Altre farine |



Da cereali |




  • Farina di farro: è il prodotto della macinazione del farro. Il farro rappresenta il più antico tipo di frumento coltivato ed è utilizzato dall'uomo come nutrimento fin dal Neolitico. Contiene glutine.


  • Farina di mais: ottenuta dal mais, è popolare in Italia, negli Stati Uniti d'America e in Messico. La farina di mais sbiancata con la soda caustica è chiamata masa harina ed è usata per la preparazione di tortillas e tamales nella cucina messicana. In Italia sono molto utilizzate farine di diversi tipi di mais, più o meno raffinate e disponibili in granulometrie diverse: dalla cosiddetta farina "bramata", a grana più grossa, usata soprattutto nel nord per la polenta, alla farina "fioretto", usata anche per la panatura dei fritti e per la preparazione di dolci della tradizione contadina, al cosiddetto "fumetto", una farina a grana finissima ricavata dalla parte più interna dei chicchi di mais, usata anche in pasticceria e, raramente, per panificare. Non contiene glutine.


  • Farina di segale: ottenuta dalla segale, è utilizzata per cucinare il tradizionale pane a lievitazione naturale di segale in Germania, in Scandinavia, alta Lombardia, Trentino Alto Adige, Piemonte ecc. In genere il pane di segale è preparato mescolando farina di segale e di frumento perché la segale ha un basso contenuto di glutine. Il pane di segale (come ad esempio il pumpernickel e il ruisreikäleipä) è solitamente preparato solo con segale e contiene un misto di farina di segale e grano di segale.


  • Farina di riso: ottenuta dal riso, è di grande importanza nella cucina orientale. Da essa è possibile ottenere anche carta di riso commestibile. Principalmente la farina di riso è estratta dal riso bianco ed è essenzialmente amido puro, mentre è disponibile in commercio anche la farina ottenuta dal chicco intero. Non contiene glutine.


  • Farina di riso glutinoso: ottenuta dal riso glutinoso, è utilizzata nelle cucine asiatiche orientali e sudorientali per preparare il tangyuan, etc.


  • Farina di miglio: ottenuta dal miglio. Non contiene glutine.


  • Farina di teff: è ricavata dal cereale teff, ed è di considerabile importanza nell'Africa orientale (particolarmente attorno al Corno d'Africa). Da notare che è l'ingrediente principale nell'ingerà, un importante componente della cucina etiope. Non contiene glutine.


  • Farina Atta: è un tipo di farina integrale di grano, importante nella cucina indiana, essendo utilizzata per parecchi tipi di pane come il roti e il chapati.


  • Farina Tang: è un tipo di farina di grano utilizzata principalmente nella cucina cinese per preparare lo strato esterno degli gnocchi e del pane dolce.



Da non cereali |




  • Farina di grano saraceno: dai semi del grano saraceno, che fa parte della famiglia delle Poligonacee, si ricava una farina utilizzata per la preparazione dei pizzoccheri, prodotto tipico della Valtellina, e della polenta taragna. Non contiene glutine.


  • Farina di amaranto: è una farina ottenuta dal grano amaranto, della famiglia delle Amarantacee. Era usata nella cucina pre-colombiana e meso-americana e oggi sempre più diffusa in negozi specializzati. Non contiene glutine.


  • Farina di canapa: è ottenuta da piante del genere Cannabis, della famiglia delle Cannabaceae. Come altri numerosissimi prodotti di questa pianta officinale, ha subito negativamente gli effetti della lotta contro lo spaccio di "droghe leggere" ricavabili dalla stessa pianta. Recentemente, in seguito a miglioramenti normativi, sta tornando in auge con nuovi prodotti, oltre che tessili e farmaceutici, anche alimentari: ne è esempio la pizza di canapa. Non contiene glutine.


  • Farina di quinoa: è ottenuta generalmente dalla quinoa bianca. La quinoa, appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae, è originaria di Perù, Bolivia e America meridionale ed è alimento base del popolo andino da secoli. È stata introdotta in Italia nel 2009 ed utilizzata per la prima volta nel settore della panificazione nel 2010 nel prodotto Quite. La FAO OMS ha proclamato il 2013 anno della Quinoa. Elevatissima importanza nutrizionale soprattutto per l'apporto di aminoacidi essenziali. Non contiene glutine.


