Collina




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Panorama collinare toscano di Sasso Pisano




Le colline di Long Mynd nel Shropshire in Inghilterra


La collina è un rilievo la cui zona altimetrica è meno elevata della montagna. La distinzione tra montagna e collina non è netta e può avere delle interpretazioni soggettive; d'ordinario si definisce collina un rilievo che non supera i 400–500 o, secondo altre convenzioni, i 600–700 metri sul livello del mare, quando non presenta aspetto impervio[1], mentre nelle rappresentazioni cartografiche è comune mappare come colline i rilievi inferiori a 675 metri.




Indice






  • 1 Terminologia


  • 2 Tipologie


  • 3 Antropizzazione e utilizzo


  • 4 Note


  • 5 Voci correlate


  • 6 Altri progetti


  • 7 Collegamenti esterni





Terminologia |


Come detto, la distinzione tra collina e montagna non è netta.


Nel Regno Unito i geografi storicamente consideravano come montagne alture superiori ai 1000 piedi (circa 300 m), questa informazione è alla base della trama del film L'inglese che salì la collina e scese da una montagna. Gli escursionisti ponevano come limite i 2.000 piedi (circa 610 m). L'Oxford English Dictionary suggerisce il limite dei 2.000 piedi (610 m) e Whittow afferma: Alcune autorità considerano le elevazioni sopra 610 m (2.000 ft) come montagne, quelle al di sotto come colline[2]. Per tale motivo Cavanal Hill situata nei pressi di Poteau (Oklahoma) viene considerata la collina più alta del mondo raggiungendo i 609 m.


L'ISTAT definisce zona altimetrica di collina un territorio ricco di rilievi di altitudine generalmente inferiore a 600 metri nell'Italia settentrionale e 800 metri nell'Italia centro-meridionale e insulare; eventuali piccole aree distinte racchiuse nella zona si considerano parte della zona di collina[3].


Nei paesi di lingua francese non esiste una distinzione netta tra monte e collina. L'appellativo mont è riservato anche a modeste elevazioni



Tipologie |




Le colline di Swifts Creek, Victoria, Australia




Panorama collinare nel territorio di Pianoro, provincia di Bologna.




Colline nel Mysore (India)


La collina può avere forme dolci e arrotondate, con copertura di vegetazione, ma anche scoscese, brulle o calanchive.


Anche le colline, come le montagne, possono avere diversi meccanismi di formazione. Secondo la loro origine in strutturali, moreniche, vulcaniche e tettoniche.


Le colline strutturali derivano da montagne sottoposte a erosione per lunghi periodi di tempo. Sono strutturali, ad esempio, le colline lucane in Basilicata.


Le colline sedimentarie sono formati dai detriti (ghiaia, roccia, ecc.) trasportati dal vento o dai fiumi. Un caso particolare è quello delle colline moreniche, costituite da detriti accumulati e trasportati dai ghiacciai. Sono ad esempio di origine morenica le colline del Canavese in Piemonte, della Brianza in Lombardia e vicino al lago di Garda. Sono molto diffuse nelle aree collocate nel nord dell'Eurasia (ad esempio la zona di Salpausselkä in Finlandia) e del Nordamerica.


Le colline vulcaniche derivano da antichi vulcani spenti che sono stati ricoperti dalla vegetazione e sono andati incontro a erosione. Le più note in Italia sono i Colli Berici e i Colli Euganei nel Veneto, le colline del Lazio, della Toscana e i colli Albani. Di origine vulcanica sono anche i puy, rilievi collinari o montuosi dell'Alvernia (Francia).


Le colline tettoniche derivano da corrugamento della crosta terrestre e dal sollevamento dei fondali marini. Sono di origine tettonica le colline del Monferrato e delle Langhe in Piemonte, le Murge in Puglia.



