Vescovo




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Nota disambigua.svgDisambiguazione – "Vescovi" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Vescovi (disambigua).







Stemma vescovile della Chiesa cattolica




Vescovo cattolico durante una celebrazione liturgica. Si possono notare le insegne, tra cui la mitra, il bastone pastorale, l'anello e la croce pettorale


Il vescovo è il responsabile (pastore) in alcune chiese cristiane di una diocesi e, nel cattolicesimo, nell'ortodossia, nell'anglicanesimo e in tutte le chiese che credono nell'episcopato storico, è considerato un successore degli apostoli.


La parola viene dal greco επίσκοπος (epìscopos), che significa "supervisore", "sorvegliante". .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}Alcune chiese cristiane usano tale traduzione invece della traslitterazione (episcopos) della parola greca, in corrispondenza di un servizio simile a quello dei vescovi cattolici.[non chiaro]


Nell'antica Grecia questo termine veniva utilizzato per indicare uno scolarca, o direttore di un'accademia, poiché spesso aveva funzioni di sorveglianza. Si è evoluto nel tempo coincidendo con la figura del dirigente tecnico, o tecnarca, come nella gerarchia dei filomati, mentre è rimasto invariato nell'assetto religioso delle varie chiese.[senza fonte]


I vescovi cattolici godono dell'appellativo di "Eccellenza Reverendissima", mentre i patriarchi (cattolici di rito orientale e ortodossi) quello di "beatitudine".




Indice






  • 1 Storia


  • 2 Nelle Chiese ortodosse


  • 3 Nel cattolicesimo


    • 3.1 Elezione e ordinazione


    • 3.2 Funzioni del vescovo nella Chiesa cattolica


    • 3.3 Insegne episcopali e abiti propri


    • 3.4 Gerarchia dei vescovi


    • 3.5 Aspetto collegiale


    • 3.6 Appellativi




  • 4 Nel vetero-cattolicesimo


  • 5 Nel protestantesimo


  • 6 Note


  • 7 Bibliografia


  • 8 Voci correlate


  • 9 Altri progetti


  • 10 Collegamenti esterni





Storia |





Ambrogio, vescovo di Milano, vestito delle insegne episcopali


L'episcopato è uno dei ministeri citati nel Nuovo Testamento, in particolare nelle lettere di Paolo, seppur con differenze rispetto a quello sviluppatosi con il tempo nelle chiese di tradizione episcopale (che riconoscono cioè l'autorità dei vescovi come successori degli apostoli).[1]


Nei primi secoli del cristianesimo il suo ruolo cominciò invece a delinearsi come quello di guida delle chiese locali: nel III secolo abbiamo la presenza di importanti comunità cristiane di fondazione apostolica guidate da vescovi (come a Lione o ad Antiochia). Nel IV secolo sono vescovi molti dei padri della Chiesa: Ambrogio a Milano, Agostino a Ippona, Cirillo a Gerusalemme, Atanasio ad Alessandria.


Nel IV secolo Costantino dette inoltre ai vescovi lo "status" di funzionari dello Stato romano, attribuendosi lui stesso il titolo di "supervisore/vescovo per gli affari esterni alla chiesa cristiana". Fu lo stesso imperatore Costantino a convocare e presiedere il primo concilio ecumenico della storia, quello di Nicea del 325.




Dipinto di Meo da Siena (particolare dal polittico del 1315 per l'abbazia di Santa Maria di Valdiponte, oggi nella Galleria nazionale dell'Umbria a Perugia) raffigurante un vescovo


Il ruolo di funzionari venne mantenuto anche dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente in età feudale, spesso anche per motivi pratici: i vescovi, essendo sacerdoti, avevano l'obbligo del celibato e non potevano pertanto avere figli legittimi che potessero pretendere un'eredità del feudo. Questo avvenne nella maggior parte dei paesi a maggioranza ortodossa (come Romania, Grecia, Bulgaria, ...), nel Regno di Franconia, nel Sacro Romano Impero di Carlo Magno (con il ruolo dei vescovi-conti), nei paesi scandinavi (Danimarca, Norvegia, Svezia) e in Islanda (così è avvenuto, in tempi più recenti, nella Repubblica Popolare Cinese).


