Velleda




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Veleda al Jardin du Luxembourg


Velleda o Veleda (in latino Vĕlĕda, -ae; ... – ...) era una vǫlva (donna sciamano) della tribù germanica dei Bructeri, che ispirò la rivolta batava, guidata contro l'impero romano da Giulio Civile, principe batavo romanizzato (69/70 d.C.).
Fu Velleda, infatti, a predire gli iniziali successi dei ribelli.




Indice






  • 1 Vicenda storica


  • 2 Echi letterari


  • 3 Note


  • 4 Bibliografia


  • 5 Voci correlate


  • 6 Altri progetti





Vicenda storica |


Nella De Origine et situ Germanorum, Tacito osserva che Velleda «esercitava una vasta autorità, secondo un'antica testimonianza germanica per cui s'attribuiscono a molte donne il dono della profezia e qualità divine». In esse, infatti, i Germani vedevano qualcosa di sacro che le rendeva depositarie della saggezza e veritiere mediatrici del sacro. Tacito scrive: «Abbiamo visto noi romani, al tempo del divo Vespasiano, Velleda esser considerata da molti come un dio».[1]


Nel 70 d.C. i ribelli firmarono la pace coi Romani, ottenendo l'amnistia e l'esenzione dai tributi in cambio della fornitura di truppe alleate. Ma Velleda fu catturata e portata in trionfo da Domiziano, morendo poi in prigionia.[2]


Nel 1926, nel Foro di Ardea (Rm), nei pressi di uno dei templi, fu rinvenuta un'epigrafe, che cita Veleda come condannata a servire nel tempio. Il reperto, studiato da Margherita Guarducci "Veleda" e "Nuove osservazioni sull'epigrafe ardeatina di Veleda" (Rend. Pont. Acc. Arch. XXI, 1945/6 e XXIV-XXVI 1949/51) e da P. Mingazzini "Un altro tentativo d'interpretazione dell'iscrizione di Veleda" (Bull. Comm. Arch. Comunale Roma, 1953/54, v.74) è stato datato alla seconda metà del I secolo d.C.



Echi letterari |


Sulla figura di Velleda scrissero anche Vincenzo Monti, nel primo canto de Il bardo della selva nera, e Giosuè Carducci nella poesia dedicata Alla Louisa Grace Bartolini.


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«[...] dell'indovina vergine Velleda,
cui l'antica paura incensi offrìa
nelle selve Brutere, ove implorata
l'aspra donzella con responsi orrendi
del temuto avvenire aprìa l'arcano»


(Vincenzo Monti, Il bardo della selva nera, Canto I)








«[...]Ma ben, come da súbita
procella esercitate,
le selve atre germaniche
suonár, se a l' adunate
plebi i cruenti oracoli
apria Velleda e de le pugne il dì»


(Giosuè Carducci, Alla Louisa Grace Bartolini,)

Velleda ha anche ispirato il personaggio letterario dell'omonima druidessa germanica, eroina del romanzo Les Martyrs di François-René de Chateaubriand. Porta il suo nome la torre nel parco di casa Chateaubriand a Vallée-aux-Loups.
Inoltre, il poeta simbolista Paul Verlaine inserisce la figura della Velleda nella poesia "Après trois ans", in cui l'eroina compare sotto forma di statua:


"Même j'ai retrouvé debout la Velléda,
Dont le plâtre s'écaille au bout de l'avenue"


A lei è intitolato l'asteroide 126 Velleda della fascia principale del sistema solare.



Note |




  1. ^ Tacito, De origine et situ Germanorum, VIII, 3.


  2. ^ Stazio, Silvae, 1.4, linea 90; J.G.W. Henderson, A Roman Life: Rutilius Gallicus On Paper and In Stone (Exeter: University of Exeter Press 1998); L'Année épigraphique 1953, 25.



Bibliografia |


Fonti antiche


  • (LA) Tacito, De origine et situ Germanorum. (testo latino Wikisource-logo.svg, traduzione italiana del Progetto Ovidio).

Fonti storiografiche moderne


  • Anna Ferrari, Dizionario di mitologia Classica, TEA, 1994, ISBN 88-7819-539-1


  • Christian-Joseph Guyonvarc'h, Françoise Le Roux, I Druidi, ECIG, Genoca, 1990 ISBN 88-7545-403-5



Voci correlate |


  • Velleda (nome)


Altri progetti |



Altri progetti


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