  • Farina di moringa: è ottenuta da una pianta appartenente alla famiglia delle Moringaceae. Non contiene glutine. Inoltre è stato creato un marchio commerciale dal nome di "pizza moringa" che detiene il mercato in Italia riguardo alla vendita di questo prodotto e tutela lo stesso prodotto e la clientela che ama questa pizza abbinata alla farina di moringa.



Da leguminose |




  • Farina di ceci (chiamata anche gram flour o besan): ottenuta dal cece, è di grande importanza nella cucina indiana, e in Italia, dove è utilizzata in Liguria per preparare la farinata, a Palermo per preparare le panelle, a Livorno per preparare la "torta di ceci", a Pisa per preparare la "cecina", a Sassari per preparare la "fainè".


  • Farina di piselli: è una farina prodotta da piselli gialli arrostiti e polverizzati.


  • Farina di fagioli: è una farina ottenuta da fagioli essiccati e polverizzati.


  • Farina di soia: è una farina ottenuta dalla soia.


  • Farina di fave: è una farina ottenuta dalla fava.



Fecole |



  • Farina di patate o fecola di patate: è ottenuta riducendo le patate ad una poltiglia ed eliminando le fibre con lavaggio in acqua. Il prodotto essiccato è essenzialmente amido ma contiene anche qualche proteina.


  • Maizena - fecola ricavata dal mais o amido di mais.



  • Farina di castagne: è ottenuta da castagne, popolare in Corsica, nelle regioni francesi della zona del Massiccio Centrale e in alcune aree appenniniche d'Italia. In Italia è principalmente usata per la preparazione di dolci tra cui il celebre castagnaccio, le frittelle, i necci in Toscana, eccetera. Sia in Corsica sia in Italia la farina di castagne è usata anche per preparare la tradizionale varietà di polenta dolce, che ha a lungo costituito l'alimento-base delle popolazioni di montagna in numerose zone dell'Appennino.


  • Farina di manioca (o farina di tapioca): ottenuta dalla manioca (o tapioca).



Farine non più utilizzate |




  • Farina di taro, ottenuta da tubero di taro.


  • Farina di tifa, ottenuta dalla tifa.


  • Farina di ghiande, ottenuta dalle ghiande.



Farine speciali non destinate all'alimentazione umana |



  • Le farine proteiche animali, costituite da scarti di macellazione tritati, liofilizzati e polverizzati vengono usate come mangime per allevamenti.

  • La farina fossile è una polvere non commestibile costituita da gusci di diatomee microscopiche: si usa come materiale filtrante in chimica analitica o come abrasivo fine. Alfred Nobel la usò come base inerte nella sua dinamite.



Note |




  1. ^ La legge italiana stabilisce chiaramente le caratteristiche e le eventuali denominazioni con il Decreto del Presidente della Repubblica n.187 del 9 febbraio 2001 DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 febbraio 2001, n.187


  2. ^ http://www.treccani.it


  3. ^ Simona Lauri, La funzione degli Additivi nelle Farine, taff.biz. URL consultato il 17 novembre 2014.


  4. ^ Tabelle di Composizione degli Alimenti, Istituto Nazionale della Nutrizione, a cura di E.Carnovale, L. Marletta (1997)


  5. ^ Il nome Forza è improprio in quanto, in realtà rappresenta l'energia per fare gonfiare un panetto di impasto standard, ma tale nome è quello usato più comunemente


  6. ^ Insieme di più proteine distinte che però formano un tutt'uno


  7. ^ http://www.chopin.fr


  8. ^ Da consultare: bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it



Voci correlate |



  • Colla di farina

  • Farina bona

  • Mulino

  • Grits

  • Crusca

  • Cruschello

  • Cuscus



Altri progetti |



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Collegamenti esterni |






  • Farina, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata


  • (EN) Farina, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata


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