Tale situazione dettò nel corso della storia della Chiesa numerosi problemi, soprattutto per quanto riguardava la facoltà di nominare i vescovi, contesa tra imperatore e papato, fino a sfociare in uno scontro aperto nell'XI secolo, in quella che viene definita lotta per le investiture.


Un caso particolare di diocesi nullius (ovvero territorio non facente capo ad alcuna diocesi) dove il capo di Stato nominava i vescovi e aveva anche una grande influenza sulla nomina del Patriarca era quella di Venezia o di San Marco, retta da un Doge con prerogative vescovili, che, a seguito della traslazione delle spoglie dell'apostolo Marco da Alessandria d'Egitto a Venezia nel IX secolo, diede al princeps Ducatus Venetus l'assoluta autonomia di nomina vescovile nella sua diocesi per tutta la durata della Serenissima Repubblica, competendo in prestigio con la stessa sede romana.


Il ruolo dei vescovi venne messo in discussione nel XVI secolo da parte delle chiese riformate, che non accettavano l'ordine sacro e non ritenevano che l'episcopato facesse parte della costituzione divina della Chiesa.


In ambito cattolico, questa concezione venne condannata dal Concilio di Trento, che ribadì invece la dottrina secondo cui i vescovi sono i successori degli apostoli e il loro ruolo è istituito da Gesù Cristo; il concilio emanò inoltre alcuni decreti disciplinari per contrastare la pratica che considerava il vescovo un uomo di potere: per la prima volta, la rendita dei benefici ecclesiastici venne connessa alla residenza nella diocesi di appartenente e venne ribadita la preminenza del ruolo pastorale del vescovo rispetto quello politico e istituzionale.



Nelle Chiese ortodosse |







Nel cattolicesimo |





Willem Jacobus Eijk, allora vescovo cattolico di Groninga, in abito corale


Nel cattolicesimo l'episcopato è il terzo e il più alto tra i gradi in cui è suddiviso il sacramento dell'Ordine. Gli altri due sono, in ordine di successione, il diaconato e il presbiterato (sacerdoti).[2]


Come detto, i vescovi sarebbero i successori degli apostoli[3] sia dal punto di vista pastorale sia sacramentale: gli apostoli, ricevuto lo Spirito Santo nella Pentecoste (Atti 1,8; 2,4; Giovanni 20,22-23), lo hanno trasmesso ai loro successori con l'imposizione delle mani ed esso è stato trasmesso fino a oggi nell'ordinazione episcopale[2] (questo concetto teologico è chiamato successione apostolica).


Pertanto, i Cardinali e il Sommo Pontefice sono vescovi, sia dal punto di vista teologico che sacramentale. Infatti, "Vescovo di Roma" è uno degli appellativi propri del Papa.

La distinzione rispetto agli altri vescovi è individuata nell'abito del diritto canonico, riguardo all'importanza della diocesi amministrata, per estensione geografica e per numero di fedeli residenti, e agli organi collegiali di appartenenza.


La chiesa-edificio da cui un vescovo esercita il suo magistero è detta cattedrale.



Elezione e ordinazione |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Nomina dei vescovi cattolici.