Antropizzazione e utilizzo |


Anticamente scelta dall'uomo come luogo di residenza per le sue favorevoli caratteristiche climatiche, per la maggior possibilità di difesa dagli attacchi nemici e per la fertilità del terreno che, in caso di pendenza eccessiva, viene coltivato a terrazze. In moltissime zone, poi, i terreni pianeggianti erano interessati da ristagno idrico, con formazione di paludi e, molto spesso, caratterizzate dalla diffusione della malaria.[4][5]




Campi sui terrazzamenti delle colline cinesi che si usano per il riso


Questa precoce antropizzazione delle colline ha portato alla formazione di un paesaggio agrario nel modo in cui noi lo conosciamo. Da qui il tradizionale accostamento delle colline con un ambiente armonico e salubre. Ad esempio, nel riconoscere patrimonio dell'umanità il paesaggio collinare della Valle dell'Orcia, l'Unesco adotta la seguente motivazione:


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«il paesaggio della Val d'Orcia è stato celebrato dai pittori della Scuola Senese, fiorita durante il Rinascimento. Le immagini della Val d'Orcia ed in particolar modo le riproduzioni dei suoi paesaggi, in cui si raffigura la gente vivere in armonia con la natura, sono diventate icone del Rinascimento ed hanno profondamente influenzato il modo di pensare il paesaggio negli anni futuri.»



Le coltivazioni collinari sono impostate su criteri che variano secondo il contesto geografico, storico e socioeconomico e, in subordine, alle condizioni pedoclimatiche.


Nelle regioni ad agricoltura marginale o di sostentamento, le colture prevalenti sono i cereali e le leguminose, finalizzate a soddisfare i fabbisogni nutritivi primari della popolazione rurale. In questo caso l'agricoltura è complementare all'allevamento di animali da carne o da latte in regime estensivo, con l'utilizzo prevalente della produzione foraggera attraverso il pascolamento. I regimi termopluviometrici condizionano la scelta delle colture principali, al fine di adattare i cicli produttivi alle risorse naturali. Nelle regioni tropicali, interessate da regimi termici favorevoli concomitanti con piovosità relativamente alte, l'uomo si è orientato verso colture con elevati fabbisogni idrici, come il riso in Asia e il mais nel Centroamerica e nel Sudamerica. Nelle regioni temperate l'agricoltura si è invece sviluppata su criteri in cui prevalgono, secondo la latitudine, le esigenze termiche o quelle idriche: ad esempio, nell'ambiente mediterraneo ha prevalso la diffusione di colture a ciclo autunno-primaverile, grazie agli inverni miti e a causa della siccità del periodo primaverile-estivo.





Solferino, colline moreniche del Lago di Garda


Nelle regioni a economia avanzata, l'agricoltura ha subito un drastico ridimensionamento e uno sconvolgimento degli indirizzi produttivi tradizionali. Lo spopolamento delle aree collinari e l'incremento dei costi di produzione porta, secondo il contesto, a sviluppi differenziati:



  • In regioni ben servite dalle infrastrutture e a densità di popolazione relativamente alta, l'ordinamento produttivo si è orientato verso colture ad alto reddito al fine di sfruttare le sistemazioni superficiali di valore capitale più o meno elevato (terrazzamenti, girapoggi, cavalcapoggi, ecc.). In Italia, tali colture sono ad esempio rappresentate, secondo le regioni, dall'orticoltura e dalla floricoltura (Liguria, Costa amalfitana, ecc.), dalla frutticoltura (Emilia-Romagna, Veneto, Trentino, Campania), dalla viticoltura (in gran parte del territorio italiano).

  • In aree più marginali, lo sviluppo economico ha comportato un progressivo abbandono dell'agricoltura da reddito per orientarsi su colture legnose in grado di fornire anche modeste produzioni ma con un limitato impiego di fattori di produzione. In gran parte dell'Italia, queste colture sono tradizionalmente rappresentate principalmente dalla vite e dall'olivo, ma in aree più o meno circoscritte ricorrono anche le piantagioni da frutta secca (mandorlo, castagno, nocciolo, pistacchio, ecc.) o altre colture da frutto minori. Situazioni contingenti di natura socioeconomica possono portare, in determinate aree, anche al degrado, fino al completo abbandono, di queste colture.