Il vescovo Arturo Aiello presso la cattedrale di Teano


Nella Chiesa delle origini, il vescovo veniva scelto con l'intervento del clero e del popolo, che potevano testimoniare i meriti del candidato. Nel Medioevo il diritto di elezione era esercitato generalmente dal capitolo cattedrale. Ma successivamente, in epoche diverse per ogni diocesi, i diritti di elezione dei vescovi furono esercitati direttamente dalla Santa Sede, che in alcune occasioni concesse a sovrani cattolici il diritto di nomina o di presentazione. Solo con il codice del 1917 si arriva ad affermare solennemente che il vescovo deve essere nominato dal papa, o comunque il diritto del papa di confermare i vescovi legittimamente eletti.[4] Ancora oggi la Santa Sede riconosce i privilegi tradizionali esercitati da alcuni capitoli e alcuni capi di Stato nella nomina dei vescovi.[5]


Attualmente è previsto che almeno ogni tre anni i vescovi di una provincia ecclesiastica, o le conferenze episcopali, inviino alla Santa Sede un elenco di sacerdoti adatti all'episcopato. In ogni caso, ogni qualvolta viene nominato un vescovo, il legato pontificio è tenuto a comunicare alla Santa Sede, insieme al suo parere, anche quello del metropolita e dei vescovi suffraganei della provincia alla quale appartiene il candidato.[6]


Per l'elevazione all'episcopato si richiede che il candidato:[7]



  1. sia eminente per fede salda, buoni costumi, pietà, zelo per le anime, saggezza, prudenza e virtù umane, e inoltre dotato di tutte le altre qualità che lo rendono adatto a compiere l'ufficio in questione;

  2. goda di buona reputazione;

  3. abbia almeno trentacinque anni di età (
    40 in Italia su decisione della CEI[senza fonte]);

  4. sia presbitero almeno da cinque anni;

  5. abbia conseguito la laurea dottorale o almeno la licenza in Sacra Scrittura, teologia o diritto canonico in un istituto di studi superiori approvato dalla Sede Apostolica, oppure sia almeno veramente esperto in tali discipline.


Il rito dell'ordinazione episcopale prevede l'imposizione delle mani da parte di un vescovo consacrante (solitamente insieme ad altri due vescovi co-consacranti[8]) e la consegna del Vangelo, dell'anello, della mitra e del pastorale. La consegna del Vangelo indica il dovere di annunciare la Parola di Dio, l'anello è simbolo della fedeltà all'impegno e al servizio episcopale, la mitra (o mitria) è un richiamo allo splendore della santità alla quale il vescovo deve aspirare, il pastorale è un riferimento al ministero di pastore che il vescovo assume con la sua nomina.






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Lo stesso argomento in dettaglio: Rito romano § Ordinazione episcopale.

L'ordinazione episcopale viene sempre effettuata su un permesso espresso dalla Santa Sede, ma può essere valida (anche se non legittima) anche in contrasto con questa disposizione, purché il consacrante sia un vescovo. Il vescovo che consacri un altro vescovo senza mandato pontificio incorre tuttavia nella scomunica latae sententiae prevista dal Codice di Diritto Canonico.[9] Nei tempi moderni gli ordinanti sono di solito tre vescovi. In tempi recenti, hanno suscitato clamore l'ordinazione di quattro vescovi senza le dovute lettere pontificie da parte di mons. Marcel Lefebvre nel 1988 e, nel 2006, da parte di mons. Emmanuel Milingo.[10]


Molti teologi criticano l'attuale modalità di nomina dei vescovi da parte della Santa Sede e chiedono un ritorno all'elezione dei vescovi da parte delle chiese nazionali.[senza fonte]



Funzioni del vescovo nella Chiesa cattolica |




Vescovo cattolico conferisce l'ordine sacro a un sacerdote secondo la forma straordinaria del rito romano


Il Codice di diritto canonico precisa che:


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«I Vescovi, che per divina istituzione sono successori degli apostoli, mediante lo Spirito Santo che è stato loro donato, sono costituiti Pastori della Chiesa, perché siano anch'essi maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto e ministri del governo»


(Can. 375)

Secondo questo testo, e secondo le linee comuni della teologia, il ministero o servizio del vescovo si sviluppa lungo tre direttrici, partendo dalle tre caratteristiche di Cristo (profezia, sacerdozio, regalità). Si distinguono tre munera, ossia uffici propri del vescovo:



  • il munus docendi, l'ufficio di insegnare: il vescovo è il maestro nella fede del popolo di Dio a lui affidato, ha la funzione di insegnare con autorità la dottrina rivelata da Dio;

  • il munus sanctificandi, l'ufficio di santificare: presiedendo la celebrazione dei sacramenti, è strumento di Dio per la santificazione del suo popolo; è suo compito e responsabilità amministrare il sacramento dell'Ordine sacro per la consacrazione di diaconi, presbiteri, vescovi;

  • il munus regendi, l'ufficio di governare: il vescovo è il responsabile dell'attività pastorale della comunità diocesana, il primo dei servitori del popolo di Dio e quindi del regno di Dio.



Insegne episcopali e abiti propri |




L'arcivescovo cattolico Dionigi Tettamanzi con le insegne durante una celebrazione liturgica


Oltre alle insegne episcopali ricevute durante la consacrazione (anello, mitra e pastorale) e ai paramenti propri del presbitero, durante i vari riti liturgici il vescovo indossa la croce pettorale, solitamente in metallo e affrancata a una catena o cordiglio di colore verde/oro e lo zucchetto di colore paonazzo. Nei pontificali il vescovo presidente indossa sotto la casula o pianeta anche la dalmatica. Se il vescovo è insignito del titolo di arcivescovo metropolita (cioè è a capo di una metropolia, una circoscrizione ecclesiastica comprendente più diocesi) indossa, sopra la casula, il pallio, che esprime il legame con il pontefice romano.


In occasione di visite pastorali o se assiste (ovvero non prende parte diretta alla celebrazione) a riti religiosi, il vescovo indossa l'abito corale, mentre ordinariamente indossa l'abito piano.



Gerarchia dei vescovi |




L'arcivescovo metropolita polacco Zygmunt Kamiński, allora arcivescovo di Stettino-Kamień, mentre indossa il pallio


Benché dal punto di vista sacramentale tutti i vescovi abbiano le stesse attribuzioni, anche tra i vescovi esiste una gerarchia: il grado più alto è quello di patriarca, a cui segue, nelle chiese cattoliche orientali, quello di arcivescovo maggiore; quindi gli arcivescovi metropoliti, che sono i vescovi a capo delle arcidiocesi metropolitane, sedi principali di una provincia ecclesiastica composta, oltre alla sede metropolitana, da una o più diocesi suffraganee.


L'arcivescovo metropolita, oltre agli abiti episcopali comuni a tutti i vescovi, indossa il pallio che gli è proprio. Il pallio e il pastorale possono essere portati solo nel proprio ambito di giurisdizione. C'è inoltre da precisare che alcune sedi suffraganee sono comunque "arcidiocesi", non metropolitane. Il vescovo di tale sede suffraganea è dunque arcivescovo, senza essere metropolita e senza indossare il pallio.


Anticamente il primate, cioè un arcivescovo a capo di una Chiesa nazionale cattolica (o autocefala per gli Ortodossi) era uso portare il "razionale", che lo distingueva dal resto dei metropoliti, ed era una specie di pallio fregiato a forma più circolare, oppure a Y; vi sono alcune arcidiocesi nel Nord Europa in cui è ancora oggi in uso, ad esempio Paderborn in Germania e Cracovia in Polonia. Vi sono poi gli arcivescovi, che possono essere a capo di una arcidiocesi metropolitana (metropolita), o di un'arcidiocesi soppressa o ancora ad personam.


In una diocesi grande possono anche essere nominati vescovi ausiliari per aiutare il vescovo titolare. Se hanno diritto di successione vengono chiamati coadiutori, e succedono alla cattedra del vescovo titolare.