  • In particolari contesti sociorurali, di dimensione comprensoriale o regionale, la collina offre lo spazio per lo sviluppo di specifici comparti agricoli associati a prodotti tipici regionali di particolare pregio. Questo sfruttamento, sopravvissuto all'abbandono delle campagne collinari, ha assunto in Europa, negli ultimi decenni, un particolare interesse grazie alla valorizzazione di questi prodotti con la costituzione di consorzi e marchi di tutela (DOP e IGP). In quest'ambito si collocano anche i nuovi regimi di coltivazione nel comparto viticolo e in quello olivicolo.

  • In molte aree, l'abbandono dell'agricoltura lascia spazio al comparto zootecnico, condotto per lo più in regime estensivo, con l'allevamento di bovini da carne, ovini e caprini. Anche in questo caso, l'evoluzione del contesto socioeconomico può portare a un trend di progressivo declino causato dalla competizione della zootecnica intensiva di pianura e dei mercati internazionali, oppure, grazie alla valorizzazione e tutela dei prodotti tipici, a un rilancio del comparto.

  • Rinaturalizzazione del paesaggio rurale. Dove l'antropizzazione ha avuto un impatto relativamente modesto sugli ecosistemi naturali, l'abbandono dell'agricoltura può permettere un recupero integrato del patrimonio storico, culturale, ambientale. In questo ambito si collocano la costituzione di riserve naturalistiche, lo sviluppo di forme di agricoltura integrata e agricoltura biologica e dell'agriturismo e, nelle aree più marginali, il rimboschimento. Il successo di questi processi è strettamente condizionato dal concorso integrato di molteplici fattori, che coinvolgono la popolazione rurale, la disponibilità di capitali pubblici e privati, le amministrazioni locali, gli altri settori economici.


Negli ambienti collinari dove l'agricoltura o la zootecnica hanno avuto un impatto più forte, l'abbandono delle forme tradizionali di sfruttamento e la mancata riconversione portano a uno stato di degrado ambientale che nelle regioni temperate si manifesta con il dissesto idrogeologico. La collina, nel corso dei secoli o dei millenni, ha sopportato il peso dell'antropizzazione grazie all'esecuzione di opere di miglioramento fondiario finalizzate a regimare le acque meteoriche che, in sostanza, sopperivano alla mancata azione di contenimento da parte della vegetazione naturale. Tali opere, che si identificano soprattutto con le sistemazioni superficiali di collina (terrazzamento, girapoggio, cavalcapoggio, rittochino, ecc.) sono state eseguite fondamentalmente con la capitalizzazione del lavoro: nelle stagioni con minor fabbisogno, la forza lavoro disponibile nella popolazione rurale si impiegava nella realizzazione di queste sistemazioni e nella loro manutenzione. Lo spopolamento delle aree collinari e i problemi relativi alla gestione delle sistemazioni superficiali, in parte incompatibili con la meccanizzazione ma, soprattutto, diventate proibitive per l'elevato costo della manodopera, hanno comportato un progressivo abbandono di queste sistemazioni e a un'intensificazione dei fenomeni di erosione, desertificazione e dissesto idronologico.



Note |




  1. ^ Per il limite di 400-500 metri, si veda: Roberto Alamgia - Piero Benedetti, Enciclopedia Treccani, voce montagna. Per il limite di 600-700 metri, si veda: Umberto Solimene e Per-Olof Åstrand, Enciclopedie Treccani, voce Montagna.


  2. ^ John Whittow, Dictionary of Physical Geography, Londra, Penguin, 1984, ISBN 0-14-051094-X., pag. 352


  3. ^ Glossario, sito dell'ISTAT, www3.istat.it Archiviato il 31 dicembre 2011 in Internet Archive. (consultato nell'ottobre 2012)


  4. ^ Antonio Saltini Il colle e la siepe


  5. ^ ad esempio , anche vaste zone della Pianura Padana negli anni a cavallo dell'Ottocento fino alla prima metà del Novecento



Voci correlate |



  • Sistemazioni di colle

  • Terrazzamenti

  • Paesaggio agrario



Altri progetti |



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Collegamenti esterni |






  • Collina, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata


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