Ad alcuni vescovi (anche latini) è attribuito il titolo di "esarca" in riconoscimento di un'autorità più ampia, o di una tradizione illustre della propria sede episcopale.



Aspetto collegiale |




Vescovi radunati nel Primo concilio di Nicea


L'ordine episcopale ha un carattere collegiale: i vescovi sono tenuti a lavorare in comunione tra loro e con il vescovo di Roma (il papa) in particolare. L'insieme di tutti i vescovi prende il nome di Collegio episcopale di cui il pontefice è il capo.[11]


Il collegio episcopale esercita la sua potestà in modo solenne durante i concili ecumenici, riunioni nelle quali tutti i vescovi della Chiesa sono chiamati per trattare temi di fede e di morale.[11] Tali concili sono comunque sottomessi all'autorità del Vescovo di Roma.[12]


A livello locale i vescovi sono organizzati in conferenze episcopali su base nazionale. Le cariche della conferenza episcopale sono elettive e a scadenza determinata.[13]
Tutti i vescovi della Chiesa Cattolica partecipano di diritto ai Sinodi, ai Concili (ecumenici, e non) e alla Conferenza episcopale nazionale della rispettiva diocesi di appartenenza; invece, soltanto i vescovi che il Vicario di Cristo in terra ha nominato cardinali, sono membri del Collegio cardinalizio. Il Collegio cardinalizio coincide a sua volta con il Conclave che ha il compito di eleggere il papa (con l'unica esclusione dei cardinali che abbiano compiuto l'ottantesimo anno di età).


Nelle Chiese cristiane orientali (ortodosse, e 23 Chiese cattoliche), il Santo Sinodo rappresenta la più alta autorità ed organo deliberativo in materia di governo, di giudizio e di fede, che elegge il Patriarca o il primate della Chiesa.

Per quanto riguarda le 23 Chiese cattoliche di rito orientale (che sono tutte Chiese sui iuris), il Codice dei canoni delle Chiese orientali è stato il primo codice di diritto canonico comune, promulgato da papa Giovanni Paolo II nel 1990. All'interno del Santo Sinodo, esso ha istituito un sinodo patriarcale permanente della Chiesa, formato dal patriarca e da quattro vescovi in carica per cinque anni, e ha disciplinato nello stesso tempo la convocazione del Santo Sinodo (di tutti i vescovi) che da allora ha luogo per alcune materie specifiche, ovvero su richiesta di un terzo dei vescovi oppure del sinodo patriarcale.



Appellativi |


I vescovi e gli arcivescovi cattolici hanno diritto al trattamento di "eccellenza reverendissima", mentre ai patriarchi (termine che significa, in greco, "primo padre") cattolici di rito orientale spetta quello di beatitudine, trattamento che è riservato anche al patriarca di Gerusalemme dei Latini. Ai cardinali spetta il trattamento di "eminenza" .


Nella Chiesa ortodossa di rito bizantino e nelle Chiese orientali non bizantine si segue un'altra tradizione: i patriarchi ortodossi più importanti (ad esempio Costantinopoli, Antiochia, Alessandria, Gerusalemme, Mosca) godono del trattamento di "Santità" (che nella Chiesa latina è riservato al papa); i primati (cioè arcivescovi a capo) di Chiese ortodosse autocefale o autonome hanno pure il trattamento di "beatitudine", mentre agli arcivescovi in genere, sia metropoliti sia non metropoliti spetta il trattamento di "eminenza", che li distingue dai vescovi,[senza fonte] .


Vi sono poi usanze locali tradizionali e antichissime: ad esempio, si usa in Grecia l'appellativo di kyrios (signore), che in slavo-russo diviene vladika, e che indica il vescovo; oppure addirittura l'usanza più vicina all'epoca apostolica di indicare il vescovo come il Santo (ad esempio: «il Santo di Smirne», o «il Santo di Atene», «il Santo di Antiochia», ecc. con il solo nome del vescovo e non il cognome, poiché egli era conosciuto da tutti). Infatti le lettere apostoliche (come quelle di Paolo di Tarso), oppure la stessa Apocalisse giovannea, cominciavano spesso con questa formula codificata: "Al Santo che sta nella città di..." o "ai Santi che sono in..." e spesso finiva con i saluti "ai Santi e ai fratelli in Cristo" per indicare i vescovi e presbiteri a capo delle Chiese sorelle.


Un altro trattamento particolare è riservato al Patriarca della Chiesa armena (una delle Chiese più antiche) chiamato «Catholicos degli Armeni»; infatti le Chiese d'Oriente si sono ritenute cattoliche (nel senso di "universali") da sempre, recitando il Credo nella liturgia ([Credo] in Unam Sanctam, Catholicam et Apostolicam Ecclesiam).


Infine il Patriarca di Alessandria, oltre ad avere il titolo di Tredicesimo Apostolo e di giudice universale, portava, circa duecento anni prima del vescovo di Roma, il titolo di "papa" (papas), che significa “Padre”, come anche il termine patriarca.



Nel vetero-cattolicesimo |




Vescovo vetero-cattolico con i paramenti liturgici


Secondo l'ecclesiologia vetero-cattolica, quella di vescovo è la più alta carica nella Chiesa, ed è legata a una realtà diocesana esistente. Questo principio è espresso dalla chiesa primitiva e ribadito da Urs Küry con le parole: sine episcopo nulla Ecclesia, nullus episcopus sine ecclesia (non c'è chiesa senza un vescovo, non c'è vescovo senza una chiesa). Pertanto nelle Chiese vetero-cattoliche non ci sono vescovi ausiliari, se non in rari casi (ad esempio malattia grave o età avanzata del vescovo in carica).


Precondizione per l'ordinazione episcopale è che il candidato all'episcopato sia stato consacrato diacono e presbitero già prima della consacrazione (l'Ordine ricevuto in altre Chiese cattoliche è riconosciuto e quindi non può essere ripetuto).
Bisogna rispettare le seguenti operazioni:



  1. Il candidato deve essere nominato dal capitolo della cattedrale o dal Sinodo per essere eletto vescovo. Questa è la forma attuale delle elezioni della Chiesa primitiva secondo la formula "vescovo dal clero e dal popolo".

  2. La consacrazione avviene mediante la preghiera di consacrazione e l'imposizione delle mani da parte di un vescovo in successione apostolica, di solito con l'assistenza di almeno due altri vescovi.


Caratteristica di un vescovo vetero-cattolico è, quindi, di essere sia eletto sia consacrato. Quando manchi il primo passo (come nel caso dei vescovi vaganti), la validità della consacrazione è dubbia. Tuttavia, se il consacrando è validamente eletto, mentre la consacrazione non è ancora stata effettuata, costui può già - quando l'ordinamento della sua Chiesa locale lo consenta - esercitare le funzioni episcopali che non richiedono l'ordinazione episcopale in qualità di "vescovo eletto".


Le Chiese vetero-cattoliche sono Chiese locali autonome. Così, l'Arcivescovo di Utrecht, che è al contempo presidente della Conferenza episcopale vetero-cattolica internazionale dell'Unione di Utrecht in quanto titolare della più antica sede episcopale, detiene il primato d'onore ma non ha poteri giurisdizionali di là della sua diocesi.


Il ritiro del vescovo e l'età massima sono regolamentati a livello nazionale. In Germania e in Svizzera, per esempio, l'età massima è di 70 anni, dopo di che un vescovo dovrebbe andare in pensione. Anche successivamente alle dimissioni egli può esercitare nella liturgia funzioni episcopali, mentre la guida della diocesi rimane unicamente al suo successore.


Le insegne di un vescovo vetero-cattolico sono simili a quelle di un vescovo cattolico romano: mitra, pastorale, anello e croce pettorale. A causa dello scisma da Roma, gli arcivescovi di Utrecht dal 1723 non portano il pallio.


Secondo la tradizione patristica, rimangono riservati al vescovo consacrato la consacrazione degli oli sacri, la consacrazione di chiese e altari e i Sacramento della Confermazione e dell'Ordine.[14] Qualora sia presente in una celebrazione, di solito è guida della Messa e di qualsiasi altra amministrazione di sacramenti, anche non espressamente a lui riservati. Un vescovo vetero-cattolico può amministrare atti di culto (ad esempio battesimi, matrimoni, unzione degli infermi, funerali) in tutte le comunità della sua diocesi per motivi pastorali.


In alcune chiese vetero-cattoliche, l'esclusione delle donne dal triplice ministero ordinato è stato abolito con decisioni sinodali, e pertanto le donne saranno ammesse agli ordini sacri.



Nel protestantesimo |












Vescovi luterani


Nella Riforma protestante l'episcopato, come il sacerdozio, non è considerato istituito da Cristo né come una prosecuzione del ministero apostolico, in quanto la successione apostolica è garantita dalla retta predicazione, cioè conforme all'insegnamento degli apostoli.


Alcune chiese protestanti come le chiese episcopali mantengono la figura del vescovo, senza valore sacramentale, ma con un ruolo istituzionale o amministrativo. Altre invece che non hanno vescovi sono dette presbiteriane, intendendo con ciò che mantengono unicamente il servizio dei presbiteri.



Note |




  1. ^ 1 Tim 3,1-7; Tito 1, 7; At 20, 28; Fil 1, 1.


  2. ^ abLumen Gentium, 21.


  3. ^ Lumen Gentium 20.


  4. ^ Can. 377, §1 CIC.


  5. ^ In Svizzera i vescovi di Coira, di San Gallo e di Basilea e in Germania i vescovi di Magonza sono nominati con un'elezione concordata tra capitolo e Santa Sede. In Francia gli arcivescovi di Strasburgo e i vescovi di Metz sono nominati dal presidente della Repubblica francese.


  6. ^ Can. 377, §2 §3 CIC.


  7. ^ Can. 378 §1 CIC.


  8. ^ Per i vescovi co-consacranti vedi la costituzione apostolica Episcopalis Consecrationis di papa Pio XII, AAS 37 (1945), p. 131.


  9. ^ Can. 1382 CJC.


  10. ^ Milingo sfida il Vaticano e ordina 4 vescovi sposati, in Corriere della Sera, 26 settembre 2006, p. 22. URL consultato il 5 gennaio 2012 (archiviato dall'url originale il 9 novembre 2012).


  11. ^ abLumen Gentium 22.


  12. ^ Can. 341 CIC.


  13. ^ Can. 447 segg. CIC.


  14. ^ In casi eccezionali, come ad esempio la Confermazione come parte di un battesimo degli adulti, può essere concesso il potere di amministrare la Confermazione a un sacerdote. Allo stesso modo, in assenza del vescovo, l'unzione della Confermazione può essere effettuata da un sacerdote autorizzato. Questo è di regola il Vicario generale. In pericolo di vita ogni sacerdote può e deve concedere al battezzato non confermato il sacramento anche in assenza di una speciale autorizzazione.



Bibliografia |


  • Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1992, ISBN 88-209-1888-9.


Voci correlate |



  • Arcivescovo

  • Armoriale dei vescovi italiani

  • Tradizione (Chiesa cattolica)

  • Chiesa cattolica

  • Clero

  • Apostolo

  • Successione apostolica

  • Diocesi italiane

  • Lotta per le investiture

  • Sacerdozio femminile



Altri progetti |



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Collegamenti esterni |



  • (EN) Catholic-Hierarchy.org.


  • Vescovo, in Thesaurus del Nuovo soggettario, BNCF. Modifica su Wikidata


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